Che funzione ha l’assegno divorzile?

27.02.2025

A cura di Dott.ssa Roberta Noè

L'art. 5 comma 7 della legge n. 898 del 1970 (legge sul divorzio) prevede espressamente che: "con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive."

Inizialmente, la funzione attribuita all'assegno divorzile, sulla scorta dell'interpretazione del su citato articolo, era di tipo assistenziale. In particolare, si riteneva che anche una volta venuto meno il coniugio tra le parti, rimanesse comunque tra di esse un obbligo di solidarietà; proprio in ragione di tale onere il coniuge, che verteva in una condizione economicamente più vantaggiosa, era obbligato a somministrare una somma periodica a favore della parte non dotata dei mezzi adeguati o comunque impossibilitata a reperirli.

Oggi, invece, vi è stato un netto cambio di rotta grazie all'intervento delle Sezioni Unite, le quali con sent. n. 18287 del 2018 hanno riconosciuto all'assegno non solo una funzione assistenziale ma in egual modo compensativa e perequativa.

Alla luce di siffatto novellato orientamento, il Giudice deve primariamente valutare se effettivamente vi sia uno squilibrio economico tra le parti ed, in seguito, nel caso in cui vi sia un accertato disallineamento dovrà parametrare la consistenza pecuniaria dell'assegno al contributo fornito dal richiedente alla vita familiare, tenendo conto della durata del coniugio e dell'età del richiedente.

Pertanto, è stato riconosciuto anche un ruolo reintegratorio a tale assegno. Esso, infatti, è il veicolo attraverso il quale la parte, economicamente più avvantaggiata, può ristorare in via pecuniaria il coniuge in ragione dei sacrifici e le rinunce lavorative poste in essere dallo stesso per la creazione e il mantenimento del nucleo familiare.

Nello specifico, la giurisprudenza si è orientata nel senso di dare maggiore rilevanza al principio di auto-responsabilità non solo al termine del matrimonio, ma impone al giudice di valorizzare siffatto principio anche tenendo conto del periodo coniugale vissuto al fine di perequare gli eventuali squilibri. 

In tal modo, si intende evitare che uno dei coniugi possa indebitamente beneficiare di un vantaggio economico derivante esclusivamente dalla sua posizione all'interno del matrimonio.