Divieto di avvicinamento : La Corte Costituzionale interviene in materia di non fattibilità tecnica delle modalità di controllo e di distanza legale da rispettare
Corte Cost. n. 173/2024
In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la Corte Costituzionale interviene in materia di reati disciplinati dal Codice Rosso e, in particolar modo, di quelle che dovrebbero essere le opportune cautele da attivare a tutela delle vittime, al fine di contenere le condotte violente che, troppo spesso, si verificano nelle relazioni familiari e affettive.
Ebbene il Legislatore è intervenuto, molteplici volte, in materia di violenza di genere basti pensare che nell'ormai lontano 1981, con la l. 5 agosto 1981, n. 442, veniva abolito dal codice Rocco il riconoscimento penale della causa d'onore[1] una spregevole concessione ereditata dai codici previgenti più conservatori, in nome del quale per cinquant'anni si erano stravolti i canoni del diritto penale.
L'omicidio era sanzionato allo stesso modo di un furto aggravato, le lesioni sulla stessa linea di una contravvenzione, mentre le percosse usufruivano di una totale licenza.
Un passato nemmeno troppo lontano, se si considera che furono necessari oltre trent'anni dall'entrata in vigore della Costituzione, per prendere coscienza di una realtà sociale i cui valori erano ormai mutati. Del resto, solo con la l. 19 maggio 1975, n.151 si riformò il diritto di famiglia di stampo patriarcale [2].
L'omicidio per causa d'onore, venne equiparato all'omicidio comune, questo comportò un disvalore che ancora oggi nel XXI secolo, non sembra aver sradicato una mentalità tanto bigotta; o addirittura il considerare la causa d'onore un motivo di aggravamento dell'omicidio come lo era nella Proposta di legge n. 5579 presentata nella scorsa legislatura (XVI) dall'on. Bongiorno (omicidio commesso)[3].
Successivamente, vennero aboliti gli stati emotivi e passionali art. 90 c.p., tra le cause che provocavano il c.d. delitto passionale, vale a dire una previsione che –unitamente all'abuso dei mezzi di correzione – era stata concepita fin dai tempi del codice Zanardelli in funzione di sottrarre gli eccessi familiari alle più severe disposizioni comuni e di garantire all'autore di essi una sorta di licenza all'uso della violenza.
Si arriverà ai giorni nostri e, precisamente, 11 maggio 2011 ad avere un atto, ufficiale e vincolante, specificatamente, dedicato al tema in questione dal titolo: la «Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica» (n. 210), firmata a Istanbul l'11 maggio 2011, meglio nota come la Convenzione di Istanbul, nella quale erano presenti numerosi obiettivi[4] a salvaguardia di tutte le vittime di violenza da ogni forma di sopruso.
Ma, gli strumenti a tutela delle vittime di violenza aumentano, difatti, la legge n.69 del 2019 il c.d. Codice Rosso, rappresenta la testimonianza tangibile di come il diritto di un tempo si radicalmente mutato, come gli stereotipi non trovano più giustificazione e, soprattutto, come ogni forma di violenza verso l'essere umano in genere deve essere punita.
Ed allora, il Legislatore non solo interviene inasprendo le pene previste per i reati all'interno delle relazioni affettive e quelli a sfondo sessuale, bensì, consente alla vittima di autodeterminarsi nel presentare la querela, aumentando il periodo di presentazione della stessa fino a 6 mesi per lo stalking e fino ad 1 anno per i reati sessuali.
Ma non solo.
Ed invero, l'obbligo da parte del Pubblico Ministero o della Polizia delegata di ascoltare la vittima entro 5 giorni dalla presentazione della querela con contestuale applicazione di una misura cautelare per il soggetto attivo del reato. Da ultimo, la possibilità di avocare le indagini da parte del Procuratore Generale presso la Corte d'Appello, laddove il pubblico ministero designato per le indagini non attua i provvedimenti urgenti e indifferibili in suo potere.
Inoltre, le misure cautelari di privazione della libertà personale e necessarie, nella fase embrionale, a contenere la violenza e la forza intimidatrice utilizzata dall'uomo sulla donna, sono molteplici.
L'art. 282 bis c.p.p., introdotto dall'art. 1 comma 2 L. 154/01 ("Misure contro la violenza nelle relazioni familiari"), disciplina l'allontanamento dalla casa familiare e già al secondo comma introduceva la possibilità di un ordine aggiuntivo di non avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nel caso in cui il giudice avesse ravvisato esigenze di tutela dell'incolumità della stessa o dei suoi prossimi congiunti.
In un secondo momento, il legislatore, avvertendo la necessità di estendere la sfera di protezione cautelare anche alle relazioni non fondate sulla condivisione tra le parti della casa familiare, ha introdotto il divieto di avvicinamento alla persona offesa (non più come ordine aggiuntivo all'allontanamento dalla casa familiare, ma) come misura cautelare autonoma, inserendo nel nostro ordinamento l'art. 282 ter c.p.p. (art. 9 comma 1 lett. a) del decreto-legge 23 febbraio 2009 n. 11, ("Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori", convertito, con modificazioni, nella legge 23 aprile 2009 n. 38).
