L’acquiescenza al testamento
Per il nostro ordinamento i figli, il coniuge e gli ascendenti sono eredi cosiddetti legittimari, ossia soggetti a cui la legge riserva, per ragioni di tutela del nucleo familiare, una quota di eredità, anche laddove non lo faccia espressamente il defunto all'interno della scheda testamentaria.
L'entità di questa quota varia a seconda degli eredi legittimari rimasti in vita dopo la morte del soggetto della cui eredità si tratta.
Nel caso, ad esempio, in cui un genitore muoia lasciando due figli e il coniuge, la legge riserva ½ dell'eredità ai figli da dividersi in parti uguali e ¼ al coniuge.
L'ulteriore ¼ mancante è, invece, la quota di cui il de cuius potrebbe legittimamente disporre con testamento a favore di soggetto diverso.
Al momento dell'apertura della successione (che coincide con la morte del soggetto della cui eredità si tratta), i soggetti chiamati per legge o per testamento all'eredità si trovano a decidere se accettare o rinunciare alla stessa.
Sia nel caso di successione testamentaria che in caso di successione legittima (quando manca un testamento) la quota effettivamente spettante per legge ai familiari più stretti (i legittimari appunto) potrebbe in concreto essere stata lesa o da una disposizione testamentaria o da una donazione fatta in vita dal de cuius.
Per capire in concreto quale sarebbe la quota effettivamente spettante a ciascuno dei legittimari, l'operazione da fare è quella di ricostruire "matematicamente" il patrimonio del defunto esistente al momento della morte, con ciò valutando anche le eventuali donazioni che questo aveva fatto in vita.
Chi ritiene di essere stato leso nella sua quota di legittima perché non ha ricevuto abbastanza (o addirittura nulla), per vedersi riconosciuta la propria quota deve agire in giudizio, davanti a un Giudice, con un'azione che è detta azione di riduzione e impugnare la disposizione testamentaria lesiva o la donazione fatta in vita dal defunto parimenti lesiva della propria quota.
Quando l'accettazione dell'eredità viene fatta formalmente davanti ad un notaio che, alla presenza di tutti i chiamati all'eredità, dà lettura della scheda testamentaria, è prassi inserire all'interno del verbale dell'atto notarile l'acquiescenza delle disposizioni testamentarie.
L'acquiescenza consiste in un atto cui gli eredi chiamati riconoscono la validità del testamento dichiarando di rinunciare a eventuali impugnazioni.
Una volta che si è dichiarato di rinunciare all'azione di riduzione nulla più potrà essere preteso.
La rinuncia a tale azione, infatti, non è mai revocabile.
Esempio classico di acquiescenza contenuta nel verbale notarile potrebbe essere la seguente "(…) i signori (….) dichiarano di prestare, come prestano, piena e completa acquiescenza alle riportate disposizioni testamentarie nonché a tutte le donazioni che la defunta possa loro aver fatto in vita, rinunciando ad ogni impugnazione o azione di riduzione potesse a loro aspettare contro le riportate disposizioni testamentarie nonché contro le eventuali donazioni anteriori."
Attenzione, quindi, a valutare in modo consapevole la convenienza ad accettare un'eredità con acquiescenza delle disposizioni testamentarie!