Legge di conversione n. 56 del 29 aprile 2024: reato di appalto e distacco illeciti e reato di somministrazione fraudolenta

02.10.2024

Il dilagante fenomeno degli infortuni sul lavoro rappresenta per il sistema produttivo italiano una vera e propria piaga, come dimostrano anche i dati forniti dall'INAIL: nel primo trimestre del 2024, le denunce di infortunio hanno raggiunto un totale di 145.130, di cui 191 con esito mortale.

Il legislatore, chiamato ancora una volta a rispondere alle esigenze della collettività, ha recentemente apportato significative modifiche nel panorama giuslavoristico italiano con la Legge di conversione n.56 del 29 aprile 2024, con modificazioni, del decreto legge n.19 cd.PNRR, del 2 marzo 2024.

La novella legislativa ha, difatti, ampliato le misure di tutela per i lavoratori promuovendo la regolarizzazione, il potenziamento dell'attività di vigilanza, il ripristino delle sanzioni penali in caso di esternalizzazioni illecite, nonché un inasprimento del sistema sanzionatorio.

In particolare, l'art.29 del D.L. 19/2024 rubricato "Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare" ha profondamente riformato l'art.18 del d.lgs. 276/2003 che, tra le principali novità, sanziona di nuovo penalmente il reato di appalto e distacco illeciti, con pene molto più aspre rispetto al passato.

Questa reintrodotta fattispecie penale, già depenalizzata con il d.lgs. n.8/2016, è attualmente disciplinata dal comma 5 bis del citato art.18 secondo cui "nei casi di appalto privo dei requisiti e di distacco privo dei requisiti l'utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena dell'arresto fino a un mese o dell'ammenda di 60€ per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione".

L'obiettivo perseguito si rinviene nell'esigenza di contrastare quelle ipotesi molti frequenti in cui la fornitura di manodopera viene dissimulata mediante fittizi contratti di appalto o di distacco essendo, nel sistema normativo italiano, la somministrazione di manodopera consentita solo ad apposite agenzie autorizzate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali a seguito di una specifica verifica circa il possesso dei requisiti di cui al D.lgs 276/2003.

Nella realtà, invece, il committente gestisce e coordina i lavoratori come se fossero suoi dipendenti senza assumerli ufficialmente, evitando così eventuali responsabilità.

Per comprendere a pieno questo fenomeno è opportuno richiamare l'art.29 del d.lgs.276/2003 che fornisce gli elementi fondamentali per distinguere il contratto di appalto c.d. "genuino", stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 del codice civile, dalla mera somministrazione di lavoro.

I criteri discretivi sono l'organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, l'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché l'assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.

Richiamando i profili di differenziazione sopra esposti, il Consiglio di Stato con la nota sentenza del 12.03.2018 n.1571 ha specificato che attraverso il contratto di appalto una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, secondo lo schema dell'obbligazione di risultato; mentre, nel contratto di somministrazione l'agenzia invia in missione dei lavoratori, che svolgono la propria attività nell'interesse o sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore, secondo lo schema dell'obbligazione di mezzi. Da ciò consegue che nel contratto di appalto i lavoratori restano nella disponibilità della società appaltatrice, la quale ne cura la direzione e il controllo, invece, nella somministrazione è l'utilizzatore che dispone dei lavoratori, impartendo loro le direttive da eseguire.

Il legislatore, per rafforzare ulteriormente l'attività di contrasto, è intervenuto anche sul reato di somministrazione fraudolenta, prima contenuto nell'abrogato art.38 bis d.lgs. n.81/2015 (c.d. Jobs act) e poi confluito nel nuovo comma 5 ter dell'art.18 d.lgs.276/2003 (c.d. Decreto Biagi) che sanziona l'attività di somministrazione posta in essere "con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore".

