La clausola compromissoria ex art. 30 statuto F.I.G.C. e il suo risvolto pratico nella giurisprudenza

08.07.2022

Per potere essere autonomo e sufficiente, l'ordinamento sportivo necessita di uno spazio entro il quale il Giudice speciale ha una cognizione piena ed illimitata della materia, al fine di evitare una indebita sovrapposizione cognitiva che potrebbe ingenerare idealmente dei conflitti di competenza. L'autonomia disciplinata in modo solenne dall'art. 1, co. 2, Legge 17 ottobre 2003, n. 280[1] trova la sua più grande epifania nell'istituto della clausola compromissoria.

Traendo le basi dal diritto civile, essa non è altro che un negozio giuridico autonomo rispetto alla fonte in cui è contenuta, che consente alle parti aderenti una deroga alla ordinaria competenza del giudice, rimettendo l'eventuale decisione della controversia ad un organo giurisdizionale diverso da quello precostituito. Per meglio comprendere il portato innovativo della clausola compromissoria, è utile analizzare quanto disposto dall'art. 30 dello Statuto della Federazione Italiana Gioco Calcio, rubricato "Efficacia dei provvedimenti federali, vincolo di giustizia e clausola compromissoria".

Attraverso il combinato disposto dei commi 3 e 4 della disposizione in parola, il Legislatore statutario delinea un apparato interno che - "fuori dalla competenza degli organi giurisdizionali dello Stato" - riesce a risolvere le controversie scaturite tra i diversi attori dell'ordinamento sportivo[2]. Pacificamente, quindi, possiamo comprendere il motivo per il quale sia la dottrina che il legislatore è solito intendere il principio del c.d. "vincolo di giustizia sportiva" (Liotta, Santoro): ogni consociato ha l'obbligo di ricorrere alla sola Giustizia interna, pena le sanzioni previste dall'ordinamento sportivo. Ma è davvero costituzionalmente legittimo subordinare l'azione ex art. 24, co. 1, Cost. all'autorizzazione di un organo federale per delle "gravi ragioni di opportunità"?[3] L'interrogativo che ci poniamo è alla base di un dibattito dottrinale che dura da circa vent'anni. Se da un lato sempre più la dottrina attesta un processo di rafforzamento delle autonomie - dall'altro, è pacifico che l'ordinamento sportivo, non può comportare un abbandono da parte dell'ordinamento statale di un sostrato di regole e principi fondamentali, di cui esso non può privarsi[4].

Sulla scorta di quanto dibattuto in dottrina, si è ricostruita in giurisprudenza la celeberrima scriminante del "rischio consentito", un'area nella quale la competenza del giudice sportivo è piena e non esorbita in conflitti con le autorità giurisdizionali dello Stato. L'istituto, già trattato in un nostro DXT di Diritto sportivo[5], consente di tracciare un discrimen tra le fattispecie deferibili al Giudice Sportivo e le altre che - a causa della loro potenziale rilevanza penale - devono essere necessariamente valutate dall'autorità giurisdizionale ordinaria.

Le "gravi ragioni di opportunità", quindi, al vaglio di volta in volta del Consiglio Federale, sono ispirate al principio naturale dell'extrema ratio del diritto penale: solo quando il limite del rischio consentito viene superato, l'organo federale può autorizzare il ricorso all'autorità ordinaria, non possedendo strumenti general-preventivi e special-preventivi al fine di reprimere e punire la condotta posta in essere dal consociato. Da ultimo è utile evidenziare in questa sede, l'arresto giurisprudenziale ad opera degli Ermellini che potrebbe - di fatto - risolvere o quantomeno modificare l'esperienza pratica giurisprudenziale della scriminante sportiva.

Fondamentale è riproporre quanto la Cassazione afferma circa il rapporto tra responsabilità sportiva e penale, esse, "infatti, si muovono su piani parzialmente diversi e solo parzialmente intersecanti, essendo la prima disciplinata dai rispettivi regolamenti, che definiscono i limiti della correttezza del gioco, la seconda potendo sussistere solo quando l'evento lesivo derivi da una condotta dolosa o colposa dell'agente." Inoltre, "emerge, dunque, proprio da questa differenza la diversità fra l'illecito sportivo, il cui rilievo spetta all'arbitro, e quello penale, di competenza del giudice il quale deve rifarsi ai criteri ordinari della colpa, fissati dall'art. 43 cod. pen., individuando non solo la regola cautelare preesistente, che impone la condotta doverosa di astensione nei limiti propri della disciplina lecita, ma anche i limiti della sua applicazione in termini di prevedibilità dell'evento, essendo al contempo imposto al giudice di verificare se l'azione, che rientri nel lecito sportivo, in quanto non violante alcuna regola, sia posta in essere nei limiti della prudenza, in modo da non cagionare, per l'eccesso nella gestione del gesto atletico o per l'eccessività ed inutilità al fine sportivo del contrasto opposto, un danno prevedibile all'altrui integrità fisica."[6]

Nella pronuncia giurisprudenziale analizzata è rinvenibile un timido arresto nel precedente orientamento, attribuendo, invece, centralità ai canoni della colpa generica, con una impostazione che sicuramente deve essere calibrata a seconda che la quæstio facti - al vaglio del giudicante - sia incentrata su uno sport a contatto eventuale oppure necessario.

Dott. Gianmarco Meo


[1] Art. 1, co. 2, L. 17 ottobre 2003, n. 280, "I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo"

[2] Art. 30, Stat. F.I.G.C., commi 3 e 4: "Le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 o tra gli stessi e la FIGC, per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia federale secondo quanto previsto dallo Statuto del CONI, sono devolute, su istanza della parte interessata, unicamente alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, in conformità con quanto disposto dallo Statuto e dai relativi regolamenti e atti attuativi, nonché dalle norme federali. (...) Fatto salvo il diritto ad agire innanzi ai competenti organi giurisdizionali dello Stato per la nullità dei lodi arbitrali di cui al comma precedente, il Consiglio Federale, per gravi ragioni di opportunità, può autorizzare il ricorso alla giurisdizione statale in deroga al vincolo di giustizia. Ogni comportamento contrastante con gli obblighi di cui al presente articolo, ovvero comunque volto a eludere il vincolo di giustizia, comporta l'irrogazione delle sanzioni disciplinari stabilite dalle norme federali."

[3] Art. 24, co. 1, Cost., "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi"

[4] P. D'Onofrio, "La Giustizia sportiva" in Manuale operativo di Diritto sportivo, casistica e responsabilità, Maggioli Editore, 2007

[5] Che cosa si intende per rischio consentito? <https://www.giuridicamente.com/l/cosa-si-intende-per-rischio-consentito/>

[6] Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, 21 ottobre 2021, n. 3284