Continuazione, indicazione dei singoli aumenti di pena e motivazione
Cass. pen. Sez. Unite n. 47127/2021
1. La questione sottoposta a queste Sezioni Unite è stata così formulata: "Se, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base per tale reato, debba anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite o possa determinarlo unitariamente".
2. (...) Pertanto, giova alla maggiore chiarezza della presente decisione riformulare il quesito proposto, nel senso che occorre dare risposta ai seguenti interrogativi: a) se in caso di reato continuato il giudice debba stabilire (e quindi evidenziare), oltre che la pena per il reato più grave, quelle relative ai singoli reati satellite o se possa stabilire ed indicare un unitario; b) se, nel primo caso, l'obbligo di motivazione richieda di giustificare l'entità di ciascun aumento.
3. A riguardo del primo interrogativo si registrano due orientamenti contrapposti. Secondo un primo, nel caso di reato continuato non vi è necessità di determinare i singoli aumenti di pena, potendo essere operato un solo complessivo aumento della pena base. (...) Pur riconoscendo che il giudice ha l'obbligo di specificare la pena base inflitta per il reato più grave e il conseguente aumento per la continuazione (Sez. 2, n. 3603 del 13/01/1981, Bertocchi, Rv. 148465; Sez. 2, n. 5930 del 06/03/1984, Di Carlo, Rv. 164954), si sosteneva in talune decisioni che il giudice non ha eguale dovere a riguardo dell'aumento apportato alla pena base per ciascuna violazione e ciò in quanto «la continuazione costituisce una unità reale e non fittizia dei singoli reati; la pena, quindi, va determinata globalmente con un inasprimento unico» (Sez. 2, n. 8748 del 24/05/1984, Rv. 166178). (...) In seno al medesimo orientamento altri poneva l'accento sulla modalità di determinazione della pena del reato continuato, ritenendo che, avendo la stessa «carattere unitario, ... il giudice di merito non è tenuto ad indicare gli aumenti ritenuti per ciascun reato, essendo sufficiente, stabilita la pena base, determinare su di essa l'aumento, nei limiti fissati dallo stesso art. 81 cod. pen.» (Sez. 1, n. 1731 del 22/12/1981, dep. 1982, Masala, Rv. 152353).
4. Quanto all'opposto orientamento (...) occorre quindi guardare alle pronunce nelle quali viene sostenuto che nel determinare la pena complessiva per il reato continuato il giudice non solo deve individuare il reato più grave, stabilendo la pena base applicabile per tale reato, ma ha anche il dovere di calcolare l'aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite anziché unitariamente. (...) Gli argomenti valorizzati dalle decisioni che danno vita all'indirizzo in esame si incentrano sulla necessità di permettere il controllo sull'uso del potere discrezionale attribuito al giudice e la rideterminazione della sanzione negli ulteriori gradi di giudizio (così Sez. 5, n. 16015 del 18/2/2015, Nuzzo, Rv. 263591 e Sez. 1, n. 27198 del 28/5/2013, Margherito, Rv. 256616); oppure sulla necessità di garantire le altre specifiche finalità espressamente previste dalla legge e collegate ad una valutazione autonoma dei singoli reati che compongono l'unicità del disegno criminoso (Sez. 3, n. 1446 del 13/09/2017, dep. 2018, S., Rv. 271830). Altre si richiamano essenzialmente all'insegnamento delle Sezioni Unite che ravvisa una causa di nullità nella mancata indicazione delle pene stabilite per ciascun reato (così Sez. 6, n. 48009 del 28/09/2016, Cocomazzi, Rv. 268131).
5. Ritengono queste Sezioni Unite che, diversamente da quanto è stato sostenuto in alcune pronunce che militano per la tesi dell'aumento unitario, il dato normativo impone al giudice di individuare in modo distinto e specifico le pene che ritiene congrue per ciascuno dei reati avvinti dal nesso di continuazione. L'art. 533, comma 2, cod. proc. pen. è al riguardo di piana lettura. Dapprima il giudice stabilisce la pena che infliggerebbe per ciascun reato; quindi, determina la pena complessiva secondo le regole descritte all'art. 81 cod. pen. (si può tralasciare, in questa sede, il riferimento alle norme sul concorso di reati e di pene). Per quanto l'osservanza della prescrizione non sia sorvegliata da una qualche sanzione processuale e la prassi giudiziaria sia quella di omettere l'indicazione della pena "stabilita", pure non c'è dubbio che lo schema legale scomponga in due distinte operazioni il procedimento di determinazione della pena per il reato continuato.
(...) 6. Come già accennato, anche queste Sezioni Unite ritengono che le previsioni normative depongano per l'obbligo del giudice di dare specifica indicazione delle pene che vanno a costituire quella unitaria del reato continuato.
6.1. Viene in rilievo l'art. 533, comma 2, cod. proc. pen., che chiaramente indica al giudice le distinte tappe del percorso richiesto per la determinazione della pena da infliggere a colui che venga condannato per più reati: a) «il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi»; b) «quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme ... sulla continuazione».
