Confisca allargata e limiti alla giustificazione della provenienza dei beni: un’applicazione sul versante processuale del principio di affidamento
Cass. Pen. Sez. U n. 23 febbraio 2024, n. 8052
Con
sentenza del 23 febbraio 2024, n. 8052, le Sezioni unite della Corte di
cassazione hanno affermato un importante principio di diritto nell'ambito del
divieto probatorio di giustificazione della provenienza dei beni in relazione
alla confisca allargata di cui all'attuale art. 240-bis c.p.
La pronuncia in esame contiene statuizioni di ampio respiro meritevoli di essere riportatein questa sede, in quanto rappresentano un'applicazione peculiare del principio del legittimo affidamento come forma di mitigazione agli eccessi derivanti dall'applicazione smodata del tempus regit actum.
Come noto, lo strumento dell'ablazione patrimoniale, in via cautelare o definitiva, ha rappresentato e rappresenta tutt'oggi una delle misure più importanti ed efficaci del moderno diritto penale.
La moltiplicazione delle ipotesi di confisca di varia natura ha portato la dottrina a utilizzare, in luogo del termine singolare, quello di "confische[1]". Si pensi alla confisca quale misura di sicurezza patrimoniale, di cui all'art. 240 c.p.; alla confisca per equivalente, in cui si priva il condannato di beni di "eguale valore"; alla confisca allargata, volta ad acquisire la disponibilità di beni sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati e all'attività economica esercitata; infine, alla confisca di prevenzione, il cui principale tratto caratteristico è quello di poter essere applicata a prescindere da una previa condanna[2].
Per quanto attiene all'analisi storica dell'istituto della confisca allargata, quest'ultima era originariamente inserita all'interno dell'art. 12-sexies del d.l. 306 del 1992[3].
In particolare, essa era caratterizzata di tre presupposti: la previa condanna per uno dei reati espressamente contemplati; la titolarità o disponibilità di beni di valore sproporzionato al reddito dichiarato a fini fiscali o all'attività economica; non essere in grado di giustificare la legittima provenienza di tali beni.
Nel 2018 il legislatore ha poi deciso di trasporre tale istituto all'interno del codice penale e, in particolare, all'art. 240-bis c.p.
Precisati i presupposti di applicazione della confisca allargata, sono chiare le ragioni per cui essa veniva spesso accostata all'analoga misura ablatoria, già precedentemente citata, prevista come misura di prevenzione patrimoniale.
In effetti, in entrambe le ipotesi si prevede come presupposto l'elemento della sproporzione. Tuttavia, ciò che permette di distinguere immediatamente una ipotesi dall'altra attiene alla circostanza che, per la confisca di prevenzione, non è richiesta una previa condanna, quanto piuttosto l'esistenza di indizi di pericolosità.
Si deve però ulteriormente precisare che, quantomeno fino al 2017, sussisteva una ulteriore diversità, attinente al piano probatorio: infatti, con la sentenza n. 33451 del 2014, "Repaci", le Sezioni unite avevano affermato che solo per la confisca allargata, e non anche per quella di prevenzione, il soggetto gravato dalla misura poteva giustificare la disponibilità dei beni sulla base della omessa dichiarazione di redditi al fisco.
Ciò, in forza di un inciso previsto solamente nell'art. 16 del d.lgs. 159 del 2011 per la confisca di prevenzione, ossia "in ogni caso il proposto non può giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale".
La diversità di disciplina è stata eliminata dal legislatore il quale, con un intervento risalente alla fine del 2017, ha inserito nell'art. 12-sexies un analogo inciso[4].
Se non vi è dubbio che, per quanto concerne i beni acquisiti successivamente al 2017, si applichi tale divieto probatorio, il problema attiene a quelli ottenuti in data precedente.
Sul punto si contrapponevano due orientamenti:
- il primo, per cui tale divieto probatorio poteva applicarsi a prescindere dal momento acquisitivo del bene, stante l'applicazione della regola di cui all'art. 236, comma 2, e 200, comma 1, c.p.;
- il secondo, ai sensi del quale il soggetto poteva giustificare la provenienza del bene, acquisito prima della novella normativa e finanche prima delle sezioni unite Repaci, come reimpiego della evasione fiscale per tutti i beni acquisiti prima della novella normativa.
