
Il ruolo della donna nel sistema giudiziario: da Letizia De Martino a Margherita Cassano
A cura di Avv. Francesca Saveria Sofia
Il 1°marzo 2023 Margherita Cassano, magistrato di VII Valutazione di Professionalità, è stata nominata all'unanimità Prima Presidente della Corte Suprema di Cassazione dal Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, presieduto dal Presidente della Repubblica.
Con una solida preparazione giuridica e una carriera contraddistinta da integrità e professionalità, la Giudice toscana ha raggiunto l'apice della giustizia italiana: prima donna a ricoprire questo ruolo.
Figlia del magistrato Pietro Cassano, originario di San Mauro Forte, e della Professoressa Anna Materi nata a Grassano, Margherita ha intrapreso giovanissima la carriera giudiziaria nell'anno 1980.
Inizialmente ha svolto il ruolo di pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di Firenze, dove ha fatto parte della Direzione Distrettuale Antimafia. Successivamente, ha ricoperto posizioni di rilievo, diventando Presidente della Corte d'Appello di Firenze e, nel 2020, Presidente aggiunto della Corte di Cassazione.
La sua nomina di Prima Presidente ha rappresentato non solo il riconoscimento delle sue straordinarie capacità, ma soprattutto una importante affermazione dei principi della parità di genere.
Fino a quel momento, la Suprema Corte era stata guidata esclusivamente da uomini, ma con il suo ingresso in questo prestigioso ruolo ha avuto modo di dare un segno importante nelle scelte decisionali degli organi giurisdizionali di appartenenza riuscendo ad affrontare delicate tematiche con un approccio diverso e di più ampio respiro.
Un altro traguardo storico risale al 1963, anno in cui fu riconosciuto alle donne il diritto di diventare magistrate.
La posizione delle donne nei confronti della giurisdizione era declinata dall'art. 7 della legge 17 luglio 1919, n. 1176 che le escludeva dalle professioni e dagli impieghi implicanti poteri pubblici giurisdizionali o l'esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attenevano alla difesa militare dello Stato.
Coerentemente con il disposto dell'art. 7 della citata legge del 1919, la disciplina sull'ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, all'art. 8, poneva tra i requisiti per l'ammissione alle funzioni giudiziarie l'essere cittadino italiano, di razza italiana, di sesso maschile ed iscritto al Partito Nazionale Fascista.
Dopo la caduta del regime, l'Assemblea Costituente affrontò la questione fondamentale relativa all'accesso delle donne a tutti gli uffici pubblici, comprese la magistratura e le cariche elettive.
All'esito di un lungo dibattito, segnato dagli accorati e inascoltati interventi delle Madri Costituenti, si giungeva all'approvazione dell'art. 51 della Costituzione che, nel suo primo comma, dispone che tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
Tuttavia, soltanto con la sentenza n. 33 del 1960 la Corte Costituzionale, accogliendo l'eccezione di incostituzionalità sollevata dal Consiglio di Stato, dichiarava l'illegittimità dell'art. 7 della legge n. 1176 del 1919, nella parte in cui escludeva le donne da tutti gli uffici pubblici che implicassero l'esercizio di diritti e di potestà politiche, in riferimento all'art. 51, primo comma, Cost., per l'irrimediabile contrasto in cui detta norma si poneva con l'enunciato costituzionale.
Il Parlamento, a seguito della proposta di un gruppo di deputate democristiane, chiedeva l'abrogazione dell'intera legge del 1919.
La proposta venne, dunque, approvata con la legge 9 febbraio 1963, n. 66 che all'art.1 recitava: "La donna può accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge. L'arruolamento della donna nelle forze armate e nei corpi speciali è regolato da leggi particolari".
Il primo concorso aperto alla partecipazione delle donne venne bandito il 3 maggio 1963 e fu vinto da Letizia De Martino, Ada Lepore, Maria Gabriella Luccioli, Graziana Calcagno Pini, Raffaella D'Antonio, Annunziata Izzo, Giulia De Marco e Emilia Capelli.
La strada da percorrere è ancora lunga, ma la storia di Margherita Cassano, insieme a quella di pioniere come Letizia De Martino, rappresenta un capitolo fondamentale nella lotta per la parità di genere nel sistema giuridico italiano.
A Margherita,
A Letizia,
alle Magistrate presenti e future,
alle Giuriste che con competenza, passione e professionalità,
credono e lottano fortemente per i loro diritti.