La delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro (art.16 d.lgs. 81/2008)
Differenze con la DELEGA GESTORIA (art.2381 c.c.) alla luce della sentenza della Suprema Corte n.8476/2023
Il sistema penale d'impresa è caratterizzato da reati propri, tuttavia accade sovente che un soggetto, titolare della qualifica soggettiva originaria, deleghi a terzi funzioni e responsabilità che dalle stesse discendono in base a un'assunzione della qualifica "a titolo derivativo".
La delega di funzioni, soprattutto in realtà articolate e complesse, quali la moderna struttura aziendale, si connota come uno strumento di organizzazione dell'attività attraverso la ripartizione di compiti e la valorizzazione di competenze differenziate[1].
L'istituto in esame, oggetto di un vasto dibattito dottrinale e giurisprudenziale, ha assunto "veste legale" solo con l'emanazione del d.lgs. 81/2008 che ne disciplina presupposti, limiti ed ambito di efficacia, operando un'inversione del rapporto regola/eccezione tra gli "obblighi di lavoro non delegabili" e gli "adempimenti delegabili a terzi" tratteggiato dal previgente d.lgs. n.626/1994 (art.1 co.4ter).
Ferma restando la scelta legislativa di non introdurre alcun riferimento alle dimensioni dell'impresa, cui la giurisprudenza maggioritaria condizionava l'efficacia liberatoria della delega (Cass.16465/2008; Cass.n.12794/2007), il nuovo testo normativo sulla sicurezza – al fine di evitare deleghe surrettizie – ha espressamente recepito una serie di requisiti di validità e di efficacia della delega, che di seguito si passa ad esaminare.
Fra i criteri formali rientrano le previsioni di cui alle lettere a) ed e) del comma 1 art.16: la delega risulta «da atto scritto recante data certa» ed è «accettata dal delegato per iscritto», nonché quanto prescritto al comma 2 che impone venga data «adeguata e tempestiva pubblicità» alla delega stessa.
Per quanto concerne il primo requisito, indubbia è la portata innovativa rispetto al precedente orientamento giurisprudenziale che - pur accogliendo una linea di sostanziale rigore dovuta alla necessità di evitare facili scappatoie dalla responsabilità penale anche attraverso la richiesta di prova dell'esistenza e del contenuto della delega da chi li deduce - aveva rimarcato solo in rari casi la necessità della forma scritta che invece -ad oggi- unitamente all'accettazione espressa, vale a connotare la delega come negozio giuridico bilaterale.
Altrettanto significativa è l'espressa previsione di una «data certa» che - riferita secondo dottrina maggioritaria al momento di accettazione del delegato – si pone in linea con l'esigenza di assicurare la presenza di una data non falsificabile da parte di soggetti terzi.
In ordine ai requisiti aventi carattere sostanziale, il già citato art. 16 lett. b) enuncia il possesso da parte del delegato di «tutti i requisiti di professionalità ed esperienza» imposti dalla peculiare natura delle funzioni cui venga deputato. Dunque, la norma onera il datore di lavoro del compito di operare una selezione accurata tenuto conto che, l'eventuale inidoneità dell'incaricato, potrebbe esporlo a culpa in eligendo, riemergendo pienamente la sua originaria posizione di garante. In egual misura, il delegato, al quale potrebbe essere rimproverata una "colpa per assunzione", non andrà esente da responsabilità se privo delle necessarie competenze tecniche e professionali.
Il secondo requisito di validità (art.16,co.1,lett.c) prevede l'attribuzione di «tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesta dalla specifica natura delle funzioni» al delegato che deve essere, dunque, dotato dei relativi poteri decisionali e di intervento, idonei a garantire un corretto espletamento delle mansioni attribuitegli, nonché a fronteggiare gli eventi temuti.
Segue poi la previsione dell'attribuzione della «autonomia di spesa» che, unitamente al requisito summenzionato, costituisce la trasposizione normativa del principio di effettività che permea tutta l'attuale disciplina giuslavoristica e vale a distinguere la delega vera e propria da meri incarichi di collaborazione o di esecuzione.
Ebbene, il delegato deve essere posto nella condizione di poter intervenire adeguatamente per far fronte alle diverse incombenze in materia di sicurezza ricorrendo agli strumenti finanziari necessari. In proposito, parte della dottrina[2] esclude una "disponibilità illimitata e svincolata da qualsiasi controllo" che sarebbe in netto contrasto con normali esigenze di corretta gestione delle risorse economiche.
