Le azioni possessorie
Ai sensi dell'art. 1140 c.c. il possesso è il potere che un soggetto esercita su una cosa comportandosi come se fosse titolare del diritto di proprietà o di un altro diritto reale.
Si tratta infatti di una situazione "di fatto" e non di diritto. Gli elementi che caratterizzano il possesso sono: il corpus possessionis ovvero il potere che di fatto viene esercitato sulla cosa (elemento oggettivo) e l'animus possidendi che consiste nella volontà del possessore di tenere la cosa come propria o di esercitare il diritto come a sé spettante (elemento soggettivo).
Distinta dal possesso è la detenzione che consiste in un mero potere di fatto sulla cosa senza l'intento di esercitare un diritto reale proprio. Gli elementi tipici della detenzione sono: il corpus, cioè il rapporto di fatto con il bene, il riconoscimento che il possesso della cosa appartiene ad un altro soggetto e l'animus detinendi, cioè la volontà di avere la cosa a propria disposizione senza intenzione di esercitare su di essa i poteri del proprietario o del titolare di un altro diritto reale.
Quali sono le azioni che tutelano la situazione del possesso?
Il codice civile individua due azioni che hanno il fine immediato di tutelare lo ius possessionis da ogni turbativa. Sono forme di tutela provvisoria che prescindono dall'accertamento del diritto e non richiedono particolari oneri probatori. Possono infatti essere esercitate anche dal titolare di un diritto reale che necessita di una tutela più rapida rispetto, ad esempio, a quella prevista dalle azioni petitorie a difesa del diritto di proprietà, le quali sono gravate da incisivi oneri probatori.
L'art. 1168 c.c. regola l'azione di reintegrazione o di spoglio che protegge il possessore cui è stato sottratto in tutto o in parte il possesso di una cosa. Ha una funzione ripristinatoria e recuperatoria e affinché il possessore possa essere reintegrato nel possesso della cosa, è necessario che lo "spoliator" abbia ancora l'effettività disponibilità della cosa sottratta al possessore.
Lo spoglio deve essere avvenuto in modo violento o clandestino, cioè contro la volontà di chi viene privato del possesso o senza che questi ne sia a conoscenza, se non dopo l'avvenuto spoglio. La violenza, quale elemento oggettivo dello spossessamento determinante la configurabilità di uno spoglio contro la volontà del possessore, non deve necessariamente consistere in un'attività materiale, in quanto è sufficiente un qualsiasi comportamento che produca la privazione totale o parziale del possesso contro la volontà, sia essa espressa o solamente presunta, del possessore. Quanto al requisito della clandestinità dello spoglio, che va riferito allo stato di ignoranza di chi lo subisce, postula che il possessore si sia trovato nell'impossibilità di averne conoscenza nel momento in cui questo viene realizzato. Tale inconsapevolezza non deve essere determinata chiaramente da un atteggiamento negligente del possessore, che andrà accertato alla stregua delle circostanze in cui è stato commesso lo spoglio.
L'autore dello spoglio deve agire con la consapevolezza di operare ledendo l'altrui signoria di fatto sul bene contro la volontà espressa o tacita del possessore (c.d. animus spoliandi).
Legittimato attivamente a proporre l'azione è sia il possessore che il detentore qualificato ovvero colui che detiene una cosa nell'interesse proprio (es. locatario) e non nell'interesse altrui (es. depositario).
L'azione può essere proposta entro un anno dallo spoglio e se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio. Può essere domandata anche contro chi è nel possesso in forza di un acquisto a titolo particolare consapevole dello spoglio (art. 1169 c.c.).
L'art. 1170 c.c. regola invece l'azione di manutenzione che tutela il possessore contro le molestie o le turbative nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili oppure nel caso di spoglio non violento o clandestino.
La distinzione tra spoglio e molestia riguarda la natura dell'aggressione all'altrui possesso: lo spoglio incide infatti direttamente sulla cosa che ne costituisce l'oggetto, sottraendola, in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la molestia si rivolge contro l'attività di godimento di quest'ultimo, disturbandone il pacifico esercizio ovvero rendendolo disagevole e scomodo (Cass., sez. II, 30 settembre 2016, n. 19586).
I presupposti dell'azione di manutenzione sono:
- le molestie e le turbative del possesso;
- l'animus turbandi ovvero la volontarietà dell'agente del fatto che determina la diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e la consapevolezza che esso è oggettivamente idoneo a modificarne o limitarne l'esercizio.
L'azione, in questo caso, può essere proposta solo dal possessore e non dal detentore in quanto l'art. 1170 c.c. presuppone il possesso del soggetto passivo della turbativa o molestia. Ne consegue ad esempio che l'affittuario del fondo rustico, essendo un mero detentore, non è legittimato a proporre l'azione.
Il termine annuale per l'esercizio dell'azione di manutenzione previsto a pena di decadenza decorre, dalla turbativa possessoria e non già dalla conoscenza che il possessore ne abbia avuto. L'onere di dimostrare il mancato decorso di tale termine, qualora venga sollevata eccezione sul punto, incombe su chi agisce ai fini della tutela possessoria (Cass., sez. II, 27 gennaio 2003, n. 1146).
Sulla proposizione delle azioni possessorie nei confronti della Pubblica Amministrazione, interessante la Sentenza n. 10285 del 21/06/2012 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha stabilito che le azioni possessorie possono essere esperite davanti al giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione, quando il comportamento della medesima non si ricolleghi ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell'ambito e nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, ma si concreti e si risolva in una mera attività materiale lesiva di beni, dei quali il privato vanti il possesso.
Se invece il soggetto si rivolge al giudice per domandare il controllo sulla legittimità dell'esercizio del potere, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, essendo competente il giudice amministrativo.
"Ne consegue che va affermato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ove il ricorrente, assumendo di essere stato molestato nel possesso di un terreno e di un'adiacente strada di sua proprietà, richieda la sospensione o l'eliminazione del provvedimento con cui l'amministrazione comunale abbia disposto la rimozione della recinzione e lo sgombero dell'area, al fine di ripristinare il libero transito dei mezzi agricoli usati da altri cittadini per raggiungere i propri fondi, non potendosi ravvisare nell'attività del comune un disturbo di fatto del possesso del bene vantato dal privato, quanto l'esercizio di una potestà pubblicistica rientrante nelle competenze municipali in materia di urbanistica e di circolazione stradale (Cass., S.U., 21 giugno 2012, n. 10285).