Condizioni di applicabilità delle misure cautelari: tra esigenze e criteri di scelta
L'art. 13 della nostra Carta Costituzionale, pone la libertà personale al primo posto della scala gerarchica dei diritti fondamentali dell'individuo.
La norma consente restrizioni della libertà personale purché vi sia un atto motivato dell'Autorità Giudiziaria (riserva di giurisdizione) e si tratti di uno dei casi e modi previsti dalla legge (riserva di legge).
Si tratta di misure limitative della libertà personale volte ad evitare il rischio che il decorso del tempo o altre circostanze vanifichino le esigenze procedimentali, difatti si parla di strumentalità delle misure al procedimento penale.
È opportuno precisare che le misure cautelari non sono da considerarsi quali modalità di anticipazione della pena che, in virtù del principio di presunzione di innocenza, può essere irrogata solo all'esito del giudizio.
Peraltro, la Corte Costituzionale la n. 265 del 21 luglio 2010, ha affermato che non vi è alcun contrasto tra tale presunzione e le limitazioni alla libertà personale derivanti dall'applicazione delle misure, attesa la netta distinzione tra la misura cautelare (provvisoria e strumentale) e la pena vera e propria, ossia solo dopo l'accertamento definitivo della responsabilità.
Da ciò ne consegue, quindi, che "l'applicazione delle misure cautelari non può essere legittimata in alcun caso esclusivamente da un giudizio anticipato di colpevolezza , né corrispondere – direttamente o indirettamente – a finalità proprie della sanzione penale, né, ancora e correlativamente, restare indifferente ad un preciso scopo.
Il Legislatore ordinario è infatti tenuto, nella tipizzazione dei casi e dei modi di privazione della libertà, ad individuare esigenze diverse da quelle di anticipazione della pena e che debbano essere soddisfatte - entro tempi predeterminati (art. 13 Cost. V comma) – durante il corso del procedimento stesso, tali da giustificare, nel bilanciamento di interessi meritevoli di tutela, il temporaneo sacrificio della libertà personale di chi non è stato ancora giudicato colpevole in via definitiva". (Corte Cost, sent. n. 265/2010)
Ma non solo. La Corte si sofferma anche su altri aspetti ritenuti di fondamentale importanza, alla luce dei principi costituzionali, al fine di privare l'individuo della propria libertà personale.
Emergono, in tal senso, due elementi che devono essere necessariamente valutati:
La richiesta e l'applicazione delle misure cautelari personali sono subordinate al ricorrere delle condizioni che si ricavano dal combinato disposto degli artt. 273, 280 e 287 c.p.p.
- Una prima condizione è data dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (art 273 c.p.p.). Con tale espressione si fa riferimento al quadro probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari, alla luce del quale il Giudice, con una valutazione di tipo prognostico, ritiene che nel futuro giudizio si giungerà probabilmente alla condanna dell'imputato.
In materia cautelare, il termine indizi non è utilizzato nel senso tecnico di cui all'art. 192 c.p.p. bensì, per indicare tutti gli elementi conoscitivi, che possono costituire la base per giustificare l'applicazione della misura cautelare.
Nell'ambito dell'art. 273 c.p.p.[1] il concetto di quadro indiziario ha una propria autonomia, "in quanto rappresenta l'insieme degli elementi conoscitivi, sia di natura rappresentativa che logica, la cui valenza è strumentale alla decisione "de libertate" (Cass. S.U. n. 36267/2006).
In sostanza, la qualifica di gravità che deve caratterizzare gli indizi di colpevolezza attiene al quantum di "prova" idoneo ad integrare la condizione minima per l'esercizio, sulla base di un giudizio prognostico di responsabilità (…) allo stato degli atti, dell'ipotesi accusatoria. (in tal senso S.U. del 2006)
Diversamente, la custodia cautelare in carcere può essere applicata solo in presenza di reati puniti con l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
Esigenze cautelari.
Il Pubblico Ministero, nel presentare al Giudice la richiesta motivata di applicazione della misura cautelare deve necessariamente fornire gli elementi di prova dimostrativi alla privazione della libertà personale, quali: gravi indizi e punibilità in concreto; il ricorrere di una delle esigenze cautelari ossia pericolo di inquinamento probatorio, pericolo di fuga e pericolo di reiterazione del reato.
