Mediazione obbligatoria solo per l’atto introduttivo e non per le domande riconvenzionali
Cass. Civ., Sezioni Unite, 7 febbraio 2024, n. 3452
«La condizione di procedibilità prevista dall'art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l'intero corso del processo e laddove possibile».
Che cos'è la mediazione?
La mediazione è l'attività professionale svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
Il 21 marzo 2011(con il D.lgs 28/2010 come modificato dal D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013) è entrata in vigore la riforma che ha introdotto in Italia il sistema della Mediazione Civile, che si affianca alla riforma del Processo Civile e al Programma di Digitalizzazione della Giustizia con cui s'intende intervenire nella fase di lavorazione delle cause. L'obiettivo principale della riforma è stato quello di ridurre il flusso in ingresso di nuove cause nel sistema giudiziale, offrendo al cittadino uno strumento più semplice e veloce per risolvere le controversie con tempi molto brevi e costi molto contenuti e certi.
Alla luce della normativa sopra citata, i principi fondamentali cui è ispirata la mediazione sono:
- centralità delle parti (non di soggetti terzi);
- ripristino della comunicazione tra le stesse;
- superamento delle posizioni giuridiche ed emersione dei reali interessi sottesi alla lite;
- soluzione della lite non basata sulle norme applicabili al singolo caso, né imposta da un terzo;
- non c'è una parte vittoriosa e una perdente ma si persegue il pieno soddisfacimento di tutte le parti in lite;
- l'accordo, se sarà raggiunto, è raggiunto dai litiganti in conformità alle specifiche peculiarità della singola lite.
Orbene, anche la legislazione europea si è occupata della Mediazione civile e commerciale, con la Direttiva 2008/52/CE del 21 maggio, fornendo agli Stati membri le linee da seguire per facilitare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e per promuovere la composizione amichevole delle medesime, facendo una luce particolare sulle controversie transfrontaliere.
C'è anche da dire che, le istituzioni europee avevano già da tempo iniziato ad occuparsi della tematica… Sebbene la nostra normativa interna non menzioni specificamente la direttiva 2008/52/CE, vi è un "intimo" rapporto tra le due norme e tra i tanti punti in comune vi è il collegamento tra l'ambito oggetto di regolazione comunitaria, coincidente con quello disciplinato dalla normativa nazionale e si prescrive al legislatore delegato di disciplinare la mediazione nel rispetto ed in coerenza con la normativa comunitaria.
La Mediazione può essere classificata in quattro tipologie:
- Mediazione obbligatoria (art. 5, co. 1 – bis, D.lgs 28/2010);
- Mediazione delegata dal Giudice (art. 5 co. 2, D.lgs. 28/2010);
- Mediazione a seguito di una clausola contrattuale (art. 5, co. 5, D.lgs. 28/2010);
- Mediazione volontaria (art. 2, D.lgs. 28/2010).
Oggi la mediazione è condizione di procedibilità (ovvero deve essere obbligatoriamente e preliminarmente tentata prima di poter andare in giudizio) nei casi di una controversia in materia di:
- diritti reali (proprietà, usufrutto, usucapione, compravendite immobiliari ecc.);
- divisione e successioni ereditarie;
- patti di famiglia;
- locazione e comodato;
- affitto di aziende;
- risarcimento danni da responsabilità medica e sanitaria;
- diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità;
- contratti assicurativi, bancari e finanziari;
- condominio.
Esperire un tentativo di conciliazione è inoltre obbligatorio quando la mediazione è demandata da un giudice oppure quando è prevista da clausole contrattuali o statutarie (clausole compromissorie).
Ora, venendo alla questione posta alle Sezioni Unite della Cassazione e analizzata in questo scritto, esse hanno reputato di risolvere tale questione escludendo che il tentativo obbligatorio di conciliazione sia condizione di procedibilità della proposizione della domanda riconvenzionale esponendo alcune considerazioni…
Partendo dall'analisi delle ragioni, prima tra tutte vi è quella "secondo cui l'ammissibilità delle domande riconvenzionali, avanzate dal convenuto nel giudizio introdotto in via principale dall'attore, è subordinata alla comunanza del titolo già dedotto in giudizio dall'attore o da quello che appartiene alla causa come mezzo di eccezione – come recita l'art. 36 c.p.c. – ma al solo fine di ritenerle devolute al medesimo in quanto rientrino nella sua competenza per materia o per valore" e analoga "comunanza" della lite si richiede, dice la Corte, "al fine di reputare ammissibile la domanda riconvenzionale, che pure non importi lo spostamento di competenza". Infatti anche alla luce di quanto detto dalla giurisprudenza di legittimità[1], si esige «un qualsiasi rapporto o situazione giuridica in cui sia ravvisabile un collegamento obbiettivo tra domanda principale e domanda riconvenzionale, tale da rendere consigliabile e opportuna la celebrazione del simultaneus processus».
Ma… Quali sono state le ragioni dell'esclusione della mediazione obbligatoria per le domande riconvenzionali?
Innanzi tutto, come anche detto sopra, "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di … è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione», quale «condizione di procedibilità della domanda giudiziale" ed è anche disposto che l'improcedibilità sia eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza.
Il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'Art. 6 ossia, tre mesi, più tre su accordo delle parti.
Gli interpreti sono soliti distinguere tra domanda riconvenzionale collegata all'oggetto della lite e domanda riconvenzionale ad essa "eccentrica".
Partendo dalla premessa che la domanda riconvenzionale va ad ampliare l'ambito della controversia rispetto ai limiti posti alla stessa in sede di esperimento del tentativo di conciliazione di cui alla domanda principale e che essa investe aspetti nuovi della controversia, che se conosciuti e valutati dalle parti unitamente a quelli per i quali vi è già vertenza giudiziaria, potrebbero condurre ad una definizione bonaria della lite, evitando l'intervento del giudice… Diciamo che la legge non prevede espressamente né che la riconvenzionale sia sottoposta a mediazione obbligatoria, né le modalità processuali di tale eventualità ed il legislatore e nulla ha ritenuto di disporre al riguardo poiché, va da sé osservare che, la mediazione essendo già stata esperita per l'introduzione del giudizio e senza esito positivo, dunque prima del processo o nel termine concesso dal giudice, dall'attore, la condizione di procedibilità si ritiene "adempiuta" e la lite pende ormai innanzi ad un giudice, che ne resta investito.
Concludendo, con riguardo alla riconvenzionale c.d. non eccentrica si induce a ritenerla non sottoposta alla condizione della mediazione obbligatoria, in quanto si collega all'oggetto del processo già introdotto dall'attore e con riguardo alla mediazione obbligatoria, questa si collega non alla domanda sic et simpliciter, ma al processo, che ormai è pendente facendo venire meno la funzione dell'istituto (deflattiva).
[1] Cass. 19 ottobre 1994, n. 8531; nonché, tra le tante, Cass. 14 gennaio 2005, n. 681; Cass. 4 luglio 2006, n. 15271; Cass. 15 gennaio 2020, n. 533; Cass. 4 marzo 2020, n. 6091