Si è in presenza di un reato plurisoggettivo proprio, in cui le due parti del contratto commerciale – somministratore ed utilizzatore – sono entrambe punite non più con la sola pena dell'ammenda (attualmente pari a 100 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione), ma anche con l'arresto fino a tre mesi, alternativo alla pena pecuniaria.

Inoltre, lo "scopo elusivo" previsto ai fini della sussistenza della fattispecie in esame presuppone una volontà consapevole di realizzazione del fatto illecito e, dunque, una condotta necessariamente dolosa da parte dei due responsabili.

In particolare, la norma incriminatrice richiede il dolo specifico ovvero non la semplice intenzionalità del reato, bensì un'effettiva consapevolezza da parte del somministratore e dell'utilizzatore di aggirare norme inderogabili di legge o di contratto collettivo favorevoli al lavoratore (c.d. consilium fraudis).

Queste norme – come suggerito dalla circolare n.3 del 11.02.2019 dell'INL – possono individuarsi in quelle che stabiliscono la determinazione degli imponibili contributivi (art. 1, comma 1, del D.L. 338/1989) o, più direttamente, in quelle che introducono divieti alla somministrazione di lavoro (art. 32, D.Lgs. n. 81/2015) o prevedono determinati requisiti per la stipula del contratto (art. 32, D.Lgs. n. 81/2015) o, ancora, specifici limiti alla somministrazione (artt. 31 e 33 del D.Lgs. n. 81/2015).

Per quanto riguarda le circostanze aggravanti, il comma 5 quater art.18 d.lgs.276/2003 introduce una sorta di "recidiva specifica" nei confronti di chi abitualmente pone in essere queste condotte, disponendo per gli importi di tutte le sanzioni previste dal predetto articolo un aumento del 20% qualora, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni penali per i medesimi illeciti.

E' prevista, inoltre, la pena dell'arresto fino a diciotto mesi e l'aumento fino al sestuplo dell'ammenda in caso di sfruttamento di minori nell'ipotesi di appalto e distacco illecito escludendo, invece, senza ragione alcuna, il descritto incremento sanzionatorio per il reato di somministrazione fraudolenta.

Il nuovo contesto normativo introdotto per garantire maggior tutela ai lavoratori, non è, tuttavia, esente da criticità.

Il Governo ha, difatti, compiuto soltanto un apparente passo avanti attraverso la "ripenalizzazione" di alcune fattispecie punite in precedenza con la sola sanzione amministrativa.

Anzitutto, alcuni dubbi riguardano la reale funzione intimidatrice della pena avendo il contravventore la possibilità di ricorrere all'istituto dell'oblazione facoltativa ex art.162 bis c.p. che prevede l'estinzione del reato a seguito del pagamento di una somma corrispondente alla metà della pena pecuniaria massima stabilita per la contravvenzione stessa.

Ed ancora, l'art.15 del d.lgs. 124/2004 stabilisce che il personale ispettivo - in presenza di violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero con la sola ammenda - impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria che, se correttamente adempiuta, comporta anch'essa l'estinzione della violazione semplicemente con il pagamento (nel peggiore dei casi) di una somma pari a euro 12.500 ovvero un quarto della soglia massimo di 50 mila euro.

Infine, si auspica l'inserimento nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti (d.lgs. 231/2001) del reato di appalto illecito e di somministrazione fraudolenta, di fianco al reato di "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro", meglio noto come "caporalato" (art.603 bis c.p.), già introdotto nel d.lgs.231/2001 con la L.199/2016.

Difatti, le nuove condotte contravvenzionali sono generalmente poste in essere a vantaggio e/o nell'interesse dell'Ente che potrebbe prevenire la commissione di questi reati attraverso l'implementazione di efficaci presidi preventivi, tra i quali, il Modello di organizzazione e gestione che, se correttamente adottato ed efficacemente attuato, aiuta ad evitare il rischio di sanzioni (pecuniarie o interdittive) con potenziali gravi danni d'immagine e patrimoniali all'azienda.

Dott.ssa Francesca Saveria Sofia