Lo Sharenting: rischi e tutele connesse alla condivisione sui social delle foto di minori

08.05.2024

Dalla nascita dei primi social network, l'abitudine di condividere, o "postare", per usare un termine più corretto, è divenuta sempre più dilagante.

Oggi condividiamo di tutto: scatti di ciò che mangiamo, di ciò che stiamo facendo, di quanto bravi siamo stati per aver conseguito quel bel traguardo tanto sofferto, di dove ci troviamo o dove siamo stati in quella giornata … ma ci siamo mai fermati a riflettere sulla mole di informazioni che ogni giorno mettiamo al servizio dei "nostri follower" ?

La risposta è no? E pensare che siamo noi stessi a decidere di farlo … e se invece fosse qualcun altro a decidere quali nostre fotografie postare quotidianamente sui social network? Come ci farebbe sentire la cosa?

Ecco, questo è ciò che accade quando vengono postate immagini ritraenti bambini appena nati o, comunque, non ancora in pieno possesso delle facoltà per decidere fino a che punto vogliono che la loro immagine venga divulgata sui social network.

Per molti genitori condividere sui social network le immagini dei loro figli è diventata una vera e propria abitudine tanto che, secondo alcuni studi, sembrerebbe che in media ogni anno i genitori tendano a condividere all'incirca 300 fotografie dei propri figli.

Il fenomeno appena riferito, prende più comunemente, il nome di "Sharenting", un termine che deriva dall'unione del verbo "To Share" che significa "condividere" e "Parenting" che, invece, signfica "genitorialità".

Se all'apparenza, tale fenomeno, potrebbe sembrare innocuo, così non è, visti i rischi legati alla tutela dell'immagine dei minori, alla riservatezza dei dati personali nonché alla sicurezza digitale … fattori che potrebbero condurre ad un'esposizione alla pedopornografia.

Secondo numerosi studi, quando i genitori postano le immagini dei loro figli sui tre principali social network, non pensano alla loro esposizione a rischi più o meno gravi che possono passare dal furto d'identità alla divulgazione di informazioni personali che un domani potrebbero essere utilizzate impropriamente da altri, o peggio che gli stessi contenuti privati possano finire su siti pedopornografici.

A tal proposito, infatti, secondo l'indagine condotta dall'eSafety Commision australiana ha rilevato come almeno il 50% dei contenuti presenti su tali siti provenga dai tre principali social media (Facebook, Instagram e Twitter), sui quali sono gli stessi genitori a postare le immagini in modo del tutto inconsapevole.

Lo stesso termine "Sharenting", viene spesso e volentieri equivocato al punto che non è raro trovare sui social network delle fotografie in cui tale termine viene utilizzato come hashtag, nonostante il suo significato totalmente negativo.

Va da sé che ad oggi, sui social network è possibile notare quali siano le parole chiave più "in" e soprattutto in grado di far ottenere maggiore visibilità, ma il dato che davvero lascia perplessi risiede nel fatto che se molti genitori, condividono fotografie dei propri figli per abitudine, perchè sono avvezzi a condividere ogni momento della propria vita, molti altri potrebbero farlo al fine di ottenere una maggiore visibilità.

Tutto ciò conduce ad un'ulteriore considerazione. In un mondo digitale in cui siamo connessi continuamente e in cui condividiamo ogni singolo aspetto delle nostre vite, forse sarebbe ancor più opportuno utilizzare il termine "over sharenting", proprio in riferimento ad una condivisione eccessiva e costante delle immagini raffiguranti i minori.

Ma esiste una legge specifica sullo sharenting? La risposta, purtroppo, non può essere che negativa, tuttavia non siamo digiuni di sentenza che hanno dato ragione ai dei ragazzi che, raggiunta la maggiore età, hanno deciso di sporgere denuncia contro i loro genitori a causa della condivisione di immagini della loro infanzia senza il consenso dei diretti interessati.

Anche se la casistica è tutt'altro che vasta, v'è da riconoscere che la tutela della privacy non riguarda solo ed esclusivamente i genitori, ma va ad estendersi anche ai figli e quindi la condivisione di immagini che ritraggono tali soggetti, è senz'altro punibile.

Si può, a tal proposito, prendere in considerazione la sentenza del Tribunale di Mantova che ha condannato una madre a causa del suo rifiuto di eliminare dai propri canali social, le immagini della figlia. Ad opinione del giudice "L'inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero determinato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l'ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line di minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia. Il pregiudizio del minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicchè l'ordine di inibitoria e rimozione va impartito immediatamente"[1].

