Qual è la differenza tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quello di estorsione?

11.02.2025

Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è disciplinato dagli artt. 392 e 393 c.p., a seconda che, rispettivamente, la violenza si eserciti sulle cose o sulle persone

Ai fini dell'integrazione di questa seconda fattispecie, è necessario che sussista in astratto la possibilità per l'agente di adire l'Autorità Giudiziaria per ottenere quello che si è illegittimamente preteso mediante l'uso della violenza. 

Il tratto caratterizzante tale reato, infatti, risiede nell'esistenza di un preteso diritto, che l'autore soddisfa attraverso l'uso non costrittivo della violenza o minaccia.

Contrariamente, l'estorsione, ipotesi criminosa prevista e punita dall'art. 629 c.p., trova il suo nucleo proprio nell'azione costrittiva, ovvero nell'annichilimento delle capacità volitive della vittima, la cui mediazione passiva è indispensabile per ottenere il risultato illecito, in presenza di una pretesa ingiusta tale da integrare il profitto tipico della fattispecie.

Sebbene in un primo momento la giurisprudenza individuava il discrimen tra le due fattispecie nell'intensità della violenza o minaccia, integrando il più grave delitto di estorsione quella condotta manifestatasi in modo gratuito e sproporzionato rispetto al fine e tale da non lasciare possibilità di autodeterminazione alla vittima, dopo la pronuncia delle Sezioni Unite n. 29541/2020, le due fattispecie si differenziano in relazione all'elemento psicologico: nel delitto di cui all'art. 393 c.p. l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, bensì ragionevole, di esercitare un proprio diritto; al contrario, nel reato ex art. 629 c.p. l'autore mira a realizzare un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia.

Dott.ssa Simona Ciaffone