Corruzione fra privati: profili innovativi e criticità
Il decreto legislativo n.61/2002, in riforma del diritto penale societario, ha introdotto per la prima volta nell'ordinamento italiano il reato di corruzione fra i privati, originariamente rubricato "infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità".
L'art.2635 c.c. punisce sia la corruzione passiva dei soggetti che ricevono o si fanno promettere denaro o altra utilità, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o di obblighi di fedeltà, sia la corruzione attiva ovvero la condotta di chi dà o promette denaro o altra utilità.
La norma in esame tutela un "fascio di interessi" che vanno dalla salvaguardia delle funzioni di controllo e certificazione della regolarità del bilancio e degli altri documenti contabili e societari, al profilo relativo al danno per l'affidabilità del management societario, per la sua credibilità sul mercato finanziario ed imprenditoriale, per finire con la potenziale tutela del patrimonio sociale.
Per quanto concerne l'elemento soggettivo, il delitto di cui all'art.2635 c.c. è punito a titolo di dolo. In particolare, l'intraneus deve avere la consapevolezza di sollecitare o ricevere denaro o altra utilità e la finalità di compiere od omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al suo ufficio o di fedeltà (dolo specifico).
Il soggetto estraneo deve avere, invece, la consapevolezza di offrire, dare o promettere denaro o altra utilità ad uno dei soggetti qualificati affinché questi compia un atto in violazione degli obblighi del suo ufficio o degli obblighi di fedeltà cui è tenuto.
Tuttavia, la "corruzione fra privati", pur rappresentando il frutto di impegni sovranazionali (Secondo Protocollo alla Convenzione PIF del 1997, Convenzione penale sulla corruzione approvata dal Consiglio d'Europea il 27 gennaio 1999, Azione Comune 98/742/GAI, tutte volte a contrastare forme di corruzione in ambito privato), ha destato non poche perplessità.
Le principali critiche si sono indirizzate sulla scelta di ancorare la dimensione tipica del fatto alla necessaria causazione di un "nocumento alla società", nonché di condizionare la procedibilità del reato alla querela della persona offesa in tal modo proiettando la fattispecie verso una sfera di offensività di stampo prettamente privatistico, con prioritaria tutela del solo patrimonio sociale.
Un'importante occasione di riforma si è avuta con la Legge 6 novembre 2012, n. 190, recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione», in diretto accoglimento delle raccomandazioni del GRECO, organo che aveva in più occasioni sollecitato il legislatore italiano ad adottare un regime sanzionatorio di misure efficaci, proporzionate e dissuasive contro la corruzione.
Oltre al nomen juris, è stata modificata la cerchia dei soggetti attivi del reato, nella specie rappresentati da "amministratori", "direttori generali", "dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari", "sindaci" e "liquidatori", con esclusione della precedente originaria considerazione dei "responsabili della revisione".
Al secondo comma è stata introdotta una fattispecie meno grave, nell'ipotesi che il fatto sia «commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti» attivi della fattispecie base.
Il legislatore del 2012 ha, altresì, previsto una deroga alla precedente procedibilità a querela, nel caso in cui «dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi", mentre, per le fattispecie di "corruzione attiva", nella specie fissate in un nuovo terzo comma dell'art. 2635 c.c., ha esteso la possibilità di una responsabilità diretta dell'ente (decreto legislativo n. 231/2001).
Ciononostante, le critiche sovranazionali per il mancato rispetto da parte del legislatore italiano degli impegni assunti in sede comunitaria sono divenute ancora più stringenti e minacciose.
Alle immediate denunce da parte del GRECO, hanno fatto seguito reiterate segnalazioni di inadempimento al Consiglio ed al Parlamento europeo, fino al punto che, nel dicembre 2015, la Commissione europea ha dato avvio alla procedura EU-Pilot n. 8175/15/HOME per omessa comunicazione, da parte dell'Italia, delle misure nazionali di recepimento della decisione quadro 2003/568/GAI, concedendo un termine di quattro settimane con l'avvertenza che, in assenza di una comunicazione di integrale recepimento, avrebbe dato avvia ad una procedura di infrazione ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'UE.
Il successivo decreto legislativo 15 marzo 2017 n.38 ha, dunque, avuto lo scopo di rendere la normativa interna pienamente conforme alle previsioni della citata decisione quadro, estendendo la punibilità a «chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti» qualificati già previsti dalla previgente formulazione e confermati nel primo comma della disposizione.
Senza dubbio significativa risulta l'eliminazione della necessità che la condotta "cagioni nocumento alla società", con conseguente trasformazione della fattispecie da reato di danno a reato di pericolo.
La riforma del 2017 ha inserito anche la fattispecie di istigazione alla corruzione fra privati disciplinata dall'art.2635 bis che prevede una anticipazione della soglia di punibilità tanto per la corruzione attiva che per quella passiva.
Il primo comma punisce "chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un'attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinchè compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà", anche qualora l'offerta o la promessa non sia accettata.
Il secondo comma, viceversa, punisce gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati, nonché chi svolge in essi attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.
Infine, la disciplina della corruzione fra privati ha subito una recente modificata con la L. n.3/2019, la c.d. "spazzacorrotti", che ha previsto l'abrogazione del comma 5 dell'art.2635 c.c. e del comma 3 dell'art.2635 bis (istigazione alla corruzione fra privati) e ha modificato il regime di procedibilità delle due fattispecie ,ora entrambe procedibili d'ufficio.