Si deve ricordare, in tale sede che il diritto del minore a non vedere violata la propria sfera privata e personale viene ribadita e confermata anche dalla Convenzione di New York, altrimenti nota come Convenzione dei diritti del Fanciullo, che l'Italia ha ratificato con la l.n. 176/1991 e che in particolare, nell'art.16 così dispone "1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti".

Le implicazioni, pertanto, sono diverse: dalla violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali, disciplinata da numerose convenzioni, e ad oggi anche dal GDPR, passando per una mancata tutela dell'immagine stessa del bambino che potrebbe comportare una perdita di controllo sulla sua stessa identità digitale spiegando effetti devastanti per il suo futuro, nonché tramite implicazioni psicologiche tutt'altro che banali.

Tali soggetti, infatti, possono essere esposti a critiche e giudizi spesso molto severi che potrebbero intaccare la loro psiche[2]. Si finisce poi con le implicazioni peggiori: si rischia di diffondere contenuti che potrebbero confluire in materiale pedopornografico o peggio, fornendo informazioni, che a primo avviso potrebbero sembrare innocue, si rischia di permettere l'adescamento dei soggetti minori in foto rappresentati.

Proprio sulla base di quanto appena detto, non è un mistero che i più grandi "sharenters" siano gli influencer come Mariano di Vaio, i cui figli ad oggi possiedono già un account social gestito interamente dai genitori, o ancora Chiara Ferragni e Fedez che hanno condiviso con i loro follower ogni momento di vita dei piccoli Leone e Vittoria.

Da pochi giorni, tuttavia, sui profili degli ormai, quasi, ex Ferragnez, le foto che ritraggono i bambini sono caratterizzate per il fatto che i volti non sono più visibili. Quasi sicuramente, il gesto di ritrarre i bambini di spalle si può imputare al fatto che i genitori sarebbero alle prese con la separazione e che pertanto, entrambi starebbero evitando di condividere le foto senza il consenso dell'altro.

Altro esempio noto, è quello di Giulietta Rossi, la figlia del celebre campione di motociclismo Valentino Rossi e della modella Francesca Sofia Novello, di cui ad oggi, nonostante abbia 2 anni, non si conosce il volto perchè mamma Francesca e papà Valentino, ritraggono la piccola di spalle o con adesivi a coprirne il visino. Ma questa tattica degli adesivi che coprono il volto dei minori, è davvero efficace?

Sicuramente è un vero e proprio passo in avanti nella tutela dell'immagine dei minorenni, alla quale, tuttavia, si potrebbero accompagnare tattiche come il non immortalare i minori dinanzi a luoghi, da essi abitualmente frequentati o, che riportino dei dati che potrebbero essere rubati.

Insomma... quello dello sharenting è un fenomeno sempre più preoccupante ed in rapida ascesa. Alla Camera dei deputati, infatti, è approdata una proposta di legge intitolata "Disposizioni in materia di diritto all'immagine dei minorenni", presentata da Alleanza Verdi-Sinistra, che ha come obiettivo principale quello di arginare i pericoli dello sharenting.

La proposta si articola in tre punti ben precisi che anziché violare l'esposizione dei minorenni, semplicemente la limitano facendo soggiacere la condotta dei genitori, a delle limitazioni. Possiamo riassumerla così:

  1. introdurre l'obbligo di informare l'AGCOM tramite una dichiarazione che va sottoscritta da entrambi i genitori;
  1. versare eventuali introiti ottenuti tramite l'esposizione dei minori, in un conto bancario ad egli intestato, in modo da evitare lo sfruttamento a fini commerciali;
  1. permettere al minore di 14 anni di età di ottenere l'oblio digitale richiedendo la rimozione di ogni contenuto che lo vede raffigurato dal web.

Dott.ssa Martina Carosi


[1] Tribunale di Mantova, 19 settembre 2017

[2] Si pensi alle critiche che, per esempio, ha ricevuto Santiago De Martino sul proprio aspetto fisico, sotto alle foto della celebre mamma Belen Rodriguez. O ancora, la piccola Vittoria Lucia Ferragni che spesso è stata criticata perchè alla sua età non si esprimeva, a detta di tali utenti, in modo addeguato.