Influencer marketing e tutela del consumatore: le prime regole partorite dalla prassi

24.04.2022

Chi trascorre gran parte del proprio tempo sui social networks si rende conto che recentemente qualcosa è cambiato. Nei vari contenuti condivisi dagli influencers hanno fatto la loro comparsa hashtag del tipo #adv, #promotedby, #sponsored, #suppliedby, #giftedby e altre formule analoghe.

L'origine di questa novità è ricollegabile ai recenti interventi in materia, dal 2018 fino al 2021, da parte della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (anche detta AGCM o Autorità Antitrust), la quale ha ritenuto che la normativa contenuta nel d.lgs. 206 del 2005 (Codice del consumo), e in particolare quella relativa alla regolamentazione dei contenuti pubblicitari, debba trovare applicazione anche nei confronti degli influencers.

Ma quali comportamenti sono effettivamente vietati? Quali regole di condotta devono essere seguite dagli influencers per allinearsi alla normativa a tutela del consumatore?

Per poter rispondere a queste domande, è opportuno chiarire cosa si intenda per pubblicità ingannevole e per pubblicità occulta ai sensi del Codice del consumo. Viene innanzitutto in rilievo il concetto di pratica commerciale tra professionista e consumatore[1], all'interno del quale rientrano anche i contenuti pubblicitari per la commercializzazione di un prodotto. Inoltre, vengono in rilievo i concetti di pratica commerciale scorretta[2], che ricorre quando la pratica sia contraria alla diligenza professionale e sia idonea a influenzare in misura apprezzabile i comportamenti economici dei consumatori, e di pratica commerciale ingannevole[3], qualora, a titolo esemplificativo, si ometta di indicare l'intento commerciale della pratica stessa.

Precisate le definizioni di cui sopra, l'AGCM ha preso atto della evoluzione causata dalle nuove tecnologie del rapporto tra professionista e consumatore. Infatti, internet è diventato il principale luogo di contatto tra professionista e consumatore. Al tempo stesso, le figure iconiche dei social networks rappresentano i mezzi ideali per promuovere i nuovi prodotti delle società. Di conseguenza, non si può prescindere da queste novità, se si vuole garantire una piena tutela ai consumatori, anche se il Codice del consumo non presenta una specifica disciplina per il cosiddetto fenomeno dell'influencer marketing.

L'analisi di tre procedimenti, avviati dall'AGCM e conclusi non con la irrogazione di sanzioni, ma con l'impegno da parte dei soggetti attenzionati ad adottare condotte pienamente trasparenti circa le finalità commerciali sottese ai contenuti social, permette di individuare le regole di condotta che devono essere seguite per il rispetto dei principi contenuti nel d.lgs. 206/2005. Tali regole coinvolgono sia le società commerciali che ingaggiano gli influencers a scopo promozionale, sia gli stessi influencers.

Il primo procedimento[4], tenutosi nel 2019, ha visto come protagonisti diversi personaggi di spicco del mondo social. Infatti, diversi influencers hanno pubblicato sul proprio profilo instagram foto, apparentemente di vita quotidiana, mentre indossavano abiti firmati da una nota stilista e riportanti il logo di una compagnia aerea. Secondo l'Autorità Antitrust, i contenuti postati erano in grado di fuorviare i followers, in quanto non esplicavano l'intento promozionale sotteso a tali contenuti, ma anzi apparivano frutto di una «condivisione spontanea e disinteressata della vita quotidiana di un personaggio famoso». Ciò permetteva di ipotizzare l'integrazione di una pubblicità occulta. Il procedimento si è concluso: per le due società, con l'impegno di adottare Linee Guida volte a chiarire e fissare le regole di condotta degli influencers ingaggiati, sia per via diretta che per via indiretta, oltre all'impegno di monitorare il rispetto di tali regole; per gli influencers, con l'assunzione dell'impegno di inserire frasi, hashtag o altri elementi idonei a rendere nota al pubblico la finalità commerciale sottesa all'attività social.

Il secondo caso[5] ha invece avuto a che fare con la promozione, avvenuta via social da parte di influencers e di microinfluencers, di un prodotto alimentare appena immesso nel mercato. Tali influencers avevano condiviso foto, video o storie in cui utilizzavano prodotti relativi a tale catena commerciale per realizzare ricette. Anche in questo caso, l'AGCM ha ipotizzato l'integrazione di forme di pubblicità occulta, decidendo tuttavia di chiudere il procedimento senza accertare alcuna infrazione, in virtù degli idonei impegni assunti dalla società e dagli influencers. Come nel primo caso, gli impegni hanno avuto principalmente ad oggetto: per la società, l'adozione di Linee Guida e l'inserimento di apposite clausole contrattuali; per gli influencers, l'impegno ad utilizzare apposite avvertenze (in particolare, hashtag o espressioni nei video) rivelatrici degli scopi promozionali dei contenuti social.

Dal terzo caso[6] è invece possibile ricavare una diversa e ulteriore regola del fenomeno dell'influencer marketing. In particolare, una società, per il tramite degli influencers ingaggiati, aveva invitato gli utenti dei social a pubblicare post e contenuti ritraenti gli stessi utenti mentre utilizzavano il prodotto pubblicizzato, taggando gli influencers e la predetta società. I contenuti migliori sarebbero poi stati condivisi sui profili instagram di tali personaggi. Mentre sui profili della società e degli influencers erano stati inseriti appositi hashtag per evidenziare la natura commerciale dell'attività, altrettanto non era avvenuto sui profili dei partecipanti al contest. L'AGCM ha dunque ipotizzato che venissero perpetrate forme di pubblicità occulta proprio attraverso i profili degli utenti non professionisti, dal momento che i contenuti postati da questi ultimi non consentivano ai terzi di percepirne l'intento commerciale.

In conclusione, i casi finora affrontati permettono di ricavare quantomeno le seguenti regole di condotta, le quali devono essere seguite dagli influencers e dalle società che li ingaggiano per evitare di incappare in sanzioni[7]: le società devono adottare Linee Guida volte a garantire la piena trasparenza delle finalità commerciali e devono inserire nei contratti di ingaggio apposite clausole per assicurare il rispetto delle suddette Linee Guida; gli influencers devono far sì che i propri contenuti rendano chiara ed esplicita la finalità commerciale degli stessi[8]; infine, le finalità commerciali devono essere rese note ai terzi anche dai privati quando quest'ultimi vengano coinvolti, come avviene per esempio in una call for action. Tali regole di condotta valgono sia nel caso in cui l'influencer venga pagato per sponsorizzare il prodotto, sia nel caso in cui il medesimo prodotto venga regalato al personaggio social[9].

Dott. Marco Misiti


[1] Si veda art. 18, lett. d), d.lgs. 206/2005.

[2] Si veda art. 20, comma 2, d.lgs. 206/2005.

[3] Si vedano gli artt. 21 e 22, d.lgs. 206/2005.

[4] Si fa riferimento al provvedimento n. 27787 adottato il 22 maggio 2019 dall'AGCM.

[5] Si fa riferimento al provvedimento n. 28167 adottato il 25 febbraio 2020 dall'AGCM.

[6] Si fa riferimento al provvedimento n. 29837 adottato il 30 settembre 2021 dall'AGCM.

[7] I procedimenti affrontati nel contributo si sono in realtà tutti conclusi con la definizione del procedimento senza alcun accertamento della infrazione commessa, ma con l'assunzione da parte dei diretti interessati degli impegni descritti. Tuttavia, da un lato non si esclude che questi procedimenti possano essere in futuro riaperti, nel caso in cui gli impegni non vengano rispettati; dall'altro lato, nulla toglie che l'approccio finora seguito dall'AGCM possa cambiare. A mero scopo esemplificativo, la DGCCRF, autorità francese analoga alla nostra AGCM, ha imposto una ammenda e un espresso mea culpa a una influencer francese che aveva sponsorizzato prodotti borsistici senza rendere noto il fatto di percepire un corrispettivo per tale attività di sponsorizzazione.

[8] La relazione annuale del 2021 adottata dall'AGCM ha infatti precisato, in relazione ad alcuni casi relativi alla piattaforma Youtube e Vevo, che non fosse sufficiente adottare «avvertenze esterne ai video e di consultazione eventuale».

[9] Diverso è il caso in cui l'influencer, di propria spontanea volontà e, quindi, in assenza di finalità promozionali, decanti le qualità del suddetto prodotto.