L’affidamento del privato verso l’agire pubblico

19.07.2024

All'interno dell'ordinamento amministrativo, il legittimo affidamento del privato costituisce un limite all'attività discrezionale della P.A.

Nell'attuale sistema, la tutela dell'affidamento del privato è stata oggetto di recente riconfigurazione.

In primis, alla luce della positivizzazione del principio della buona fede tra soggetti pubblici e privati, come da art. 1 legge n. 241/90.

In secondo luogo, per via dell'importanza della compliance amministrativa, sia come miglior strumento per addivenire al benessere pubblico, sia come strumento preventivo di deflazione del contenzioso.

In terzo luogo, in ragione del graduale affievolimento della posizione autoritativa della P.A. rispetto al privato cittadino.

La tutela del legittimo affidamento assurge in tal modo a principio cogente, i cui elementi strutturali sono stati tracciati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

Il primo, di tipo oggettivo, consiste nell'esistenza di una situazione pretensiva vantata dal privato in virtù di un precedente provvedimento adottato dalla stessa P.A., sia pure nelle forme del silenzio assenso ex art. 20 l. n. 241/90.

Il secondo elemento, di tipo soggettivo, si riferisce alla convinzione, da parte del privato in buona fede, della legittimità del provvedimento. In tal modo, la Corte non tutela indiscriminatamente ogni forma di affidamento, in altri termini, l'ordinamento non può ammettere la garanzia di vantaggi conseguiti tramite comportamenti non corretti e in mala fede.

Infine, il terzo elemento è il trascorso di un periodo di tempo tale da ingenerare nel privato la convinzione della certezza e saldezza della posizione giuridica favorevole acquisita.

Come osserva la Corte Costituzionale, la prospettazione europea risulta acquisita nel nostro ordinamento alla luce del principio di ragionevolezza, ex art. 3 Cost., intesa come valore di civiltà giuridica che permea i rapporti di diritto non solo privato, ma anche pubblico, nonché degli espliciti rinvii effettuati dall'art. 117 Cost. secondo cui "la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario", e dall'art. 1 legge n. 241/90.

Nella prospettiva interna, tuttavia, l'affidamento non è un valore meritevole di protezione assoluta, dovendo anch'esso sottostare al principio di bilanciamento a cui sono sottoposti anche gli altri diritti fondamentali.

La P.A., dunque, deve in ogni caso contemperare gli interessi in gioco, assumendo un ruolo centrale la motivazione del provvedimento di secondo grado.

L'obbligo di motivazione assume una funzione ancor più dirimente alla luce anche del diniego professato dalla giurisprudenza amministrativa alla configurabilità delle fattispecie di autotutela doverosa.

Secondo l'attuale impostazione, più garantista per il cittadino, la tutela dell'affidamento legittimo assume la funzione di una posizione soggettiva autonoma.

In tal senso, l'affidamento non rileva più in relazione esclusiva al provvedimento amministrativo, ma nel generale rapporto che si instaura tra la P.A. e il cittadino.

L'art. 5 del nuovo Codice dei contratti pubblici, rubricato "Principi di buona fede e di tutela dell'affidamento" prescrive, al primo comma, che durante la procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportino secondo buona fede a tutela dell'affidamento.

La norma segue la stessa direttrice ispirativa dell'art. 2, rubricato "Principio della fiducia", a detta del quale il potere nel settore dei contratti pubblici deve essere esercitato nel rispetto del principio della reciproca fiducia tra l'amministrazione, i funzionari e gli operatori economici.

In particolare, nelle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, si osserva che non rileva unicamente l'interesse pubblico alla legalità della procedura, ma anche l'interesse del privato alla tutela della propria libertà negoziale.

Anche la P.A., così, è destinataria di obblighi di comportamento secondo buona fede precontrattuale, con applicazione degli artt. 1337 e 1338 c.c., i quali assumono una propria dimensione nell'obbligo a garantire un giusto procedimento improntato ai principi di partecipazione, trasparenza e informazione.

Nelle parole dell'Adunanza Plenaria, l'affidamento del privato è rivolto al legittimo esercizio del potere e a un operato dell'amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede (Ad. Pl. n. 21/2021).

Tanto si configura alla luce del fatto che "chi entra in una trattativa precontrattuale (specie se condotta nelle forme del procedimento di evidenza pubblica, soggetto anche ai poteri di autotutela pubblicistici preordinati alla cura dell'interesse pubblico), si assume un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto".

In aggiunta, si specifica anche che "ciascuna parte che intraprende una trattativa (o partecipa ad un procedimento di gara) sa che è esposta ad un margine di rischio, che, in linea di principio, deriva dall'esercizio della libertà contrattuale di entrambe le parti, e quindi anche dal legittimo esercizio alla libertà contrattuale dell'amministrazione" (Ad. Pl. n. 5/2018).

In merito, invece, al momento a partire dal quale è possibile che si configuri un legittimo affidamento, la giurisprudenza amministrativa traccia dei profili di confronto con il diritto civile.

Nella contrattazione civilistica, l'aspettativa ragionevole si configura quando il privato abbia motivo fondato di ritenere che la stipula sia la conseguenza necessaria rispetto all'andamento delle trattative, per cui il recesso dalle stesse sia contrario alla buona fede.

In tal senso, un orientamento minoritario ha ritenuto si configuri legittimo affidamento solo a partire dal momento dell'aggiudicazione.

In senso contrario, l'impostazione maggioritaria ritiene che la verifica circa l'affidamento ragionevole vada valutato in concreto, ragion per cui, a prescindere dall'effettiva aggiudicazione, la responsabilità precontrattuale può sorgere anche prima della stessa, in quanto causata dalla violazione dei anzi richiamati doveri di correttezza e buona fede.

Dott. Gennaro Ferraioli