La differenza tra premeditazione e preordinazione nel delitto di omicidio

01.09.2023

In questo periodo ha fatto molto scalpore la notizia relativa all'omicidio di Giulia Tramontano, la giovane incinta di sette mesi, che sarebbe stata uccisa con 39 coltellate dal compagno Alessandro Impagnatiello.

Il giudice per le indagini preliminari di Milano, al momento dell'ordinanza di convalida del fermo di Impagnatiello, ha escluso l'aggravante della premeditazione non accogliendo la tesi della Procura che contestava l'aggravante sulla base delle ricerche su internet che Impagnatiello avrebbe effettuato poco prima del delitto. 

Si può leggere nell'ordinanza di convalida che gli elementi attuali "non depongono per un previo studio delle occasioni ed opportunità per l'attuazione, un'adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive", tali da poter al più individuare la mera preordinazione del delitto e non la sua premeditazione.

A tal proposito, occorre analizzare cosa si intenda per premeditazione, l'aggravante di cui all'articolo 577 comma 1 n. 3 c.p. che comporta l'aumento di pena per l'omicidio da non meno di anni 21 all'ergastolo, ma di cui il nostro codice penale non fornisce alcun dato definitorio, per cui sono intervenute alcune pronunce degli Ermellini a colmare il vuoto di significato.

Va, innanzitutto, osservato che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. un., 18 dicembre 2008, n. 337), in tema di omicidio, la premeditazione presuppone due elementi: uno di natura cronologica, costituito da un apprezzabile lasso di tempo fra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso e, l'altro, di carattere ideologico, consistente nella ferma risoluzione criminosa perdurante nell'animo dell'agente, senza soluzioni di continuità, fino alla commissione del crimine.

Il dato cronologico si sostanzia in un apprezzabile intervallo temporale in cui l'agente potrebbe riflettere ed eventualmente recedere dal proposito criminoso, che denota una particolare intensità di dolo che si traduce in una fredda e perdurante determinazione a commettere il reato.

In particolare, nella recente pronuncia della Cassazione Penale, sez. I, 6 ottobre 2022, n. 37825, è ribadito che, in caso di omicidio, la mera preordinazione del delitto quale apprestamento dei mezzi minimi necessari all'esecuzione, nella fase a quest'ultima immediatamente precedente, «non è sufficiente a integrare l'aggravante della premeditazione, che postula invece il radicamento e la persistenza costante, nella psiche del reo, del proposito omicida, del quale sono sintomi il previo studio delle occasioni e dell'opportunità per l'attuazione, un'adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive».

Questo come espresso già nella sentenza della Cassazione penale, sez. I, n. 47250 del 2011, secondo cui, in tema di omicidio volontario, non è sicuro indice rivelatore della premeditazione, l'intervallo di una notte tra la preparazione e l'esecuzione, cosí come "non possono trarsi elementi di certezza dalla predisposizione di un agguato, perché ciò attiene alla realizzazione del delitto e non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di quel processo psicologico di intensa riflessione e di fredda determinazione che caratterizza la indicata circostanza aggravante".

Tuttavia, secondo altra Cassazione, sez. V, sentenza n. 26406, l'agguato sarebbe in astratto un indice rivelatore della premeditazione, come sinonimo di imboscata o insidia preordinata che prevede un appostamento, protratto per un certo tempo, in attesa della vittima e in presenza di mezzi e modalità che non consentono dubbi sul reale scopo dell'insidia: in questo caso, anche un breve tempo di attesa sarebbe sufficiente a configurare la premeditazione sotto entrambi i profili, ideologico e cronologico.

Nell'indagine da compiersi, dunque, rileva anche la valutazione da parte del giudice di merito dei mezzi usati e delle modalità caratterizzanti la condotta delittuosa dell'agente.

Infine, gli Ermellini (Cass. pen., sez. I, sentenza 30/05/2019, n. 35512) hanno ammesso la compatibilità tra l'aggravante della premeditazione e l'attenuante della provocazione in cui lo stato d'ira, che è il presupposto dell'attenuante, assume una caratteristica di "alterazione prolungata", che, in presenza di un fattore scatenante, può determinare una carica volontaristica di intensità tale da determinare il riconoscimento della premeditazione.

Allo stesso modo, secondo la Cass. pen., sez. I, sentenza n. 36323, la premeditazione può sussistere anche in caso di un'infermità psichica che comporti un vizio parziale di mente se il proposito criminoso non appartiene ad un'idea fissa ossessiva rientrante nel quadro sintomatologico della specifica patologia clinica.

Dott.ssa Gemma Colarieti