Compenso avvocato: l’accordo deve avere la forma scritta
La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 29432/2023 ha ribadito che l'accordo tra avvocato e cliente deve rispettare il requisito della forma scritta a pena di nullità senza poter fare ricorso a mezzi probatori diversi.
La determinazione del compenso per l'attività professionale svolta dall'Avvocato è regolata dall'art. 2233 del nostro codice civile, dall'art. 9 della legge n. 27/2012, dall'art. 13 della legge professionale n. 247/2012 e dall'art. 13 bis della stessa legge professionale n. 247/2012.
L'art. 2233 c.c. indica il criterio fondamentale per la determinazione del compenso, l'ACCORDO tra le parti (in mancanza di accordo le tariffe o gli usi, sono determinati giudizialmente). La determinazione del compenso deve avvenire, in via preferenziale, con un accordo tra il professionista ed il cliente con la stipula di un contratto d'opera professionale; in mancanza è rimessa alla valutazione dell'organo giudicante e conseguentemente vincolata all'applicazione dei parametri ministeriali in vigore.
L'art. 13 della legge n. 247/2012 ha reintrodotto un sistema speciale di determinazione e liquidazione del compenso dell'Avvocato, anche se i criteri gerarchici preferenziali per la sua determinazione restano l'accordo tra le parti e, nel caso di assenza di accordo, la liquidazione da parte del Giudice, con il ricorso ai parametri stabiliti con decreto ministeriale.
COME VENGONO PATTUITI I COMPENSI?
Il compenso è pattuito di regola per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale. La forma scritta per la pattuizione del compenso è onere previsto dall'art. 2233 del Codice Civile che ai sensi del comma 3 c.c., prevede che "l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" pena la nullità", esso, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne è seguita dall'accettazione nella medesima forma e la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, è ammissibile nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.
Il comma 5 della L. 247/2012 ha, poi, introdotto l'onere di comunicare in forma scritta alla parte che conferisce l'incarico professionale la misura del costo della prestazione, prevedibile al momento del conferimento dell'incarico, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale. Per essere più specifici, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 124/2017 il disposto dell'art. 13, comma 5, dice ora che "Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico; è altresì tenuto a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l'incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale".
L'art. 13 co. 3, della L. 247/2012 è ispirato alla massima libertà ed autonomia negoziale in ordine al contratto d'opera professionale, quanto alla pattuizione dei compensi, prevede poi la possibilità di accordi a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare, nonché a percentuale su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione.
A questo punto della spiegazione, è importante ricordare che è vietato il patto di quota lite!!! Ovvero l'accordo con il quale all'Avvocato viene riconosciuto, dal cliente o dalla parte assistita, a titolo di compenso, una quota del bene oggetto della prestazione o della res litigiosa.
Venendo ora all'oggetto della nostra spiegazione, dopo aver fatto una premessa sulla disciplina del compenso professionale dell'Avvocato, la vicenda iniziava dalla decisione adottata dal Tribunale di Salerno all'esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso da una cliente avverso la pretesa di pagamento avanzata del proprio avvocato. In particolare, l'opponente aveva rilevato, tra le varie contestazioni, l'assenza di un accordo (scritto) che legittimasse la richiesta di pagamento formulata dalla professionista. L'opposizione veniva accolta accoglieva e per l'effetto, il Tribunale, revocava il decreto ingiuntivo dalla stessa impugnato, rilevando che fosse pacifica la circostanza secondo cui la cliente avesse corrisposto al proprio avvocato le somme pattuite a titolo di compenso professionale, dal momento che la legale "aveva rilasciato regolare fattura recante la causale "compenso totale", senza che la stessa professionista fosse riuscita a fornire prova contraria circa l'imputabilità della corresponsione di tale importo solo ad un acconto".
A questo punto, l'avvocato proponeva ricorso agli Ermellini che con la sentenza n. 29432 del 24 ottobre 2023, ha confermato gli esiti cui era giunto il Giudice di prime cure e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
La Suprema Corte ha affermato che "tra la professionista ricorrente e la sua cliente (…) non fosse stato concluso alcun contratto in forma scritta per la determinazione del compenso professionale" e che, il Tribunale "ha ritenuto che il semplice rilascio della fattura ad opera (dell'avvocato) per la somma di Euro 600,00 oltre accessori di legge (ancorché nella stessa fosse stata inserita la dicitura "compenso totale"), incontestatamente corrisposta dalla (cliente), costituisse idonea prova del soddisfacimento della pretesa della professionista, così prescindendo dall'indispensabilità della produzione di apposito contratto stipulato nella forma scritta comprovante la conclusione di un accordo tra le parti sulla quantificazione, nel precisato importo, della misura effettiva e totale spettante alla ricorrente per il compenso forense".
Invero, i giudici hanno poi ribadito che "il requisito della forma scritta prescritto a pena di nullità dall'art. 2233 c.c., comma 3, per l'accordo tra professionista e cliente sulla determinazione consensuale dei compensi in deroga a quelli previsti per legge, non può essere sostituito con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c., presupponendosene, perciò, sempre la sua preesistenza".