Controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e “controlli difensivi”: quali limiti vanno rispettati?
Può accadere che il datore di lavoro intenda formulare una contestazione di addebiti e/o una richiesta di risarcimento a un suo dipendente, sulla base di informazioni acquisite mediante controlli sul lavoratore.
Va innanzitutto ricordato che lo Statuto dei lavoratori, all'art. 4, dispone che gli strumenti di controllo "a distanza" possano essere installati in azienda e impiegati solo per obiettivi ben precisi: per la sicurezza sul lavoro, per la tutela del patrimonio aziendale e per esigenze organizzative o produttive.
Inoltre, sempre l'art. 4 prevede un ulteriore limite: l'installazione dovrà essere preceduta da un accordo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza di esso, da un'autorizzazione dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
Tali disposizioni, valide ad esempio per gli apparecchi di videosorveglianza o di geolocalizzazione, non si applicano invece agli strumenti in uso al dipendente per lo svolgimento della sua prestazione lavorativa, né ai rilevatori delle presenze.
Le informazioni raccolte sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, purchè il dipendente sia stato adeguatamente informato sulla presenza di tali strumenti di controllo e purchè sia rispettata la normativa in materia di privacy.
Questo, sul piano dei controlli che riguardano globalmente tutto il personale di un'azienda.
Quando, tuttavia, i controlli siano diretti ad accertare la commissione di un illecito da parte di uno o più dipendenti (c.d. "controlli difensivi"), è consentito travalicare i limiti previsti dall'art. 4; dovranno però egualmente essere rispettati altri vincoli, individuati da numerose sentenze.
È necessario, in particolare, che il datore di lavoro effettui il controllo solo dopo aver avuto il "fondato sospetto" circa la commissione dell'illecito da parte di un determinato dipendente e, peraltro, che sia sempre assicurato un bilanciamento fra l'esigenza di proteggere i beni aziendali, da un lato, e l'esigenza di tutelare dignità e riservatezza del lavoratore, dall'altro.
Il datore di lavoro, inoltre, sarà tenuto a provare le specifiche circostanze che gli hanno fatto sorgere il "fondato sospetto" e che lo hanno indotto ad effettuare il controllo ex post. Diversamente, le informazioni acquisite non saranno utilizzabili nel procedimento disciplinare, così come nell'eventuale successivo giudizio.