Infine, una delle modifiche più incisive introdotte col decreto legislativo "correttivo" n.106/2009 è la riformulazione dell'art.16, segnatamente il comma 3, che ha apportato un radicale ridimensionamento della posizione di garanzia del datore di lavoro.
Permane in capo al delegante – oltre al dovere di selezionare adeguatamente il delegato – un obbligo di "vigilanza alta" sul corretto espletamento delle funzioni trasferite da parte dell'incaricato che, a sua volta, assume un'autonoma posizione di garanzia rispondendo in via esclusiva dei comportamenti che sono iscritti entro la sfera dei poteri e doveri cui la delega inerisce. Orbene, sul piano delle responsabilità, il dante causa potrebbe essere chiamato a rispondere penalmente in caso di culpa in eligendo o culpa in vigilando qualora il suo comportamento abbia avuto un ruolo eziologico rispetto agli accadimenti. Peraltro, come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass.8476/23), al fine di non incorrere in una "responsabilità di posizione", la vigilanza deve riguardare non il merito delle singole scelte, ma il complessivo adempimento del debito di protezione e controllo affidato al delegato.
Il testo novellato – dato dalla soppressione della congiunzione "anche", l'introduzione della formula "si intende assolto", nonché la sostituzione dell'espressione "sistemi" con quella di "modello" - considera adempiuto il dovere in esame in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'art.30 co.4 che costituisce parte integrante, in relazione alle ipotesi previste dall'art.25 septies del d.lgs. n.231/2001, del più ampio modello di organizzazione e gestione che può rilevare ai fini dell'esonero della responsabilità amministrativa dell'ente anche a fronte di reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio.
Ben diversa è la delega gestoria che, come precisato in una recente pronuncia della Suprema Corte[3], attiene alla ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità nelle organizzazioni complesse.
La delega di cui all'art.2381 c.c. è, altresì, preordinata ad assicurare un adempimento più efficiente della funzione gestoria (in quanto evidentemente più spedita) e alla specializzazione delle funzioni, tramite valorizzazione delle competenze e delle professionalità esistenti all'interno dell'organo collegiale. Ai sensi del citato articolo, può essere validamente conferita solo se espressamente previsto dallo Statuto, o se preventivamente autorizzata da parte dei Soci.
Mentre nella disciplina dettata dall'art. 16
d.lgs n. 81/2008, il conferimento del potere di spesa – come già chiarito - è un
requisito essenziale della delega di funzioni e deve essere adeguato in
relazione alle necessità connesse allo svolgimento delle funzioni delegate,
nella disciplina della delega gestoria, che, si ricorda, è rilasciata ad un
soggetto già investito della funzione datoriale e dei relativi poteri ivi
compreso quello di spesa, non vi è analogo riferimento. E' bene, inoltre,
sottolineare che non sono delegabili da parte del datore di lavoro ai sensi
dell'art. 16 d.lgs n. 81/2008 gli obblighi che costituiscono l'essenza della
funzione datoriale e della sua preminente posizione di garante, ovvero la
valutazione del rischio, preordinata alla pianificazione e predisposizione
delle misure necessarie, e la nomina del responsabile del servizio prevenzione
e protezione. La delega gestoria, invece, permette che tali adempimenti vengano
eseguiti dal delegato, mutando il contenuto del dovere prevenzionistico facente
capo ai deleganti.
Infine, l'attività di vigilanza richiesta
dall'art. 16 comma 3 del d.lgs n.81/2008 è differente dal dovere di controllo
imposto ai membri del consiglio di amministrazione deleganti che deve essere
ricondotto agli obblighi civilistici di cui agli artt. 2381 comma 3 cod. civ. e
2392 comma 2 cod. civ. (tutti gli amministratori rimangono solidalmente
responsabili se essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli non hanno fatto
quanto potevano per impedirne il compimento o non si sono attivati per
eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose).
Dott.ssa Francesca Saveria Sofia
[1] Pedrazzi, Profili problematici del diritto penale d'impresa, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1988, 125
[2] V. Mongillo, La delega di funzioni in materia di sicurezza del lavoro alla luce del d.lgs.81/2008 e del decreto correttivo, in Dir. pen. cont. 2/2012, p.89
[3] Cassazione Penale, Sez. 4, 27 febbraio 2023, n. 8476