Chi è il Giudice competente a decidere sul rifiuto di accesso agli atti dell’Amministrazione Penitenziaria da parte di un detenuto?

07.02.2025

Il caso de quo origina da un provvedimento d.n.p. emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Novara sul reclamo promosso da un detenuto – nelle more trasferito presso un altro Istituto Penitenziario – in tema di accesso agli atti in relazione a procedimenti disciplinari a suo carico, avverso il quale ricorreva per Cassazione lamentando la violazione di legge.

Il Procuratore Generale concludeva per l'inammissibilità del ricorso, ritenendo la competenza esclusiva del Giudice amministrativo (ex art. 133, comma 1, lett. a), n. 6, D.Lgs. del 02/07/2010, n. 104 C.P.A.) per l'accesso ad atti amministrativi in possesso della direzione penitenziaria, e non quella del Magistrato di Sorveglianza, richiamando un consolidato orientamento della Corte di Cassazione del 2013[1].

La ratio dell'individuazione della competenza in capo al Giudice amministrativo è da rinvenirsi nell'interesse sotteso all'acceso e sulla natura della posizione tutelata.

Con la pronuncia in esame, invece, la Suprema Corte (Sez. I), ritenendo l'anzidetto indirizzo divenuto anacronistico alla luce dell'evoluzione dell'ordinamento, è addivenuta ad una diversa soluzione.

Invero, sebbene nell'epoca di elaborazione del principio di competenza in favore del G.A. fosse già stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 35 e 69 della L. n. 354/1975 (Ord. Pen.) nella parte in cui i detenuti venivano privati di tutela giurisdizionale in relazione agli atti dell'Amministrazione Penitenziaria lesivi dei loro diritti[2], non veniva prospettato un sistema volto alla protezione effettiva delle loro posizioni.

Interveniva, quindi, prima il legislatore con l'approvazione del D.L. n. 146/2013, introducendo l'art. 35-bis("Reclamo giurisdizionale") e modificando l'art. 69, co. VI O.P. e, conseguentemente, veniva individuato il Magistrato di Sorveglianza quale Giudice specializzato a conoscere delle posizioni soggettive delle persone ristrette e private della libertà personale, la cui natura è quella di diritto soggettivo.

La funzione propria della Magistratura di Sorveglianza, la specialità del rito ed il ruolo di vigilanza sull'esecuzione della pena, rappresentano elementi, tutti, che rendono più idoneo tale radicamento di competenza, rispetto a quella del G.A.

Ed è al precipuo fine di meglio tutelare i diritti dei detenuti che si è progressivamente ampliata la sfera di attribuzione della Sorveglianza, così riconoscendo, accanto ad una tutela giurisdizionale "ordinaria" per i rapporti estranei all'esecuzione penale, una procedura ad hoc estesa a tutte quelle posizioni di diritto soggettivo attinenti alla pena ed al trattamento penitenziario.

Orbene, se il Magistrato di Sorveglianza viene concepito quale Giudice naturale per l'esecuzione penale, ne consegue che lo stesso abbia la piena e logica competenza a pronunciarsi sull'accesso agli atti in ambito penitenziario, apparendo coerente la deroga alle regole generali in tale settore che sanciscono la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

Simile interpretazione è stata spostata anche dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Piemonte, Sez. II, Sent. n. 1045/2019), riconoscendo la cognizione del Magistrato di Sorveglianza qualora l'interesse del detenuto attenga ad un accesso agli atti relativo al rapporto detentivo.

La Suprema Corte, pertanto, riconoscendo il ricorso fondato, ha specificato anzitutto come il trasferimento in un diverso Carcere, antecedentemente alla decisione del Magistrato di Sorveglianza, non privi di interesse il reclamo proposto dal detenuto e che, una volta radicatasi la competenza territoriale a seguito dell'instaurazione del procedimento, perpetui la giurisdizione del Magistrato inizialmente individuato.

Sulla scorta di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione annullava il provvedimento, rinviando al Magistrato di Sorveglianza di Novara per la decisione sul reclamo.

Dott.ssa Simona Ciaffone

[1] Cass. Pen., Sez. I Penale, Sent. del 12/12/2013, n. 7287.

[2] Corte Cost., Sent. n. 26/1999.