(...) 6.2. Come già osservato dalla sentenza Ciabotti, si tratta di una sequenza che assicura il controllo del rispetto del limite posto dal comma 3 dell'art. 81 cod. pen., secondo il quale la pena complessiva non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile in caso di cumulo materiale delle pene. Una finalità che non va confusa con quelle soddisfatte dall'obbligo di motivazione, delle quali si scriverà a breve; e che perciò non può essere negata concependo un dovere motivazionale correlato alla sola pena base. All'inverso, proprio la necessità di consentire il controllo dell'esercizio di quella discrezionalità che gli artt. 132 primo comma e 133 cod. pen. attribuiscono al giudice nella determinazione della pena implica la distinta indicazione delle pene che concorrono alla individuazione della pena complessiva, secondo le modalità definite da ultimo dalla sentenza Giglia. Non vi è solo una utilità riflessa alla base della determinazione bifasica delle singole pene; si coglie in essa la diretta correlazione con il controllo della legalità, della congruità e quindi della efficacia rieducativa della pena.
(...) 6.4. Tirando le somme da quanto sin qui esposto, la tesi della legittimità di un aumento unitario della pena per il reato più grave - inteso come aumento che non distingue le pene relative a ciascun reato satellite - risulta infondata in entrambi i suoi presupposti. Il dato normativo milita con sufficiente chiarezza a favore della necessità di una specifica indicazione. La tesi di una unitarietà del reato continuato che estenda i propri effetti oltre le modalità di calcolo della pena per il reato continuato (ovvero il metodo della progressione per moltiplicazione della pena base) appare ormai affermata in modo tralaticio, senza stabilire un confronto con il percorso delineato dalle Sezioni Unite, che allo stato appare aver conseguito la nitida definizione del limitato perimetro entro il quale può legittimamente parlarsi di unitarietà del reato continuato.
7. Con riguardo all'obbligo di motivazione della pena del reato continuato il contrasto interpretativo si registra a proposito dell'oggetto della motivazione; se essa possa limitarsi alla esposizione delle ragioni a base della misura della pena inflitta per il reato più grave, perché esse valgono anche per l'aumento inflitto per i reati satellite; o all'inverso, se tali aumenti debbano essere specificamente motivati. Si coglie, in tale opposizione, l'incidenza della posizione assunta a riguardo dell'alternativa "aumento unitario/aumenti distinti". Le decisioni che optano per la prima soluzione sono in maggior numero. (...) La tesi è imperniata essenzialmente sulla medesimezza dei criteri che il giudice deve adottare ed adotta per la determinazione della pena per il reato più grave e per l'aumento relativo ai reati satellite. (...) Secondo un diverso indirizzo, il giudice deve fornire indicazione e motivazione non solo in ordine alla individuazione della pena base, ma anche all'entità dell'aumento determinato ai sensi dell'art. 81 cod. pen. (...) In posizione intermedia si colloca Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, Radosavljevic, Rv. 279770, che ritiene legittima la motivazione della sola pena del reato più grave «quando non è possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, primo comma, cod. pen., in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati, e i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee». (...)
8. Per quanto diffuso, il primo orientamento non trova adeguata giustificazione giuridica. (...) Il valore ponderale che il giudice attribuisce a ciascun reato satellite concorre a determinare un razionale trattamento sanzionatorio; e, pertanto, devono essere resi conoscibili gli elementi che hanno condotto alla definizione di quel valore.
9. Ciò posto va tuttavia chiarito che l'obbligo motivazionale richiede modalità di adempimento diverse a seconda dei casi. Si tratta di un principio che emerge chiaramente dall'ampia giurisprudenza formatasi in materia di vizio di motivazione relativo alle statuizioni concernenti il trattamento sanzionatorio. Su un piano generale risulta consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai "criteri di cui all'art. 133 cod. pen." deve ritenersi motivazione sufficiente per dimostrare l'adeguatezza della pena all'entità del fatto; invero, l'obbligo della motivazione, in ordine alla congruità della pena inflitta, tanto più si attenua quanto maggiormente la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, Brachet, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464). E, per converso, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall'art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo, Rv. 241189; Sez. 5, n. 511 del 26/11/1996, dep. 1997, Curcillo, 207497). (...) Principi non dissimili sono stati espressi con precipuo riferimento alle pene determinate per i reati satellite. Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., non massimata sul punto, ha persuasivamente affermato che «se per i reati satellite è irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattispecie legale di reato, l'obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l'obbligo motivazionale si fa più stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto più quando abbia determinato la pena base per il reato ritenuto più grave applicando il minimo edittale e/o quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie dì reato».(...)
11. La soluzione del contrasto interpretativo sottoposto alle Sezioni Unite va quindi rinvenuta nel principio di diritto così formulato: "ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell'art. 81 cod. pen., il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite".
Dott. Marco Misiti