Il contrasto al fenomeno della ludopatia attraverso le limitazioni poste dalle ordinanze comunali
Consiglio di Stato, sez. V, 20 febbraio 2024, n.1670
Il Consiglio di Stato si pronuncia su un ricorso presentato da una società concessionaria del gioco del bingo che aveva impugnato un'ordinanza, davanti al Tar competente, con cui il Comune disciplinava gli orari di funzionamento delle sale giochi e degli apparecchi con vincita in denaro.
A sostegno della domanda di annullamento, la società deduceva, in particolare, la violazione dell'art. 50, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), in quanto ritenuta norma inconferente ai fini dell'adozione di provvedimenti limitativi degli orari di apertura degli esercizi in questione. Inoltre tali limiti, adottati con provvedimenti carenti dal punto di vista dell'istruttoria procedimentale, si rivelavano inidonei a ridurre l'accesso ai giochi.
Il giudice di prime cure, motivando sulla propria statuizione, aveva affermato: "il potere esercitato dal Comune trova il proprio fondamento normativo nell'art. 50 del TUEL; la normativa in materia di gioco d'azzardo, con riguardo alle sue conseguenze sociali su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché al suo impatto sul territorio, non era riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'art. 117, comma 2, lett. h), della Costituzione, bensì era ascrivibile alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabile della quiete pubblica, attribuita al Comune ai sensi degli articoli 3 e 5 del TUEL". Inoltre il Tribunale Amministrativo aveva evidenziato che le limitazioni poste dalle ordinanze erano idonee a prevenire, contrastare e ridurre il fenomeno ludopatico, nonché il rischio di dipendenza patologica derivante dalla frequentazione di sale da gioco o scommessa e dall'utilizzo di apparecchiature per il gioco.
La società proponeva perciò appello al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza impugnata sulla circostanza che l'amministrazione non avrebbe svolto un'analisi della realtà concreta nel contesto comunale. Del pari non potrebbe attribuirsi pregio al riferimento ai SerT (Servizi per le Tossicodipendenze) del Dipartimento dipendenze della ASL del Comune interessato dal provvedimento, posto che tali dati non sarebbero supportati da validi elementi probatori. "Peraltro, dai provvedimenti impugnati deriverebbe un effetto discriminatorio che andrebbe a compromettere l'omogeneità del trattamento riservato ai diversi canali di distribuzione e alle diverse tipologie di gioco lecito. In particolare, vi sarebbe una discriminazione tra il canale di distribuzione fisico e quello con distribuzione online, nonché quello tra i vari giochi leciti".
Con il secondo motivo di appello, l'appellante censurava la sentenza nella parte in cui non aveva accertato la violazione del principio di proporzionalità tra le misure adottate e la compressione della libertà di iniziativa economica. Infatti: "le ordinanze avrebbero in maniera incongrua e arbitraria annichilito l'iniziativa economica degli operatori del gioco legale. Nel dettaglio, la disposta chiusura delle sale da gioco dalle ore 12.00 alle ore 18.00 e dalle ore 23.00 alle ore 9.00 determinerebbe un abbattimento dei ricavi di oltre il 60%".
Il Consiglio di Stato ribadiva la tesi del Tar in punto di competenza sulla normativa in materia di gioco d'azzardo, affermando: " - con riguardo alle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché all'impatto sul territorio dell'afflusso ai giochi degli utenti - non rientra nella competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'art. 117 comma 2 lett. h), Cost., bensì nella tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ai sensi degli articoli 3 e 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267".
Inoltre il provvedimento restrittivo impugnato costituisce "un crocevia di valori nel quale confluiscono una pluralità di interessi che devono essere adeguatamente misurati e contemperati; in particolare tale bilanciamento si rinviene nella disciplina degli orari di apertura e funzionamento delle sale da gioco autorizzate. I soggetti concessionari e gestori di sale da gioco mirano alla massimizzazione dei loro profitti al fine di ottenere la remunerazione dei loro investimenti economici attraverso la più ampia durata giornaliera dell'apertura dell'esercizio".
"Nella fattispecie in esame, invero, la previsione di una limitazione oraria mira inequivocabilmente a contrastare il fenomeno della ludopatia, inteso come disturbo psichico che induce l'individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano familiare e professionale, nonché con l'innegabile dispersione del patrimonio personale".
Pertanto, sulla asserita violazione del principio di proporzionalità, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire come «il principio di proporzionalità impone all'amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato; definito lo scopo avuto di mira, il principio di proporzionalità è rispettato se la scelta concreta dell'amministrazione è in potenza capace di conseguire l'obiettivo (idoneità del mezzo) e rappresenta il minor sacrificio possibile per gli interessi privati attinti (stretta necessità), tale, comunque, da poter essere sostenuto dal destinatario (adeguatezza)».
"È quindi da ritenere proporzionata la scelta del Comune, poiché in potenza capace di conseguire l'obiettivo prefissato e pertanto tale da giustificare il sacrificio imposto al diritto di impresa dei privati".
In conclusione il potere amministrativo sovente collide con gli interessi dei singoli destinatari intercettati dagli effetti del suo esercizio, in tale prospettiva l'analisi e l'iter procedimentale che conducono all'adozione del provvedimento devono ispirarsi al necessario contemperamento dell'interesse pubblico, che nella vicenda comprende la tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, con quello di cui sono portatori i gestori degli esercizi commerciali: la massimizzazione dei profitti al fine di ottenere la remunerazione degli investimenti economici realizzati.