I contratti agrari
Sono considerati agrari i contratti che, attraverso il conferimento del fondo o del bestiame, sono diretti a dar vita all'impresa agricola e a disciplinarne l'attività.
Oggetto del contratto di affitto è il fondo, superficie di terreno comprensiva della propria profondità (nel limite in cui è concretamente utilizzabile per la coltura), nonché dello spazio sovrastante. Il fondo è, infatti, il bene che il concedente pone nella disponibilità dell'affittuario, cui trasferisce il potere di gestione della terra per il periodo temporale predeterminato dalla legge ovvero per accordo tra le parti, purché nel rispetto delle formalità previste per la valida sottoscrizione dell'accordo in deroga.
I soggetti coinvolti in qualità di parti contrattuali nella stipulazione del contratto di affitto di fondo rustico sono il locatore concedente e l'affittuario.
Al locatore concedente, sul quale incombono le spese per riparazioni straordinarie necessarie a mantenere in stato produttivo il fondo, spetta il diritto di esigere che l'affittuario destini al fondo i mezzi necessari per la gestione, osservando le regole di buona tecnica in funzione della destinazione economica del fondo. All'affittuario spetta, invece, il diritto di ottenere dal concedente la consegna del fondo, comprensivo delle pertinenze e degli accessori necessari per rendere possibile la produzione cui è destinato.
Si distinguono l'affittuario coltivatore diretto dal conduttore del fondo non coltivatore diretto.
È considerato coltivatore diretto chi direttamente e abitualmente si dedica "alla coltivazione dei fondi e all'allevamento e al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore a un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l'allevamento e il governo del bestiame" (articolo 31, comma 1, L. n. 590/65).
Sul punto si segnala una pronuncia, la quale ha precisato come la qualifica di coltivatore diretto non sia esclusa dalla circostanza che il medesimo soggetto svolga altra attività lavorativa, né richiede una valutazione di prevalenza dell'attività agricola rispetto alle altre oppure la verifica di quale sia la principale fonte di reddito dell'interessato, risultando sufficiente che l'attività di coltivazione sia esercitata in modo abituale e che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore a 1/3 di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo (cfr. Cassazione, ordinanza n. 13792/18).
Al contrario, nel caso in cui il conduttore non coltivatore diretto acquisisca i requisiti per la qualifica di coltivatore diretto, il contratto di affitto non si tramuta sic et simpliciter in contratto di affitto a coltivatore diretto.
Si ricorda che la legge equipara ai coltivatori diretti le "cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi anche quando la costituzione in forma associativa e cooperativa è avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente", nonché, ai sensi dell'art. 7, comma 2, L. 203/82 introdotto dalla L. 205/17, "i laureati o diplomati di qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai 55 anni, che si impegnino a esercitare in proprio la coltivazione dei fondi, per almeno 9 anni, gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola".
La causa del contratto di affitto di fondo rustico, ragione economico sociale del contratto, è la costituzione per l'esercizio dell'impresa agricola.
Una domanda da porsi riguardo i contratti agricoli è la seguente: il contratto agrario ultranovennale non trascritto è opponibile a terzi?
Sul punto, a titolo esemplificativo, si possono richiamare le seguenti pronunce:
1) "La L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 41, che stabilisce la validità ed efficacia anche nei confronti dei terzi dei contratti ultranovennali di affitto di fondi rustici a coltivatore diretto, pur se stipulati in forma verbale e non trascritti, deroga alla disciplina di cui all'art. 1350 c.c., n. 8 e art. 2643 c.c., n. 8 (in forza dei quali tutti i contratti di locazione immobiliari ultranovennali, anche quelli agrari, debbono farsi a pena di nullità per atto pubblico o scrittura privata), ma non all'art. 2923 c.c. e art. 560 c.p.c., sicché, in caso di pignoramento del bene oggetto del rapporto agrario, il contratto ultranovennale è opponibile all'aggiudicatario solo se recante data certa anteriore al pignoramento, e, se non trascritto, solo nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione (tra le tante, Cass. 08/01/2016, n. 132; Cass. 29/05/2015, n. 11162; Cass. 18/05/2015, n. 1013610137; Cass. 03/08/2005, n. 16242; Cass. 12/12/1994, n. 10599)" (Cass., 13.02.18, n. 3410);
2) "A proposito di quest'ultima norma, va peraltro ribadito il principio di diritto per il quale la L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 41 che stabilisce la validità ed efficacia anche nei confronti dei terzi dei contratti ultranovennali di affitto di fondi rustici a coltivatore diretto, pur se stipulati in forma verbale o non trascritti, deroga alla disciplina di cui all'art. 1350 c.c., n. 8 e art. 2643 c.c., n. 8, secondo cui tutti i contratti di locazione immobiliari ultranovennali (e quindi anche quelli agrari) debbono farsi a pena di nullità per atto pubblico o scrittura privata, ma non all'art. 2923 cod. civ., sicché, in caso di pignoramento del bene oggetto del rapporto agrario, il contratto ultranovennale è opponibile all'aggiudicatario solo se recante data certa anteriore al pignoramento, e, se non trascritto, solo nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione (così Cass. n. 10136 e 10137/ 2015, che richiamano Cass. n. 16242/05; cfr., da ultimo, anche Cass. n. 11162/15). Corollario di questo principio è quello per il quale anche in caso di fallimento, cui pure è riferibile la disposizione dell'art. 2923 cod. civ. (cfr. già Cass. n. 2576/70, fino a Cass. ord. n. 14844/15), il contratto ultranovennale di affitto di fondo rustico stipulato dal fallito è opponibile alla massa se recante data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento ma, se non trascritto, solo nei limiti del novennio dall'inizio della locazione (cfr. Cass. n. 5792/14, per la quale la locazione ultranovennale non trascritta non è opponibile, ancorché il contratto sia regolarmente registrato, al curatore fallimentare del locatore in ragione dell'effetto di spossessamento e di pignoramento generale dei beni del debitore derivante dalla dichiarazione di fallimento, che determina il subentro ope legis del curatore nel contratto nei soli limiti in cui lo stesso sia opponibile alla massa dei creditori. Ne consegue che il curatore, ferma l'opponibilità della data certa del contratto registrato anteriormente al fallimento, alla scadenza del novennio dalla stipulazione può farne valere l'inefficacia per il periodo eccedente tale limite temporale; cfr. anche Cass. n. 3016/08, nello stesso senso in riferimento all'art. 45 legge fall.)" (Cass., 08.01.16, n. 132). Nello stesso senso, Cass., 29.05.15, n. 11162; Cass., 18.05.15, n. 10137; Cass., 18.05.15, n. 10136; Cass., 03.04.15, n. 6839; Cass., 12.02.02, n. 1970; Cass., 06.07.01, n. 9212.
In ragione di quanto anzidetto appare evidente che la giurisprudenza di legittimità sia granitica sul punto; difatti, stando a quanto affermato dalla Suprema Corte, se il contratto agrario non è trascritto, esso è opponibile a terzi solo nei limiti del novennio dall'inizio della locazione.