In quale momento si conclude un contratto?
All'interno del nostro ordinamento giuridico il contratto si può concludere attraverso vari modi, e nel presente elaborato analizzeremo l'ipotesi classica, disciplinata all'articolo 1326 c.c., di formazione di un contratto attraverso lo scambio di due dichiarazioni, ossia proposta e accettazione.
A tal riguardo, risulta opportuno comprendere quale sia il momento conclusivo di un contratto, ossia quando le dichiarazioni delle parti divengano irrevocabili.
Si intende precisare che attraverso tale tipologia di conclusione del contratto, due sono gli atti fondamentali:
- il primo è appunto la proposta, che da inizio al procedimento di formazione
- il secondo è l'accettazione che conclude tale procedimento.
Questi atti sono considerati, dalla dottrina maggioritaria, dichiarazioni unilaterali recettizie.
Pertanto, costituendo sia la proposta che l'accettazione dichiarazioni di volontà individuali unilaterali, l'accordo si ritiene perfezionato nel momento in cui alla proposta segue l'accettazione, fondendosi gli intenti delle parti in un'unica volontà contrattuale -consensus ad idem-. Perciò, affinché si verifichi tale formazione, è necessario che si rispettino i seguenti requisiti:
- ai sensi dei commi 2 e 3 dell'art. 1326 c.c., l'accettazione per essere valida, efficace e vincolante, deve provenire dal proponente nel termine da lui stabilito.
- ai sensi del quarto comma dell'art. 1326 c.c., l'atto di accettazione deve essere compiuta nella forma richiesta dal proponente. Si intende sottolineare che, se all'interno della proposta il proponente richiede un'accettazione scritta, a prescindere dal negozio giuridico, risulta necessaria un'accettazione in forma scritta ad substantiam.
- ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1326 c.c., all'interno della dichiarazione di accettazione non ci devono essere difformità rispetto alla proposta e non deve essere presente alcun tipo di variazione sulle condizioni indicate nella proposta.
Per quanto riguarda il momento di efficacia dell'accordo, ossia l'incontro delle volontà dei contraenti, esso diviene problematico da individuare quando le parti si trasmettono a distanza del due dichiarazioni recettizie.
In tal caso la dottrina maggioritaria ha riconosciuto l'applicabilità del principio della cognizione come criterio più opportuno per individuare il momento esatto in cui si viene a formare il negozio giuridico. Con ciò, il legislatore stabilisce che il contratto si considera concluso nel momento e nel luogo in cui il proponente ha conoscenza dell'accettazione della proposta, comunicatagli dalla controparte.
In tal modo si vuole affermare che è in quel preciso momento che le parti condividono un regolamento negoziale comune in quanto voluto da entrambe.
In ordine al criterio della cognizione, si pone una problematica assai rilevante, ossia la certezza del momento della conoscenza della dichiarazione, che può portare ad un abuso della posizione del preponente, il quale, nel caso in cui l'operazione non sia più vantaggiosa, compia degli atti dolosi al fine di evitare la conoscenza dell'accettazione. In soccorso a questo possibile abuso di posizione del preponente si rinvia all'articolo 1335 c.c. che stabilisce una generale presunzione valida per tutti i negozi recettizi, nonché qualsiasi altra dichiarazione diretta ad una persona determinata, che si reputa conosciuta da questa non appena giunta all'indirizzo del destinatario, con ciò la prova fondamentale che si dovrà dimostrare per il perfezionamento del contratto è la dichiarazione di accettazione pervenuta all'indirizzo del proponente (es. avviso di ricevimento di una lettera di raccomandata[1]).
Tuttavia, tale meccanismo di incontro tra i consensi delle parti può essere derogato dalle parti stesse in ossequio al principio dell'autonomia privata, che stabiliscano, attraverso una clausola ad hoc, che il contratto si concluda in un diverso momento e a condizioni diverse da quelle ordinarie.
Dott. Vito Quaglietta
[2] V. sent. Cass 21 giugno 2016, n.12822.