Rapporti tra giudicato civile di divorzio e nullità della sentenza ecclesiastica di matrimonio: assegno di divorzio

08.07.2024

Il matrimonio è considerato dalla chiesa come un sacramento che crea un rapporto indissolubile tra l'uomo e la donna.

Tuttavia è possibile dichiararne la nullità per specifici motivi.

Le cause che possono andare a giustificare l'invalidità, possono essere ricondotte a 3 categorie:

  • I vizi del consenso;
  • Gli impedimenti;
  • I difetti di forma canonica.

Per far in modo che il matrimonio sia dichiarato nullo dalla Chiesa (giuridicamente), i coniugi devono rivolgersi al Tribunale della Sacra Rota competente per territorio.

Ma la sentenza ecclesiastica è riconosciuta automaticamente dallo Stato italiano? Che cos'è il procedimento di delibazione?

Per rispondere alla prima domanda è necessario percorrere le tappe dell'evoluzione giurisprudenziale ma soprattutto dare una definizione di delibazione!

La delibazione è il procedimento che attribuisce efficacia giuridica nello Stato Italiano alla sentenza ecclesiastica di declaratoria di nullità del matrimonio concordatario, svolto dalla Corte d'Appello territorialmente competente (ma non è questa la sede per parlare in maniera approfondita dell'istituto).

Anticipo già che tale delibazione fa venir meno in maniera retroattiva gli effetti del matrimonio fin dal giorno della sua celebrazione e fa venir meno l'esigenza della domanda di divorzio qualora non sia già intervenuto un giudicato tra le parti avente ad oggetto proprio la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Ora, relativamente all'evoluzione giurisprudenziale…

La sentenza n. 1824/1993 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha confermato sostanzialmente la giurisdizione ecclesiastica nelle controversie in materia di nullità del matrimonio celebrato secondo le norme di diritto canonico, sancendo il principio base dell'Accordo del 1929 contenuto nei Patti Lateranensi, sulla riserva di giurisdizione, che doveva essere abrogata ai sensi dell'art. 13 di tale Accordo, in modo che le cause inerenti alla nullità del matrimonio concordatario appartengano alla giurisdizione italiana quanto a quella ecclesiastica che concorrono in base al criterio della prevenzione e collegamento nel procedimento di delibazione ecclesiastica della sentenza.

Successivamente, nel 2001, con la sentenza n. 4202, gli Ermellini sancirono che fosse venuta meno l'esclusività della giurisdizione dei tribunali ecclesiastici sulle cause di nullità del matrimonio concordatario ove le parti avessero introdotto, in un giudizio di divorzio, questioni inerenti all'esistenza e alla validità del matrimonio stesso. Invero, queste ultime due questioni sono, di regola, poste a fondamento della sentenza di divorzio anche se, non formano oggetto specifico di giudizio. Per tali motivi, la Corte di Cassazione ha affermato che "la sentenza di divorzio, ove nel relativo giudizio non sia espressamente statuito in ordine alla validità del matrimonio, non impedisce la delibabilità della sentenza del Tribunale ecclesiastico che abbia dichiarato la nullità del matrimonio concordatario."

Ora, cosa succede ai capi della sentenza di natura economica?

Ad essi si applica la regola generale secondo la quale, "una volta accertata in giudizio fra le parti la spettanza di un determinato diritto, con sentenza passata in giudicato, tale spettanza non può essere rimessa in discussione, salvo casi di revocazione non dedotti in altro processo."

La conseguenza è che una volta accertato nel giudizio con la quale sia stata chiesta la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, la spettanza di una parte per l'eventuale assegno di divorzio, ove tale statuizione si sia formato il giudicato ai sensi dell'art. 324 c.p.c., rimane intangibile in forza dell'art. 2909 c.c.

Sostanzialmente:

  • Il giudicato civile sulla cessazione degli effetti del matrimonio e sulle questioni economiche non è ostativo alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio;
  • La delibazione travolge le statuizioni economiche contenute nella sentenza non passata in giudicato o la cessazione della materia del contendere nel giudizio sull'assegno di divorzio, in quanto presuppone la validità dell'atto matrimoniale e del venire meno del vincolo;
  • L'effetto di cui al punto precedente non opera in presenza di un giudicato che ha investito le statuizioni economiche in virtù dell'art. 2902 c.c.

Un'altra sentenza del palazzaccio, la n. 1882 del 2019, si è affiancata a quanto detto sopra, affermando che "il riconoscimento dell'efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio religioso, intervenuta dopo il passaggio in giudicato della pronuncia di cessazione degli effetti civili, non va ad impedire la prosecuzione del giudizio sull'assegno di divorzio ai fini della decisione della domanda di determinazione dell'assegno."

Ebbene, la declaratoria di nullità del matrimonio e la pronuncia della cessazione degli effetti civili dello stesso, sono due procedimenti diversi e autonomi, con la conseguenza che il titolo dell'obbligo di mantenimento dell'ex coniuge non è titolo di validità di matrimonio, ma sull'accertamento dell'impossibilità della continuazione della comunione spirituale e materiale dei due coniugi.

È evidente il contrasto!

Finalmente, nel 2021 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 9004, hanno precisato che "in tema di divorzio, il riconoscimento dell'efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità di matrimonio religioso, intervenuto dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio ma prima che sia divenuta definitiva la decisione in ordine alle conseguenze economiche, non comporta la cessazione della materia del contendere nel procedimento civile che ha ad oggetto proprio la cessazione del vincolo coniugale, il quale può senz'altro proseguire ai fini dell'accertamento della spettanza relativa all'assegno di divorzio e alla sua liquidazione."

Dott.ssa Veronica Riggi