L’ attualità del pericolo nella legittima difesa: il sottile confine tra legalità e giustizia
Affinché un fatto costituisca reato è necessario che esso sia, oltre che tipico e colpevole, anche antigiuridico. L'offesa al bene giuridico deve, quindi, essere non iure, ossia non giustificata dall'ordinamento.
Nell'ipotesi in cui sia presente una causa di giustificazione, il fatto non sarà antigiuridico, in quanto le c.d. scriminanti fanno venire meno l'antigiuridicità, con la conseguenza che il fatto sarò lecito per l'intero ordinamento e non comporterà alcuna conseguenza, anche in ambito risarcitorio e civilistico.
La causa di giustificazione più nota è senza dubbio la legittima difesa, la quale è disciplinata dall'articolo 52 del codice penale. Essa prevede una complessa disciplina, oltre che vari presupposti, affinché possa sussistere e sui quali non ci si soffermerà per ragioni di economia nella presente trattazione: si tratterà, invece, solamente di uno dei più discussi negli ultimi tempi, e cioè quello della attualità del pericolo.
L'articolo 52 del codice penale prevede che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.
È necessario, dunque, che affinché ricorra la legittima difesa il soggetto aggredito reagisca contro un pericolo attuale di un'offesa ingiusta. Il pericolo si valuta effettuando un giudizio sulla base di tutte le circostanze presenti al momento dell'aggressione, anche se accertate o accertabili solo ex post, astraendo solo gli accadimenti successivi.
Maggiori questioni giuridiche ha comportato, invece, il requisito della attualità del pericolo suindicato.
Sul punto si sono avute diverse interpretazioni, alcune tradizionali, altre evolutive.
L'interpretazione tradizionale ravvisa nella attualità una funzione selettiva del pericolo, motivo per cui si ritiene che essa sussista in due diverse ipotesi: a) quelle in cui la verificazione del danno cui è riferito il pericolo sia imminente; b) quelle in cui l'aggressione sia già iniziata e sia ancora in corso di attuazione, e la difesa è funzionale ad evitare ulteriori eventi dannosi, o il consolidamento della situazione antigiuridica.
Pertanto: o l'offesa è in corso, ovvero è terminata, e in tale seconda ipotesi la reazione dell'aggredito consisterà in una forma di autotutela vietata dall'ordinamento.
L'orientamento prevalente ritiene che per valutare l'attualità si debba effettuare la stessa valutazione richiesta per il tentativo: cioè vi debba essere una situazione di pericolo imminente che sia ex sé in grado di dimostrare l'idoneità criminosa agli occhi esterni. Vi deve essere una prossimità logico-cronologica alla consumazione del reato, altrimenti si è in fase pregressa che è penalmente irrilevante, stando al principio generale per cui non si può rispondere per le sole intenzioni criminose.
La questione problematica afferente l'attualità ha riguardato la sua estensione alle ipotesi in cui non vi sia questa imminenza, ma rientri nel caso del c.d. "ora o mai più" e cioè nella situazione in cui il pericolo non è attuale ma non si ha altra occasione per sventare un'offesa ingiusta, reiterata o periodica.
Tipico caso è quello del genitore violento contro i figli che per far cessare le vessazioni approfittano del sonno del genitore per reagire alle offese causate durante la vita quotidiana.
In tali ipotesi, stando alla lettura tradizionale, il pericolo non sarebbe attuale, dato lo stato di quiete in cui è il soggetto aggressore. Tuttavia, si deve considerare che il soggetto aggredito, pur non essendo in attuale pericolo al momento della reazione, versi in uno stato di serio pericolo potenziale.
Pertanto, al fine di garantire maggiore tutela a queste situazioni-limite, parte della dottrina, invero minoritaria, ha proposto di estendere analogicamente il presupposto della attualità anche a tali ipotesi.
A questo orientamento se ne è contrapposto uno maggioritario che invece ritiene l'attualità un requisito cardine da interpretare restrittivamente, soprattutto considerando che la legittima difesa autorizza l'autotutela personale senza ricorrere allo Stato. Quindi per evitare che si creino situazioni di pericolo (latu sensu) per l'ordine pubblico si deve escludere questa interpretazione analogica del requisito, ritenendo non sussistente la scriminante nelle ipotesi predette.
Invece, l'argomento teleologico e moderno propone una lettura evolutiva, per estendere la tutela in ipotesi che storicamente non vi sarebbero rientrate, dettato dalla esigenza di evitare che il soggetto aggredito, per far fronte ad un pericolo latente e potenziale venga condannato per la reazione nei confronti dell'aggressore.
Tale orientamento ritiene pertanto prevalenti le ragioni di giustizia sostanziale sulle argomentazioni dell'orientamento tradizionale.