Le immunità nel diritto penale: tipologie, applicazioni e natura giuridica

15.01.2025

L'immunità, regolata dal diritto nazionale e internazionale, è una situazione giuridica soggettiva prevista dal diritto penale che implica una deroga al principio di obbligatorietà dell'azione penale; tale principio, nello specifico, statuisce l'obbligo giuridico di perseguire qualsiasi soggetto che delinque nel territorio nazionale, indipendentemente dalla nazionalità di quest'ultimo. Siffatto criterio risponde alla necessità che, all'interno dell'ordinamento giuridico nazionale, viga un diritto penale uniforme, che garantisca una reazione punitiva equa nei confronti di chiunque compia reati nel territorio italiano.

Le immunità, escludendo il potere coercitivo in capo allo Stato a fronte di alcune condotte criminose in ragione della posizione soggettiva ricoperta dal soggetto agente, rappresentano, pertanto, una forte deroga al suddetto principio.

Se si volesse classificare le diverse forme di esclusione della punibilità, si potrebbero distinguere in base a vari criteri. Un primo criterio riguarda l'oggetto dell'esenzione, in base al quale le immunità possono essere assolute o relative, a seconda che l'esclusione si applichi a tutte le categorie di reati o solo a determinate tipologie.

Un ulteriore criterio di classificazione dipende dalla funzione ricoperta dal soggetto agente, con conseguenti distinzioni tra immunità funzionali ed extrafunzionali. Le immunità funzionali si applicano ai reati commessi nell'esercizio delle funzioni, mentre quelle extrafunzionali si estendono anche a condotte poste in essere al di fuori di tale ambito.

Inoltre, le immunità possono essere sostanziali o processuali. Le prime operano anche in relazione a fatti commessi dopo che il soggetto abbia cessato la propria qualifica, mentre le seconde sono efficaci solo finché l'agente mantiene la qualità che giustifica l'immunità.

Da ultimo, si possono distinguere in immunità previste dal diritto pubblico interno e quelle invece disciplinate dal diritto internazionale.

Le immunità che il nostro ordinamento accorda sono quelle riguardanti:

  • Il Presidente della Repubblica (ed il Presidente del Senato quando ne esercita le funzioni ex art. 86 co. 1 Cost.) per i reati commessi con "atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento e per attentato alla costituzione" ex art. 90 comma 1 Cost.
  • I Parlamentari ai sensi dell'art. 68 Cost. Infatti, è garantita a quest'ultimi l'insindacabilità per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle funzioni e l'inviolabilità della persona, del domicilio e della corrispondenza.
  • I Consiglieri regionali, ex art. 122 comma 4 Cost.
  • I Giudici Costituzionali ex artt.3 e 5, l. cost. 1/1953
  • I Consiglieri del Consiglio Superiore della Magistratura ex art. 32 bis l. 195/1958
  • Il Presidente del Consiglio ed i singoli ministri per i quali invece non è prevista una forma di immunità, ma, ai sensi dell'art. 96 Cost., anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato e della Repubblica e della Camera.

Invece le immunità di diritto internazionale sono contemplate da consuetudini di carattere internazionale, le quali producono efficacia nel nostro ordinamento attraverso l'art. 10 co. 1 Cost. ovvero per mezzo di apposite convenzioni cogenti nel nostro ordinamento per mezzo dell'art. 117 co. 1 Cost.

Il dibattito su tale istituto si è certamente acuito con riferimento alla natura giuridica dello stesso. Nello specifico, si sono diffuse due tesi: una di carattere pluralista, che riconosce il polimorfismo dell'istituto, e una monista che, invece, considera le immunità quale categoria unitaria.

La tesi monista si ramifica in due ulteriori indirizzi: vi è, invero, chi qualifica le immunità quali ipotesi di cause di giustificazione e chi invece le cataloga quali cause di non punibilità.

Secondo siffatto primo orientamento, le immunità sono qualificabili quali cause di giustificazioni in quanto il comportamento di reità, tenuto dal soggetto qualificato, è ritenuto dal legislatore quale giuridicamente conforme all'esito di un bilanciamento tra diversi beni giuridici in gioco. Invero, è proprio tale elemento, ossia il bilanciamento tra interessi eterogenei, caratterizzante l'istituto delle scriminanti, che connota altresì la scelta giuridica concernente l'introduzione di una situazione giuridica soggettiva che dia luogo ad un'immunità. 

Vi è più che secondo tale corrente interpretativa il soggetto qualificato è scriminato in ragione dell'esercizio di un diritto appartenente alla sfera giuridica dello stesso. Inoltre, tale definizione giuridica, concernente la natura dell'istituto, si spiega in ragione del fatto che come allorquando agisca una causa di giustificazione anche laddove trovi applicazione un'immunità il soggetto agente è esente da qualsiasi conseguenza giuridica in tutti gli ambiti dell'ordinamento. Invero, l'agente, dotato della qualifica soggettiva richiesta dal legislatore, non è soggetto a qualsivoglia conseguenza di natura civilistica e/o di natura amministrativa.

Secondo l'ulteriore interpretazione, invece, le immunità sono da qualificarsi quali cause di non punibilità in quanto l'introduzione di un'ipotesi che escluda il potere coercitivo dello Stato in un caso siffatto discende da ragioni di opportunità penali. Invero, tale prospettazione considera non condivisibile la qualificazione giuridica delle immunità quali circostanze scriminanti in grado di facoltizzare l'azione criminosa, qualificandola quale esercizio di un diritto. Risulta irragionevole, invero, considerare che dalla qualifica soggettiva del reo possa discendere in capo allo stesso il diritto di porre in essere dei reati. Pertanto, risulta più confacente qualificare le immunità quali cause di non punibilità, in quanto sono delle scelte legislative che, a fronte di una delicata condizione soggettiva del soggetto agente, comportano la rinuncia alla repressione penale della condotta, la quale quindi rimane antigiuridica ma non soggetta a punibilità.

La tesi pluralista, di contro, riconosce la diversa natura delle stesse, la quale dipende dalla ratio sottostante l'introduzione di un'ipotesi siffatta. Invero, le immunità possono connotarsi quali scriminanti laddove operano all'esito di un bilanciamento posto in essere dal legislatore tra diversi interessi in gioco, ovvero, possono estrinsecarsi quali cause di non punibilità laddove invece scaturiscano da ragioni di opportunità penale.

Un diverso orientamento, invece, riconosce in capo alle immunità un'ulteriore e diversa natura, inquadrandole quali ipotesi di esenzione della giurisdizione penale italiana. Secondo siffatta corrente dottrinale, infatti, l'immunità comporta un difetto di giurisdizione la cui conseguenza sarebbe la non perseguibilità penale della condotta in un dato territorio. Tale qualificazione è confacente ad esempio alle ipotesi che escludono la punibilità di carattere internazionale, le quali, infatti, inibiscono la perseguibilità penale di una data condotta commessa all'interno di un dato paese in ragione della qualifica soggettiva del reo.

In definitiva, le immunità costituiscono un ambito di grande rilevanza per la comprensione delle dinamiche del diritto penale e delle sue eccezioni, richiedendo una continua riflessione critica sui confini tra potere statale, diritto penale e tutela degli interessi collettivi. La funzione delle stesse, che implica l'esclusione o la limitazione dell'azione penale nei confronti di determinati soggetti, si fonda su un delicato equilibrio tra esigenze di giustizia e necessità di preservare principi fondamentali come la sovranità dello Stato e la protezione di interessi superiori.

Dott.ssa Roberta Noè