Segnatamente, per pericolo di inquinamento della prova si intendono concrete situazioni di attuale pericolo sia per acquisire la prova e sia per garantire la genuinità della stessa.
L'esigenza del pericolo di fuga sussiste quando l'imputato si è dato alla fuga o vi è pericolo concreto e attuale che egli sia dia alla fuga.
Invece per quanto riguarda il pericolo di reiterazione del reato, la misura cautelare deve essere applicata quando vi è pericolo concreto e attuale che l'imputato commetta una delle seguenti categorie di delitti:
- Gravi delitti con l'uso di armi o altri mezzi di violenza personale;
- Gravi delitti diretti contro l'ordine costituzionale;
- Delitti di criminalità organizzata;
- Delitti della stessa specie di quello per il quale si procede
Criteri di scelta delle misure cautelari. Ex art 275 c.p.p.
Il Giudice dopo aver accertato che esistono sia i gravi indizi di reità, sia una delle esigenze cautelari dispone la misura con ordinanza, tuttavia tale potere è vincolato sia da limiti formali che da limiti sostanziali.
Sotto il profilo formale il Giudice non può disporre una misura più grave da quella richiesta dal P.M., invece da un punto di vista sostanziale il Giudice ha potere-dovere di scegliere la misura cautelare in base ai criteri espressamente indicati dall'art. 275 c.p.p.
Nello specifico, si parla del principio di adeguatezza in base al quale il Giudice deve valutare la specifica idoneità di ciascuna misura in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto (art. 275 comma 1 c.p.p.).
Ebbene, una volta che il P.M. abbia adempiuto all'onere di provare l'esistenza di una determinata esigenza cautelare occorre che vi sia una piena corrispondenza funzionale tra la misura da adottare e il pericolo che si vuole evitare.
Per quanto riguarda, invece, il principio di proporzionalità l'art. 275 comma 2 cpp dispone che ogni misura debba essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata. La norma opera in senso favorevole all'imputato perché impone che in relazione ad una scarsa rilevanza del fatto di reato la misura cautelare non risulti eccessivamente afflittiva.
Infine si deve considerare il principio di gradualità, la custodia in carcere costituisce la più intensa delle limitazioni della libertà personale e, pertanto, deve essere applicata soltanto quando non sia assolutamente possibile operare diversamente (extrema ratio). Secondo tale principio, la carcerazione cautelare può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive risultino inadeguate.
Fonti:
Paolo Tonini- Carlotta Conti, Manuale di Procedura Penale, 24 edizione, Giuffrè
Roberto Garofoli, Nel Diritto Editore, Compendio di diritto processuale penale, 23 edizione
www.filodiritto.com/codici/codice-di-procedura-penale/capo-i-disposizioni-generali/art-274-esigenze-cautelari
www.diritto.it/i-presupposti-per-la-disposizione-ed-i-criteri-di-scelta-delle-misure-cautelari-personali/
[1] L'ART. 11 DELLA LEGGE SUL GIUSTO PROCESSO (L. 1 MARZO 2001 N. 63) ha inserito nel corpo dell'art. 273 comma 1 –bis c.p.p. , i criteri da seguire nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, ossia:
art. 192, commi 3 e 4 cpp: dichiarazioni rese dal coindagato o dal coimputato del medesimo reato o da persona indagata in un procedimento connesso o collegato. ( tali dichiarazioni possono costituire grave indizio di colpevolezza ex art. 273 commi 1 e 1 –bis c.p.p., soltanto se risultano intrinsecamente attendibili e siano sorrette da riscontri esterni individualizzanti.
Ed ancora, le Sez. Unite del 2006 nonché in senso conforme la Cass. Pen. Sez.1 n. 14684/2014, sul punto precisa che gli indizi assumono idoneità dimostrativa in relazione all'attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario della misura, fermo restando che la relativa valutazione, avvenendo allo stato degli atti, cioè sulla base del materiale conoscitivo ancora in itinere, deve essere orientata ad acquisire non la certezza ma la elevata probabilità di colpevolezza del chiamato.