La causa di giustificazione del consenso dell’ avente diritto (art. 50 c.p.)
Chi lede un diritto altrui col consenso di quest'ultimo può risponderne penalmente? La risposta è: dipende dal tipo di diritto compromesso.
Secondo l'art. 50 c.p. "Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne".
La scriminante in parola ha una portata limitata. Infatti, possono essere considerate lecite soltanto quelle condotte, in astratto penalmente rilevanti, che ledono o mettono in pericolo un diritto disponibile con il consenso del suo titolare. Pertanto, non tutti i diritti possono essere lesi, ma soltanto quelli di cui il titolare può validamente disporne, autorizzando soggetti terzi a lederli o metterli in pericolo.
Occorre pertanto delineare la figura e il perimetro dei diritti disponibili.
In primo luogo, per diritti disponibili si intendono esclusivamente quelli individuali. Quindi, sono considerati disponibili diritti patrimoniali (tranne nel caso in cui questi abbiano ad oggetto beni di interesse pubblico) e i diritti inerenti alla propria personalità, quali ad esempio onore, libertà personale, morale, sessuale etc., salvo che la loro lesione non sia contraria all'ordine pubblico o al buon costume.
Discorso particolare è quello relativo all'integrità fisica. Ai sensi dell'art. 5 c.c. gli atti di disposizione del proprio corpo "sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordinamento pubblico o al buon costume". Pertanto, le condotte di disposizione del proprio corpo saranno lecite solo quando siano espressamente consentite dalla legge (si pensi alla donazione di un rene, che presuppone una diminuzione permanente, ma concessa dalla L. 458/1967). A titolo esemplificativo, sarà irrilevante il consenso prestato dalla vittima alla realizzazione di lesioni del proprio corpo per ottenere un indennizzo dall'assicurazione (tra l'altro questo integra il reato di cui all'art. 642 c.p.), poiché in questo caso il consenso sarebbe contrario all'ordine pubblico o al buon costume.
Meriterebbe ampio spazio la trattazione del bene della vita. In questa sede, ci limitiamo a riferire che quest'ultimo è assolutamente indisponibile. Anzi, è penalmente sanzionato l'omicidio del consenziente ai sensi dell'art. 579 c.p.
In secondo luogo, sono sempre indisponibili i diritti appartenenti alla collettività, i diritti individuali tutelati in quanto anche di interesse pubblico e quelli di interesse dello Stato - P.A.
Da un punto di vista soggettivo, affinché possa ritenersi integrata la scriminante ex art. 50 c.p., il consenso deve essere ovviamente manifestato dal titolare del diritto o, in determinati casi, anche dal rappresentante legale o volontario del soggetto legittimato, purché la rappresentanza sia compatibile con la natura dell'atto a cui si acconsente. Altresì, il titolare che rilascia il consenso deve essere un soggetto capace, ossia che abbia capacità naturale (di intendere e di volere). Infine, il consenso prestato deve essere valido, immune da vizi (errore, violenza o dolo), quindi concesso per libera scelta.
Da un punto di vista oggettivo, occorre quindi che il consenso venga prestato lecitamente (ossia non per ragioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume come sopra descritto) e deve avere ad oggetto un diritto disponibile. Affinché sussista la scriminante, il consenso deve essere manifestato prima della commissione del reato, o comunque al momento dell'azione lesiva, e deve permanere per tutta la durata del fatto. Non sarà invece valido il consenso prestato successivamente alla condotta delittuosa, quale ratifica della stessa.
In merito alle modalità di manifestazione del consenso, non esiste una forma predeterminata. Questo può essere rilasciato in maniera espressa o tacita e può essere sottoposto anche a condizioni, a termini o a limitazioni.
Infine, il consenso è sempre revocabile, anche quando il titolare si sia impegnato preventivamente a mantenerlo.