L’ Avvocato non può rinunciare al gratuito patrocinio
Cass. civ. sez. II, n. 31928/2023
ARTICOLO 24 COSTITUZIONE
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.
"Il gratuito patrocino è un diritto soggettivo della parte e il difensore è privo del potere di rinunciarvi".
È quanto ha affermato la seconda sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 31928/2023.
Il patrocinio a spese dello Stato disciplinato dall' art. 74 DPR 115/2002, o anche detto "gratuito patrocinio", è un istituto che consente ai soggetti meno abbienti di agire e difendersi di fronte all'autorità giudiziaria. Ciò vuol dire che sono a carico dello Stato le spese di un procedimento, pertanto, il difensore non riceve il compenso dalla parte ma dallo Stato. Il legale non può chiedere compensi o rimborsi da parte del cliente ammesso al gratuito patrocinio; infatti, ogni patto contrario [1]è nullo e la violazione del divieto costituisce grave illecito disciplinare professionale.
In particolare, è assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate, nonché nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato, condannato, persona offesa da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria.
Sottolineo già da ora che il patrocinio a spese dello Stato va distinto dalla difesa d'ufficio prevista in materia penale e che garantisce il diritto di difesa a ciascun soggetto parte del processo, tant'è che è nominato dal PM o dal giudice, mentre l'avvocato con il gratuito patrocinio è scelto dal soggetto (parte).
Requisito per l'accesso al gratuito patrocinio, fondamentale è il reddito.
Per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato è necessario che il richiedente sia titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a € 11.746,68 (d.m. 23 luglio 2020 in GU n. 24 del 30 gennaio 2021). Se l'interessato convive con il coniuge, l'unito civilmente o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante.
Possono beneficiare del gratuito patrocinio:
- i cittadini italiani;
- i cittadini stranieri o gli apolidi, purché si trovino regolarmente sul territorio nazionale;
- gli enti senza scopo di lucro o le associazioni.
Invece, sono esclusi i soggetti già condannati con sentenza definitiva per:
- associazione di tipo mafioso anche straniere (art. 416 bis c.p.);
- reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p.;
- reati commessi al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso (ex art. 416 bis c.p.);
- associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
- produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope e associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope.
La domanda di ammissione in ambito civile si presenta presso la Segreteria del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, competente rispetto al:
- luogo dove ha sede il magistrato davanti al quale è in corso il processo;
- luogo dove ha sede il magistrato competente a conoscere del merito, se il processo non è ancora in corso;
- luogo dove ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato per i ricorsi in Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti.
Fatta questa premessa sull'Istituto, veniamo al commento dell'ordinanza oggetto di questo scritto.
Nella vicenda che ha chiamato gli Ermellini, l'attore chiedeva la condanna del convenuto al pagamento del doppio della caparra versata, posto che quest'ultimo si era rifiutato, dopo il preliminare, di concludere il definitivo. La Corte ha accolto le doglianze e cassato la sentenza impugnata affermando che "il difensore del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ha chiesto nella memoria depositata in prossimità dell'udienza di distrarre le spese in favore del procuratore, con rinunzia al beneficio del patrocinio".
Invero, ha precisato, facendo richiamo ad un'altra decisione degli emeriti del 2021[2], che "la presentazione dell'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non costituisce rinuncia implicita al beneficio da parte dell'assistito, attesa la diversa finalità e il diverso piano di operatività del gratuito patrocinio e della distrazione delle spese - l'uno volto a garantire alla parte non abbiente l'effettività del diritto di difesa e l'altra ad attribuire al difensore un diritto in rem propriam - con la conseguenza che il difensore è privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte, compreso il diritto soggettivo all'assistenza dello Stato per le spese del processo, potendo la rinuncia allo stesso provenire solo dal titolare del beneficio, e tenuto conto, peraltro, che l'istituto del gratuito patrocinio è revocabile unicamente nelle tre ipotesi tipizzate nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 norma eccezionale, come tale non applicabile analogicamente".
Processualmente l'ordinanza ha concluso che "il difensore non può agire sui diritti sostanziali della parte, incluso il diritto all'assistenza dello Stato per le spese legali. La rinuncia può provenire solo dal beneficiario stesso, considerando che il patrocinio a spese dello Stato può essere revocato solo in casi specifici indicati dal Dpr n. 115 del 2002, art. 136, normativa eccezionale e non estendibile per analogia. Di conseguenza, avendo la parte beneficiaria del patrocinio statale vinto la causa, è stata condannata al pagamento delle spese in favore dello Stato, mentre il difensore dovrà richiedere il proprio compenso secondo quanto previsto dagli articoli 82 e 130 del medesimo Dpr".
Praticamente, invece, "essendo risultata vittoriosa la parte ammessa al patrocinio statale, la condanna alle spese va pertanto disposta in favore dello Stato e il difensore dovrà poi chiedere la liquidazione del proprio compenso ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R."
La Cassazione ricorda anche che il giudice civile non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente: "in tal modo si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l'eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero".
[1] Cd. patto di quota lite
[2] Cass., sez. un., n. 8561/2021