La direttiva europea sui crimini ambientali: i c.d. reati qualificati nella veste dello smaltimento illecito dei rifiuti

27.07.2024

Negli ultimi anni la lenta e graduale trasformazione della criminalità organizzata in un fenomeno imprenditoriale ha determinato il passaggio da una fase di mera violenza e di accumulazione del capitale ad una fase di gestione più razionale dei proventi illeciti con un conseguente spostamento di interessi verso nuovi settori dell'economia.

Si è assistito pertanto ad una sempre più massiccia penetrazione della criminalità organizzata nel settore della delinquenza ambientale.

Il susseguirsi di azioni illecite ha creato un'importante situazione emergenziale che ha registrato non solo il coinvolgimento di forme di delinquenza locale ed individuale, ma si è evoluta in forme di criminalità stabilmente organizzate, fino a coinvolgere la criminalità associata di stampo mafioso.

Ad oggi la criminalità ambientale è considerata la quarta attività criminale al mondo e costituisce una delle principali fonti di reddito del crimine organizzato, accanto al traffico di droga, armi nonché alla tratta di esseri umani.

Questo fenomeno viene convenzionalmente indicato con il termine "ecomafia", neologismo coniato nel 1994 da Legambiente e atto a identificare le attività illegali gestite dalla delinquenza organizzata nazionale con considerevoli riferimenti a livello internazionale.

Si può quindi affermare che l'ecomafia è uno dei volti "noti" della criminalità organizzata nella storia del nostro Paese, penetrata nel tessuto economico attraverso attività para – industriali e industriali che sono divenute l'interesse principale delle suddette organizzazioni.

Smaltire i rifiuti, in particolare quelli pericolosi, è un'operazione altamente costosa: per ovviare a questa problematica molti operatori scelgono la via dell'illiceità in quanto meno dispendiosa perché non eseguita seguendo gli adeguati criteri e le dovute procedure.

Il traffico illecito dei rifiuti abbisogna di personale ad hoc, le c.d. "facce pulite", professionisti loquaci in grado di sedersi ai tavoli con politici e industriali senza che gli stessi si accorgano del loro volto criminale.

E questa è la figura dei broker, soggetti ingaggiati dai clan camorristici che si muovono nel paese cercando clienti con l'esigenza di abbattere i costi relativi allo smaltimento degli scarti prodotti dalle loro imprese.

Citando Sutherland , tali possono definirsi "Crimini dai Colletti Bianchi" cioè quelli commessi da persone apparentemente rispettabili e di alto stato sociale nello svolgimento delle loro mansioni.

In questa categoria rientrano coloro che appartengono al ceto medio - alto, dalla classe dirigente (di cui fanno parte, a titolo di esemplificativo e non esaustivo, i funzionari pubblici, i dirigenti, i professionisti, gli imprenditori,…) a quella politica.

I crimini ambientali possono verificarsi in ogni fase del ciclo illecito dei rifiuti: dalla produzione, al trasporto, allo smaltimento ed anche nella trasformazione o recupero.

Anziché essere trattati secondo le norme che ne assicurano lo smaltimento in regime di sicurezza sanitaria, i rifiuti vengono "fatti sparire": nascosti sotto terra, lasciati nelle acque più profonde,… e così avvelenano l'aria, contaminano le falde acquifere, inquinano le coltivazioni agricole e di conseguenza la salute umana, quale principio fondamentale sancito dalla nostra Costituzione.

Le modalità con cui queste pratiche vengono messe in opera sono molte.

L'azienda che deve smaltire il rifiuto può, ad esempio, dichiarare il falso sulla quantità o sulla tipologia di rifiuto da smaltire: questo sistema è denominato "truffa del giro bolla", utile per dirottare il carico, farlo sparire o affidarlo a soggetti lavorano il rifiuto in violazione delle norme di riferimento.

Ancora, i rifiuti, specialmente quelli radioattivi, vengono caricati a bordo delle c.d. "navi a perdere", cioè imbarcazioni destinate ad affondare in mare, spesso simulando un evento accidentale.

I rifiuti vengono occultati in container e ricoperti con granulato di marmo, ottimo schermo per la radioattività.

Le navi colate a picco nel mar Mediterraneo sono migliaia: storie che sorgono dall'accordo tra imprese e criminalità organizzata, a volte anche coperte dal silenzio delle istituzioni.

Altra modalità di smaltimento illecito è l'esportazione dei rifiuti finalizzata allo sfruttamento degli scarti che vengono dirottati prevalentemente in Cina, per quanto riguarda le materie plastiche e cartone e in Africa, per le auto rottamente, il ferro e i R.A.E.E. (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).

Accade quindi che gli scarti vengono lavorati anche se contaminati da sostanze pericolose (si pensi alle taniche atte al contenimento di carburante, oli esausti, etc) al fine di creare giocattoli per bambini, scarpe, utensili da cucina e molti altri oggetti che si utilizzano nella vita di tutti i giorni.

