Il caso dei costumi in poliuretano e la posizione della Federazione Internazionale Nuoto
L'oggetto della trattazione verterà su queste nuove tipologie di doping analizzate nel nuoto, considerate le notizie alla ribalta della cronaca internazionale.
Quale può essere il ruolo del Legislatore nel contrastare tali fenomeni e come la società può rispondere all'abuso tecnologico nel mondo dello sport?
Domanda ardua alla quale non è semplice rispondere e ci rimetteremo – al termine della trattazione - alla capacità di analisi dei nostri lettori.
Per comprendere come il doping nella sua accezione tecnologica – rebus sic stantibus – abbia modificato gli equilibri creatisi nei secoli in tutte le discipline sportive, è opportuno ricordare quanto accaduto a cavallo degli ultimi due anni degli anni '10, quando – grazie ad una evoluzione tecnologica e scientifica di straordinaria portata – sono andati in frantumi record olimpici ed europei nelle gare di velocità di nuoto.
Già durante gli anni '90, la tecnologia aveva sviluppato la creazione di costumi integrali che – rifacendosi alle caratteristiche natatorie degli squali – garantivano una maggiore idrodinamica agli atleti, contribuendo ad una miglioria effettiva nelle performances degli stessi.
La norma che dobbiamo avere come riferimento per comprendere se un costume sia lecito o meno è contenuta nelle "FINA Swimming Rules". All'articolo SW 10.8 del testo regolamentare più importante della Federazione Internazionale di Nuoto, viene vietato ad ogni atleta l'utilizzo di un qualsivoglia strumento o costume che possa migliorare la sua velocità, galleggiabilità e resistenza, durante la competizione[1]. Una nota azienda americana, già nota per essere tra le leader nel settore di riferimento - sfruttando una interpretazione estensiva che la FINA diede al termine "fabric" (trad. lett. "materiale"), contenuta all'interno della norma previgente - sfruttò i suoi meticolosi studi per imporre nel commercio il nuovo modello di costume denominato LZR Racer. Per ottimizzare le qualità agonistiche degli atleti, Speedo condusse delle avanzate analisi di idrodinamica con la supervisione della NASA e – secondo letteratura scientifica – contribuì a migliorare notevolmente la velocità dei nuotatori. Basti considerare - per avvalorare questa tesi - che nelle gare nazionali statunitensi di qualificazione ai Giochi Olimpici di Pechino 2008, il 66% degli atleti indossava lo Speedo LZR Racer, e la maggior parte degli stessi, attribuiva la ragione del successo all'utilizzo del costume[2].
Il nuovo swim-suit, agognato da tutti gli atleti, non presentava alcuna cucitura, tanto da risultare un unico pezzo ultra leggero e dal bassissimo attrito.
La vera particolarità del prodotto risiedeva nella composizione dei pannelli laterali della muta in poliuretano, materiale che garantiva una maggiore galleggiabilità ai nuotatori che indossavano il LZR Racer. Approvando ciò, la FINA diede avvio - nei successivi anni - ad una accesa lotta fra le varie aziende, intente ad approvvigionare il materiale di costruzione che potesse garantire una migliore performance ai i suoi utilizzatori. Tra le voci autorevoli che confermarono l'evidente impatto che tale costume aveva in competizione vi era l'olimpionico statunitense Michael Phelps, il quale più volte dichiarò di come si sentisse un razzo quando indossava la muta durante le gare. Sensazioni suffragate da dati scientifici evidenti: i super-costumi - riducendo notevolmente l'attrito dell'atleta con l'acqua – garantivano una maggiore velocità nel tuffo e nella virata[3].
Ed è presto detto il motivo per il quale nel biennio 2008-2009 molti record vennero battuti.
La situazione, però, stava creando problemi importanti alla FINA. Improvvisamente molte Federazioni si videro costrette a correre ai ripari, per assicurarsi contratti con aziende all'avanguardia, consentendo ai propri atleti di potersi trovare nelle migliori condizioni possibili per potere gareggiare contro altri nuotatori in competizioni di rilievo internazionale.
Non di poco conto, però, fu l'indubbio vulnus creatosi negli anni e relativo all'accessibilità dello Sport: l'elevato costo dei body-suit contribuiva ad acuire il gap tra coloro i quali avevano la possibilità di permettersi l'acquisto di tali costumi e chi - a causa di condizioni economiche meno favorevoli - era costretto a non poter raggiungere i più alti traguardi.
È questa la ratio fondamentale per la quale - a nostro giudizio - è opportuno contrastare questi fenomeni patologici nel mondo dello Sport. Al pari del doping tradizionale, quello tecnologico come più volte abbiamo avuto modo di parlare in Giuridicamente, distorce chiaramente i principi su cui l'intero ordinamento sportivo si fonda. Uno tra essi è solennemente espresso dal principio fondamentale dell'uguaglianza sostanziale, garantitoci dai nostri Padri costituenti, che impone alla Repubblica (rectius, ai vertici dello Sport) la rimozione di tutti i tipi di artifici che non consentono una uguale possibilità ad ogni atleta, ancorché astratta, di raggiungere l'Olimpo dell'organizzazione sportiva italiana, guadagnando risultati gloriosi[4].
L'anno che rappresentò, finalmente, la svolta per l'annosa piaga dei body-suit fu il 2010.
Essi vennero definitivamente banditi dalla FINA che li classificò come doping tecnologico, a causa degli aiuti indebiti che conferiscono agli atleti, precedentemente oggetto di particolareggiata analisi[5]. Eppure questa piaga sociale non sembra essere definitivamente sconfitta, è bene comprendere quanto la tecnologia sia in costante sviluppo e possa anticipare anche pro futuro gli argini regolamentari che la Federazione Internazionale di Nuoto potrà imporre.
[1] Art. SW 10.8, FINA Swimming Rules, Part III, test., "No swimmer shall be permitted to use or wear any device or swimsuit that may aid his/her speed, buoyancy or endurance during a competition (such as webbed gloves, flippers, fins, power bands, or adhesive substances, etc.). Goggles may be worn. Any kind of tape on the body is not permitted unless approved by FINA Sport Medicine Committee.", trad., "A nessun nuotatore è consentito usare o indossare qualsiasi dispositivo o costume che possa essere d'aiuto per la sua velocità, galleggiabilità o resistenza durante una competizione. Gli occhiali possono essere indossati. Qualsiasi tipo di nastro adesivo applicato sul corpo non è consentito salvo che non sia approvato dal Comitato di Medicina dello Sport della FINA."
[2] Roberts Jacob, "Winning skin, a novel swimsuit reveals that faster isn't necessarily better", < https://www.sciencehistory.org/distillations/magazine/winning-skin>
[3] Galvani Giacomo, "Doping tecnologico: i costumi in poliuretano", https://articoli.nonsolofitness.it/it/item/3493-doping-tecnologico-i-costumi-in-poliuretano.html>, "I test in laboratorio hanno, infatti, dimostrato che il super-costume riduce l'attrito dell'acqua del 24% rispetto ai costumi attuali più veloci e del 38% rispetto alla comune lycra. È in grado di correggere eventuali posture sbagliate (si tratta d'imperfezioni millimetriche, visti i livelli di preparazione atletica dei nuotatori olimpionici), ad esempio nel tuffo o nella virata, migliorando le velocità di un ulteriore 10%."
[4] Art. 3, comma 2, Costituzione, "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"
[5] Lanotte N. – Lem S., Sportivi ad alta tecnologia. La scienza che aiuta a costruire i campioni, Bologna, 2013