Lo stesso D.L. 11/09, come convertito, introduceva contestualmente la fattispecie di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), in relazione alla quale trovava spiegazione la previsione, come misura cautelare autonoma, del divieto di avvicinamento alla persona offesa.
In un ulteriore passaggio, la legge 24 novembre 2023 n. 168 ha, poi, reso obbligatorio il controllo elettronico nel divieto di avvicinamento.
Pertanto, nel momento dell'applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento, l'applicazione di dispositivi elettronici di controllo non è più discrezionale, ma obbligatoria.
E' stato previsto, inoltre, che il giudice, nel caso in cui l'organo delegato per l'esecuzione della misura cautelare accerti la non fattibilità tecnica delle modalità elettroniche di controllo, "impone l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari, anche più gravi".
L'ultima modifica legislativa, infine, è intervenuta sul primo comma dell'art. 282 ter c.p.p. anche in relazione alla distanza minima che l'indagato deve tenere dalla persona offesa, stabilendo un valore minimo garantito (m. 500) dell'area interdetta o "di rispetto".
La Corte costituzionale, ricorda come, a partire dalla sentenza n. 265 del 2010 (in tema di reati sessuali), non sono più tollerabili "automatismi" e "presunzioni assolute" in materia cautelare.
Il rispetto del principio di ragionevolezza e del favor libertatis di cui agli artt. 3 e 13 Cost., infatti, impone che la coercizione cautelare risponda ai criteri del minor sacrificio necessario e dell'individualizzazione.
Passando ad esaminare l'ultimo periodo dell'art. 282 ter comma 1 c.p.p., poi, la Consulta osserva che il tenore della norma ("Qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi "), ad una prima lettura sembra stabilire (con il verbo "impone") una sorta di non consentito automatismo cautelare, attraverso l'imposizione automatica all'indagato (per il fatto, a lui non imputabile, della non fattibilità tecnica delle modalità elettroniche di controllo) di un aggravamento della misura disposta nei suoi confronti.
Quindi il dettato normativo in questione, ad avviso della Corte Costituzionale, non introduce automatismi cautelari non consentiti, in quanto, laddove i dispositivi elettronici di controllo non possono funzionare per motivi tecnici, il giudice non è tenuto a imporre una misura più grave rispetto a quella del divieto di avvicinamento, ma deve operare (sulla base delle regole comuni di adeguatezza e proporzionalità) una rivalutazione complessiva delle esigenze cautelari nel caso concreto a lui sottoposto, potendo, all'esito, applicare (in sostituzione o in aggiunta al divieto di avvicinamento) non solo una misura più grave, ma anche una misura meno afflittiva.
Fonti:
codice di procedura penale Giuffré editore edizione 2024;
sent. Corte Costituzionale n. 173/2024;
Giurisprudenza Penale, commento alla sentenza della Corte Costituzionale a cura di M. Billi: www.giurisprudenzapenale.com;
www.wikipedia.org;
P. Coco, il c.d. "Femminicidio" Tra delitto passionale e ricerca di un'identità perduta, Napoli, 2016;
www.coe.int. Sub Serie dei Trattati del Consiglio d'Europa;
www.penalecontemporaneo.it
[1] Furono così abrogati gli artt. 587 "Omicidio e lesione personale a causa d'onore" e 592 "Abbandono di un neonato per causa d'onore" c.p.; la causa d'onore dei reati di aborto era stata già abrogata tre anni prima dalla l. 22 maggio 1978, n. 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza. Con l'occasione, nel 1981 fu soppressa anche la causa speciale di estinzione del reato per intervenuto matrimonio (c.d. matrimonio riparatore) nei reati sessuali prevista all'art. 544 c.p.
[2] Il diritto di famiglia codificato nel 1942 concepiva una famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al marito, sia nei rapporti personali che quelli patrimoniali, sia nelle relazioni di coppia sia nei riguardi dei figli; e fondata sulla discriminazione dei figli nati fuori del matrimonio (figlio naturale), che ricevevano un trattamento giuridico deteriore rispetto ai figli legittimi.
[3] Proposta di legge n.5579, (XVI legislatura): «in reazione ad un'offesa all'onore proprio o della famiglia, o a causa della supposta violazione da parte della vittima di norme o costumi culturali, religiosi, sociali o tradizionali».
[4] Convenzione di Istanbul. Il documento esordiva nel Preambolo: «che la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione»; «che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini»; «che le donne e le ragazze sono spesso esposte a gravi forme di violenza, tra cui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto «onore» e le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze e il principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi». seguono gli obiettivi: a) proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; b) contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità dei sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; c) predisporre in un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; d) promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; e) sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica.