Le linee guida della responsabilità medica

05.05.2023

Cass. Pen. Sez IV, 7 giugno 2017, n. 28187 

La responsabilità penale medica sussiste allorquando un medico o un operatore sanitario, nell'esercizio della propria attività professionale, arreca un danno fisico o psicologico al paziente, talvolta anche fino al decesso, come conseguenza di una condotta colposa.

Si pensi, ad esempio, alla somministrazione di un farmaco in dosi errate, l'omissione di informazioni importanti sulla salute del paziente oppure un'errata manovra.

Ed è proprio in questo contesto che si inseriscono le c.d. linee guida che – secondo una nota definizione – costituiscono raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche[1]. In altri termini, sono dei documenti che hanno la funzione di "guidare", "orientare" i professionisti a prendere decisioni nei diversi ambiti dell'assistenza sanitaria, come la diagnosi, la terapia, la prevenzione e la gestione delle malattie.

In Italia, si affermano sul piano normativo dapprima con la Legge Balduzzi (189/2012) e, ad ultimo, con la Legge Gelli – Bianco (24/2017) che ha inserito nel codice penale l'art.590 sexies rubricato "Responsabilità colposa per morte o lesione personali in ambito sanitario", il cui comma due dispone: "Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto".

Il legislatore ha così inteso limitare l'esenzione da pena ai soli sanitari che si mostrino preparati sulle leges artis e aggiornati in relazione alle nuove acquisizioni scientifiche e allo scrutinio di esse da parte delle società e organizzazioni accreditate.[2]

Tuttavia, non sempre il rispetto delle linee guida esclude la colpa, soprattutto in presenza di un particolare quadro clinico.

Significativa in materia è la sentenza del 7 giugno 2017, n. 28187 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione.

La pronuncia trae origine da un ricorso presentato da un medico psichiatra - responsabile dell'ufficio Salute Mentale, nonché specialista di riferimento del piano riabilitativo – al quale si contestava di aver colposamente posto in essere, ai sensi dell'art.589 c.p., una serie di condotte attive ed omissive, qualificate come condizioni necessarie al gesto omicidiario commesso dal suo paziente nei confronti di un altro ricoverato, che unitamente all'imputato, era stato inserito nella struttura residenziale.

Il medico, infatti, dopo aver posto in regime di libertà vigilata il paziente, aveva, a fronte di miglioramenti, deciso di ridurre la quantità di farmaci somministrati optando – a parere della Corte - per una scelta terapeutica erronea.

Ebbene, il giudice nomofilattico, nel definire i profili di responsabilità, segue un percorso logico che passa attraverso una ricognizione sulla natura, nonché sull'utilizzazione delle linee guida che – sulla stregua delle consolidate acquisizioni – costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, metabolizzato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un'utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche.

Dunque - sottolineano gli ermellini – le linee guida non sono "strumento di precostituita, ontologica affidabilità", tanto meno indicano "una analitica, automatica successione di adempimenti", ma, più semplicemente, propongono direttive generali, istruzioni di massima, orientamenti.

Le stesse "vanno in concreto applicate senza automatismi, rapportandole alle peculiari specificità di ciascun caso clinico"; l'osservanza pedissequa delle linee guida "sarebbe irragionevole, vulnererebbe il diritto alla salute del paziente e quindi l'art. 32 Cost", con conseguente radicale depotenziamento della tutela della salute.

Difatti, ben potrà accadere che il professionista debba modellare le direttive, adattandole alle contingenze che momento per momento gli si prospettano nel corso dello sviluppo della patologia e che, in alcuni casi, si trovi a dovervi addirittura derogare radicalmente.

La Suprema Corte ha, altresì, precisato che le guidelines hanno un rilievo probatorio indubbio ma non esaustivo; "esse non possono fornire indicazioni di valore assoluto; non si può pregiudizialmente escludere la scelta consapevole del medico che ritenga, attese le particolarità del caso clinico, di dover coltivare una soluzione atipica."

Non tutti i pazienti sono uguali, né è necessariamente uguale la loro risposta alla medesima terapia, anche se identica è la patologia che li affligge; e ciò, a talune condizioni, comporta necessariamente un adattamento delle "regole d'ingaggio" al caso concreto e alle variabili che, nell'ambito di esso, entrano in gioco e suggeriscono di attenersi in misura maggiore o minore a protocolli e linee guida, o addirittura impongono di discostarsene. [3]

Purtroppo, non di rado le linee guida fungono da scudo della c.d. medicina difensiva, nel senso che - cullandosi nell'idea dell'impunità - il medico è indotto ad attenervisi sempre e comunque, anche quando il caso concreto è peculiare e impone un diverso trattamento terapeutico rispetto a quello in esse previsto.[4]

Diversamente, ciò che dovrebbe "guidare" il medico non è altro che la garanzia di una miglior cura per il paziente intesa non come una "entità astratta, metafisica, calata dall'alto e imposta al singolo paziente, anche a mezzo di raccomandazioni e Linee guida, dallo Stato o dalle istituzioni sanitarie, ma il frutto di una strategia concreta, individualizzata, che risponde non solo, e ovviamente, ad una precisa necessità terapeutica, una volta diagnosticata una certa malattia, ma anzitutto al concetto di dignità che di sé ha la singola persona" (Consiglio di Stato sentenza n.946/2022).

Dott.ssa Francesca Saveria Sofia

[1] Institute of Medicine. Guidelines for clinical practice: From Developement to Use. Washington DC; National Academic Press, 1992

[2] Corte di Cassazione Sez. Unite, n.8770/2017

[3] Corte di Cassazione Sezione IV, n.16237/2013

[4] La colpa medica: non solo linee guida; Nota a Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2010 (dep. 2 marzo 2011), n. 8254, Diritto penale contemporaneo, Paolo Piras, 2011