In data 27 febbraio 2024 il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva nuove sanzioni per contrastare la criminalità ambientale al fine di potenziare la tutela dell'ambiente ed anche prevenire e contrastare la criminalità ambientale.

Detta normativa entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'UE e gli Stati membri avranno due anni per recepire le norme nel diritto nazionale.

Il fine generale dell'Unione europea è di creare un elevato livello di tutela, sempre considerando le diversità che presentano i diversi Stati dell'Unione.

Precauzione, prevenzione, correzione dei danni causati all'ambiente sono i principi fondanti della materia, assieme al principio "chi inquina paga".

I reati ambientali, che rappresentano una minaccia per l'ambiente, richiedono azioni adeguate ed efficaci, anche mediante la cooperazione transfrontaliera e le sanzioni comminate devono essere inasprite a tal punto da incentivare l'effetto deterrente.

Le condotte soggette a punizione sono quelle che violano il diritto dell'Unione in materia ambientale nonché le leggi, i regolamenti o le disposizioni amministrative di uno Stato membro.

Tali condotte costituiscono reato se l'azione è intenzionale e, in alcuni casi, anche se commessa per negligenza.

La direttiva de qua ha considerato anche i c.d. "reati qualificati": tali sono quelli che provocano la distruzione di un ecosistema e sono assimilabili all'ecocidio, come gli incendi boschivi su vasta scala o l'inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo.

Per detti reati è prevista una pena massima di 8 anni di reclusione, mentre se da essi deriva la morte di una persona la pena massima è di 10 anni.

Le sanzioni pecuniarie per le imprese varieranno dal 3 al 5% del fatturato annuo o, alternativamente, da 24 a 40 milioni di euro[1].

Ancora, è prevista l'adozione di misure supplementari: l'autore del reato ha l'obbligo di ripristinare l'ambiente o di compensare i costi connessi ai danni e inoltre egli è escluso da ogni possibilità di accesso ai finanziamenti pubblici nonché dal ritiro di permessi o autorizzazioni.

In relazione ai reati qualificati, specialmente in riferimento all'inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo è opportuno ricordare lo smaltimento illecito dei rifiuti, quale sottocategoria dei crimini ambientali.

Alcune delle condotte punibili, a titolo esemplificativo e non esaustivo sono riconducibili alla raccolta, al trasporto e al trattamento illecito dei rifiuti nonchè alla mancata sorveglianza di tali operazioni e dei siti di smaltimento.

Gli Stati membri hanno il dovere di assicurarsi che la gestione illecita dei rifiuti costituisca reato: ciò nel caso in cui la condotta posta in essere riguardi rifiuti pericolosi in quantità non trascurabile o anche altri rifiuti la cui gestione comporti effettivamente o potenzialmente danni rilevanti all'ambiente o alla salute umana.

Di rilevante importanza è che la direttiva non stabilisce i livelli minimi delle sanzioni, ma solo il massimo sanzionabile: sarà il giudice, quindi, che tenendo conto della situazione individuale e finanziaria della persona giuridica interessata nonché della gravità della condotta, stabilirà in via discrezionale la sanzione adeguata al singolo caso.

Per quanto concerne le persone giuridiche occorre osservare che la loro responsabilità non preclude l'avvio di procedimenti penali nei confronti delle persone fisiche che commettano, incitino o siano complici dei reati.

Inoltre quando si ravvisa una responsabilità penale ad essere assoggettabili di imputazione dovrebbero essere anche i membri del consiglio di amministrazione.

Ciò che la direttiva impone è anche il divieto per gli Stati membri che recepiscono la direttiva di instaurare procedimenti che non rispettino i principi della Carta, specialmente il principio del ne bis in idem.

In tema di prevenzione, chi segnala le violazioni del diritto dell'ambiente dell'Unione europea, c.d. whitleblower, svolge un ruolo di pubblico interesse: spesso a denunciare è chi nell'ambito della propria attività ha contatti con organizzazioni criminali e pertanto sono i primi a venire a conoscenza di minacce o danni all'interesse pubblico e all'ambiente.

Sia chi denuncia i reati ambientali, sia chi coopera nell'azione di contrasto dovrebbe ricevere il sostegno e l'assistenza necessari, in modo da non essere svantaggiato per la sua cooperazione.

Nessuna riforma potrà mai avere un buon effetto se non si riesce a diffondere la cultura della legalità che nel settore ambientale si traduce nel rispetto delle norme comportamentali basilari.

Dott.ssa Linda Vallardi

[1] Tutela Penale dell'Ambiente – Risoluzione legislativa del Parlamento europeo, 27 febbraio 2024 

Leggi anche: Direttiva UE 2024/1203 sulla tutela penale dell'ambiente