Legge 104: legittimo in licenziamento per chi abusa dei permessi

18.10.2024

Cass., Sez. lav., 03 maggio 2024, n. 11999

L'art. 3 della Carta costituente rappresenta uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico: viene, infatti, specificata l'importanza dell'uguaglianza e della dignità di ogni individuo. Esso afferma che tutti i cittadini devono godere delle stesse opportunità e diritti, indipendentemente dalle loro caratteristiche personali o sociali.

L'enfasi sull'uguaglianza giuridica è cruciale, poiché sancisce il diritto di ogni persona a essere trattata equamente dalla legge, senza discriminazioni.

Questo principio non è solo un'affermazione di diritti, ma implica anche un'attiva responsabilità da parte dello Stato: esso ha il compito di rimuovere gli ostacoli che possono impedire l'uguaglianza e la libertà dei cittadini.

La seconda parte dell'articolo evidenzia l'impegno della Repubblica nel promuovere le condizioni necessarie affinché ogni individuo possa svilupparsi pienamente.

Questo implica sia un'uguaglianza formale che sostanziale: l'art. 3 rappresenta un pilastro della nostra democrazia che mira a costruire una società inclusiva, dove ogni persona possa realizzare il proprio potenziale in un contesto di rispetto e dignità.

La Legge 104/1992, conosciuta anche come "Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap", riconosce e garantisce diritti fondamentali alle persone con disabilità, tra cui il diritto all'educazione, al lavoro, alla salute e all'integrazione sociale.

Essa prevede diverse forme di sostegno e agevolazione per le persone con disabilità e per le loro famiglie, come congedi retribuiti, permessi lavorativi e benefici fiscali: rappresenta, così, un importante passo avanti nella tutela dei diritti delle persone con disabilità in Italia, contribuendo a creare una società più inclusiva e attenta alle esigenze di tutti.

Menzione speciale tra le agevolazioni deve farsi per i "permessi retribuiti" previsti al co. 3 dell'art. 33 della Legge 104: consistono nel permesso, retribuito sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta e coperto anche ai fini pensionistici da contribuzione figurativa, di astenersi da lavoro.

L'agevolazione è riconosciuta a determinati soggetti ed in presenza di alcuni requisiti.

Possono, infatti, fruire dei permessi:

  • chi, disabile, è affetto da handicap in situazioni di gravità;
  • i familiari del disabile in situazione di gravità, quindi i genitori o il coniuge;
  • i parenti o affini entro il secondo grado della persona disabile in situazione di gravità.

In via eccezionale, la possibilità è estesa a partenti o affini entro il terzo grado nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona disabile in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Con l'ordinanza in commento la Corte di Cassazione ha deciso in merito al licenziamento intimato ad un dipendente che ha abusato dei permessi previsti dalla L. 104/1992 per assistere un familiare disabile.

Nel caso specifico un dipendente bancario veniva licenziato dopo aver attuato comportamenti scorretti durante un periodo di permesso, previsto dalla suddetta legge, per assistere la propria madre disabile.

Il dipendete impugnava il licenziamento, ma lo stesso è stato considerato legittimo in tutti i gradi di giudizio in quanto, a seguito di attività di indagine, è emerso che quanto svolto dal lavoratore nel periodo di permesso non era collegato all'assistenza della madre.

Precisamente, le decisioni vertono sul fatto che l'uso distorto dei permessi rappresenta una violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza che ogni dipendente dovrebbe rispettare.

Infatti, i permessi di cui alla L. 104/1992 non possono essere utilizzati per scopi diversi dalla legge.

Dott.ssa Linda Vallardi