La rilevanza penale degli atti preparatori
Cass. Pen. Sez. II, 12 luglio 2022, n. 26589
Con la sentenza n. 26589 del 12 luglio 2022, la Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla rilevanza penale degli atti preparatori, ai sensi dell'art. 56 c.p.
Nel caso in esame, gli imputati erano accusati di molteplici reati, tra i quali due tentate rapine ordite ai danni di uffici postali.
In particolare, secondo la ricostruzione del fatto effettuata dai giudici di merito, i rapinatori si erano solamente avvicinati ai citati uffici postali, senza però portare avanti l'azione criminosa.
I ricorrenti, perciò, sostenevano l'assenza degli elementi costitutivi del delitto tentato, ossia la mancanza nel caso concreto della idoneità e della non equivocità degli atti. Secondo le doglianze difensive, portarsi nei pressi di un ufficio postale non poteva essere considerata un'attuazione di un piano criminoso finalizzato alla realizzazione di una rapina.
La Suprema Corte ha colto l'occasione per riaffermare le coordinate principali in tema di rilevanza penale degli atti preparatori, alla luce della formulazione attuale dell'art. 56 c.p. In particolare la Corte, sulla scia di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, ha riaffermato la natura anacronistica della distinzione tra gli atti esecutivi e quelli preparatori.
Infatti, l'art. 61 del Codice Zanardelli[1] effettuava esplicito riferimento ai fini della punibilità del tentativo all'inizio della fase esecutiva del programma criminoso. Di conseguenza, la dottrina attribuiva rilevanza penale solamente a quegli atti che integrassero, seppur solo parzialmente, la tipicità della condotta astrattamente prevista dal reato. Gli atti preparatori, quindi, erano considerati come del tutto irrilevanti.
Il Codice Rocco, al contrario, ha abbandonato la citata distinzione e ha individuato i criteri dirimenti ai fini della rilevanza penale del fatto nella idoneità e nella non equivocità degli atti.
È alla luce di questo mutamento di paradigma che la giurisprudenza di legittimità, pur richiamando la già menzionata distinzione, ha più volte affermato che anche gli atti preparatori possono integrare il tentativo punibile.
In particolare, nella sentenza indicata in apertura la Seconda Sezione penale ha precisato che «anche un c.d. "atto preparatorio", infatti, può integrare gli estremi del tentativo punibile, purché sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacità, sulla base di una valutazione - per l'appunto ex ante - e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato programmato e a tale risultato sia univocamente diretto».
In altri termini, secondo la Suprema Corte, nel contesto normativo attualmente vigente «la "disputa" sulla rilevanza dei soli atti c.d. esecutivi ovvero anche di quelli c.d. preparatori perde di significato», proprio perché gli atti, indipendentemente dalla loro natura, devono essere valutati solamente sotto il profilo della loro idoneità e non equivocità.
A sostegno della citata soluzione, il giudice di legittimità ha richiamato sia gli istituti della desistenza volontaria e del ravvedimento operoso, i quali «confermano i due livelli del tentativo punibile sanzionati in modo differente»; sia quanto previsto dall'art. 49 c.p., disposizione che «esclude la punibilità per "l'inidoneità dell'azione" e non degli atti esecutivi, così confermando che bisogna aver riguardo più che alla idoneità dei singoli atti, alla idoneità dell'azione valutata nel suo complesso».
Nello specifico caso in esame, il giudice di legittimità notava che la sentenza di appello non era incorsa in violazione di legge o in vizio di motivazione.
Infatti, il giudice di appello aveva affermato, con specifico riferimento alle conversazioni intercettate, che «in entrambe le occasioni fosse di fatto iniziata l'esecuzione dell'azione delittuosa, interrotta per cause estranee alla volontà dei ricorrenti».
L'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato è senza alcun dubbio apprezzabile sul versante della corrispondenza al dato letterale. Tuttavia, parte della dottrina evidenzia i rischi, sottesi alla citata soluzione, di una eccessiva anticipazione della soglia di punibilità del fatto.
Dott. Marco Misiti
[1] In particolare, la citata disposizione così recitava: «colui che, a fine di commettere un delitto, ne comincia con mezzi idonei l'esecuzione, ma per circostanze indipendenti dalla sua volontà non compie tutto ciò che è necessario alla consumazione di esso...».