Con la pronuncia in esame, le Sezioni unite, chiamate a dirimere la questione, hanno adottato una opzione intermedia alle due tesi precedentemente esposte.
Dopo aver precisato che la regola applicabile al caso in esame sia quella del tempus regit actum e che la seconda tesi smentirebbe il fondamento stesso dell'intervento normativo, il Supremo consesso ha stabilito che un'applicazione retroattiva senza limiti del predetto divieto probatorio comporterebbe una illegittima compressione dei diritti dell'individuo. Ciò in ragione della necessità di assicurare il rispetto della effettività del diritto di difesa e della prevedibilità delle decisioni giudiziarie.
In altri termini, stante l'esistenza della pronuncia "Repaci", tra il 2014 e il 2017 l'individuo poteva fare affidamento alla possibilità di giustificare i beni di cui aveva la disponibilità come acquisiti utilizzando il provento o reimpiego della evasione fiscale.
Pertanto, al fine di assicurare il rispetto dell'affidamento dei consociati nella certezza del diritto e nella stabilità degli effetti legali, le Sezioni unite hanno stabilito il seguente principio di diritto: il divieto previsto dall'art. 240-bis cod. pen., introdotto dall'art. 31 legge 17 ottobre 2017, n. 161, di giustificare la legittima provenienza dei beni oggetto della confisca c.d. allargata o del sequestro ad essa finalizzato, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, si applica anche ai beni entrati in vigore prima della sua entrata in vigore, ad eccezione di quelli acquisiti nel periodo tra il 29 maggio 2014, data della pronuncia delle Sezioni Unite n. 33451/2014 ric. Repaci, e il 19 novembre 2017, data di entrata in vigore della legge n. 161 del 2017
Il principio di diritto costituisce un giusto bilanciamento tra esigenze di prevenzione e rispetto della volontà legislativa, da un lato, e garanzie e tutela del legittimo affidamento, dall'altro lato. Un approccio che risulta assimilabile a quello spesso adottato nell'ambito dei fenomeni connessi alla successione di leggi penali nel tempo – si pensi alla mancata conversione di decreti-legge o alla dichiarazione di incostituzionalità di leggi di favore – sebbene, nel caso in esame, il principio sia stato affermato in relazione non solo alla modificazione della normativa nel corso del tempo, ma anche ad affermazione di principi giurisprudenziali.
[1] Sul punto si veda E. Mezzetti, Diritto penale. Dottrina, casi e materiali, IV ed., 871. Per l'analisi delle varie tipologie di confisca si veda altresì pp. 873 ss., 881 ss., 951 ss.
[2] La distinzione effettuata nel corpo del contributo attiene alla struttura e funzionamento della confisca. Tuttavia, si deve tener conto che nelle leggi speciali si prevedono diverse modulazioni degli effetti della confisca. Per esempio, se normalmente la confisca richiede una pronuncia di condanna, l'art. 174 del d.lgs.n. 42 del 2004 (attualmente 518-duodevicies c.p.) prescinde da una sentenza di condanna. Sul punto Cass. pen., Sez. III, 3 marzo 2023 n. 9101.
A queste molteplici ipotesi di confisca, distinte in base alle caratteristiche di funzionamento della misura, va poi aggiunta la distinzione che concerne le ipotesi di reato a cui si applicano: si pensi alle ipotesi di confisca in materia di armi, di sostanze stupefacenti, di reati in materia edilizia, e così via.
[3] Nella formulazione originale del predetto decreto si contemplava una ipotesi di delitto, prevista all'art. 12-quinquies, comma 2, i cui elementi costitutivi erano i seguenti: essere indagato per uno dei reati espressamente contemplati o, in alternativa, essere persona sottoposta a procedura di prevenzione; essere nella titolarità o disponibilità di beni di valore sproporzionato al reddito o all'attività attività economica; non essere in grado di giustificare la legittima provenienza di tali beni.
Successivamente, la fattispecie di reato è stata dichiarata incostituzionale. Il legislatore ha perciò deciso di introdurre la confisca allargata che, come visto, condivide alcuni dei presupposti del delitto menzionato.
[4] "In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge"