Istituti penitenziari e spazio minimo disponibile per ciascun detenuto in relazione all'art. 3 CEDU: il rimedio ex l'art. 35-ter o.p.
Il sistema penitenziario italiano, con le sue fragilità, è stato al centro di numerose pronunce da parte della Corte EDU la quale è stata più volte chiamata a valutare l'annoso tema del sovraffollamento carcerario ed in particolare le condizioni detentive dei detenuti.
Nelle suddette pronunce, i Giudici CEDU sono intervenuti al fine di valutare l'idoneità di tali condizioni analizzando se queste ultime possano integrare una violazione dell'art. 3 CEDU relativamente ai trattamenti inumani e degradanti subiti dai detenuti.
Le Sezioni Unite, dopo numerosi contrasti giurisprudenziali, con sentenza del 24 settembre 2020, n. 6551 hanno individuato le modalità di calcolo dello spazio minimo che ogni detenuto deve avere a disposizione e al ruolo ricoperto dai c.d. fattori compensativi al fine di superare la presunzione di violazione dell'art. 3 CEDU nel caso in cui lo spazio disponibile per i detenuti sia inferiore ai tre metri quadrati.[1]
La sopra citata sentenza prende le mosse dalle precedenti sentenze delle Corte EDU con le quali la Corte di Strasburgo ha, a più riprese, cercato di individuare in quali casi fosse da ritenersi violato l'art. 3 CEDU relativamente alle condizioni dei detenuti negli istituti di pena di diversi Paesi, tra i quali anche l'Italia.
Le sentenze della Corte EDU, di spiccata rilevanza del tema in esame, sono:
- Sulejmanovic c. Italia del 2009;
- Torreggiani c. Italia del 2013;
- Mursic c. Croazia del 2016.
I giudici di Strasburgo hanno individuato, nella sovra citate sentenze, in quali casi la presenza di uno spazio minimo disponibile al di sotto dei tre metri quadrati possa integrare la violazione dell'art. 3 CEDU ovvero la necessità di considerare la ricorrenza di alcuni fattori compensativi ed infine le modalità con cui debba essere calcolato tale spazio.
Se inizialmente la Corte aveva rinunciato a definire uno spazio numerico specifico che potesse configurare un trattamento inumano e degradanti in violazione dell'art. 3 CEDU, con la prima delle sentenze sopra citate (Sulejmanovic c. Italia del 2009) la Corte di Strasburgo, nel 2009, ha ritenuto configurabile la violazione del suddetto articolo ogni volta in cui si sia in presenza di celle detentive che abbiano uno spazio inferiore ai tre metri quadrati a prescindere dalla presenza o meno di altri fattori (positivi o negativi).
La violazione era da ravvisarsi in re ipsa alla sola presenza di una cella di dimensioni inferiori allo spazio necessario per poter assicurare il normale movimento del detenuto.
Un passo ulteriore è stato fatto dalla Corte nella sentenza Ananyev c. Russia del 2012 di talchè devono essere ritenuti necessari, oltre al dato quantitativo, anche ulteriori fattori al fine di valutare la violazione o meno dell'art. 3 CEDU quali ad esempio la disponibilità di un letto singolo per il riposo e di uno spazio superiore ai tre metri quadri, nonché la possibilità di libero movimento fra gli arredi.
Successivamente, con la sentenza Torreggiani c. Italia del 2013, la Corte sembra fare un passo indietro sottolineando come la mancata disponibilità di uno spazio superiore o uguale a tre metri quadrati integri di per sé violazione dell'art. 3 CEDU.
Quest'ultima sentenza, essendo una sentenza pilota, imponeva al nostro legislatore di apportare modifiche al sistema normativo così da predisporre rimedi che consentissero di rimediare alla lesione della dignità dei detenuti sottoposti a trattamenti inumani e degradanti a seguito del sovraffollamento del sistema carcerario italiano.
Con il D.L. 26 giugno 2014 n. 92, il legislatore italiano ha quindi introdotto, nell'ordinamento penitenziario, l'art. 35-ter con il quale si prevedono rimedi risarcitori in favore di coloro (detenuti e internati) che hanno subito un trattamento in violazione dell'art. 3 CEDU[2].
L'art. 35-ter prevede che, per esperire il rimedio, le condizioni di detenzione in violazione dell'art. 3 CEDU devono essersi verificate per un periodo superiore ai 15 giorni, concedendo ai richiedenti la riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari ad un giorno per ogni dieci duranti i quali è avvenuta la violazione del loro diritto[3].
Ulteriori ripensamenti da parte della Corte EDU si evidenziano nel 2016 con la sentenza della Grande Camera Mursi c. Croazia, nella quale i Giudici della Corte EDU stabiliscono che lo spazio a disposizione dei detenuti, quale criterio esclusivamente quantitativo, deve essere bilanciato con la presenza di alcuni fattori compensativi.
Lo spazio al di sotto della soglia minima, di per sé, individua una presunzione circa la violazione dell'art. 3 CEDU che può essere superata solo dimostrando la presenza di ulteriori fattori compensativi.
In tale sentenza viene per la prima volta affrontato anche il tema del calcolo dello spazio minimo disponibile tanto che, i Giudici, affermano che nel calcolo non debbano essere ricompresi i sanitari ma si debba includere lo spazio occupato da mobili, sottolineando come sia determinante che il detenuto abbia la possibilità di muoversi normalmente dentro la cella.[4]
Si sostituisce quindi il mero criterio quantitativo con quello di una valutazione omnicomprensiva che prenda in considerazione più fattori: il giudice italiano sarà tenuto quindi ad adattarsi al cambiamento di rotta dei giudici di Strasburgo.
La decisione delle Sezioni Unite origina da un caso che vede contrapposto il Ministero della Giustizia e un detenuto il quale richiedeva l'applicazione, nei suoi confronti, dell'art. 35-ter ord. pen. poiché riteneva la detenzione da lui subita in contrasto con l'art. 3 CEDU.
La Prima sezione penale, ritenendo sussistente un contrasto giurisprudenziale, ha ritenuto opportuna la rimessione degli atti alle Sezioni Unite per decidere sulla questione realtiva alla modalità di calcolo dello spazio minimo disponibile e, secondariamente, quella relativa al ruolo dei fattori compensativi.
Con sentenza del 24 settembre 2020 n. 6551 le Sezioni Unite analizzano i rimedi introdotti dal legislatore italiano proprio quale conseguenza degli interventi della giurisprudenza CEDU.
E' bene innanzitutto evidenziare come ci sia da distinguere il periodo nel quale è stata emessa la sentenza Torreggiani e altri c. Italia del 2013, durante il quale non era ancora stato introdotto l'art. 35-ter ord. pen., dal periodo successivo alla sentenza Mursic c. Croazia del 2016 durante il quale il rimedio era già stato introdotto.
Se infatti con al sentenza del 2013 gli arredi in generale andavano esclusi dal calcolo della superficie minima, con la sentenza del 2016 si affermava che vi dovesse essere una distinzione tra arredi mobili, da ricomprendersi nel calcolo, e arredi fissi che erano da ritenersi esclusi.
Le Sezioni Unite si occupano poi di individucare quali pronunce della Corte EDU costituiscano "diritto consolidato", individuando quest'ultimo nella sentenza Mursic c. Croazia del 2016 in relazione sia al calcolo dello spazio minimo disponibile sia al ruolo dei fattori compensativi.
Nella sentenza Mursic c. Croazia del 2016 si afferma che "[...] il calcolo della superficie disponibile nella cella deve includere lo spazio occupato dai mobili"[5] ritenendo importante determinare se i detenuti hanno la possibilità di muoversi normalmente nella cella.
Il Supremo Collegio ha ritenuto che l'interpretazione più compatibile con la sentenza Mursic c. Croazia, e anche quella che potesse maggiormente giovare ai detenuti, fosse quella che escludeva, nel calcolo dello spazio disponibile per ciascun detenuto, il mobilio fisso mentre gli arredi mobili non erano computati nel calcolo perchè potevano essere rimossi o spostati.
Relativamente ai fattori compansativi, infine, la Corte si focalizza sul problema legato alla presenza di celle che abbiano uno spazio inferiore a quello minimo e, qualora vi sia la presenza di fattori compensativi, si potrebbe arrivare ad escludere la violazione dell'art. 3 CEDU.
Per fare ciò la Corte differenzia i detenuti sottoposti al regime chiuso e al regime "semiaperto" e, per i primi, ritiene violato l'art. 3 CEDU sol per il fatto che gli stessi abbiano a disposizione uno spazio inferiore a tre metri quadrati (dai quali andranno detratti gli arredi fissi) mentre per i secondi, anche qualora la cella abbia uno spazio inferiore ai tre metri quadrati, si potrebbe escludere la violazione dell'art. 3 CEDU qualora si fosse in presenza di fattori compensativi quali ad esempio "[...] la brevità della detenzione, la sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella, la possibilità di svolgere adeguate attività e di usufruire di dignitore condizioni igienico-sanitarie"[6].
L'onere della prova sarà a carico dell'amministrazione penitenziaria la quale dovrà dimostrare la presenza di tali fattori cd. compensativi ogniqualvolta si sia in presenza di regime semiaperto e di celle con spazio inferiore ai tre metri quadrati.
Il giudice italiano sarà quindi vincolato all'interpreazione fornita dai Giudici di Strarburgo proprio in quanto, come affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza in esame, "I principi affermati dalla CEDU integrano la fattispecie di cui all'art. 35-ter ord. pen. non solo in chiave sincronica, mediante l'attribuzione al testo di uno dei possibili significati, ma anche in una prospettiva diacronica, tramite l'inquadramento nella norma di diritti e garanzie originariamente non riconosciuti" (par. 9, Cass., Sez. Un., 24.09.2020, n. 6551).
"Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poichè è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione" (Voltaire).
[1]Carla Cataneo, Le Sezioni Unite di pronunciano sui criteri di calcolo dello spazio minimo disponibile per ciascun detenuto e sul ruolo dei fattori compensativi nell'escludere la violazione dell'art. 3 CEDU, Sistema Penale, 23 marzo 2021.
[2]Sito internet del Ministero della Giustizia "Rimedio risarcitorio: presentazione del reclamo" https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_8_10.page#
[3]Sito internet del Ministero della Giustizia "Rimedio risarcitorio: presentazione del reclamo" https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_8_10.page#
[4]Carla Cataneo, Le Sezioni Unite di pronunciano sui criteri di calcolo dello spazio minimo disponibile per ciascun detenuto e sul ruolo dei fattori compensativi nell'escludere la violazione dell'art. 3 CEDU, Sistema Penale, 23 marzo 2021.
[5]Sentenza della Grande Camera Mursic c. Croazia del 20 ottobre 2016
[6]Carla Cataneo, Le Sezioni Unite di pronunciano sui criteri di calcolo dello spazio minimo disponibile per ciascun detenuto e sul ruolo dei fattori compensativi nell'escludere la violazione dell'art. 3 CEDU, Sistema Penale, 23 marzo 2021.