Il Minore può evitare l’adozione grazie alla disponibilità dei nonni

02.10.2024

Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 agosto 2024, n. 23320

All'esito del giudizio di primo grado, il Tribunale per i minorenni di Milano aveva dichiarato lo stato di adottabilità di un minore.

Avverso la decisione del Tribunale, aveva proposto ricorso in Appello la nonna del bambino, ma, in seguito all'esito della CTU svolta per la valutazione delle capacità genitoriali della madre nonché della nonna, la Corte d'Appello aveva respinto il gravame.

In particolare, il giudice di secondo grado, aveva dato rilievo alla relazione dei servizi sociali del 2021 dalla quale emergeva che la nonna del minore aveva mostrato gravi criticità nell'assolvere il proprio ruolo genitoriale relativamente alle proprie figlie, tra le quali figurava proprio la mamma del minore, e pertanto, non era "rispondente ai bisogni di crescita e di sicurezza del minore", poiché la stessa appellante, aveva mostrato un atteggiamento minimizzante nei confronti del minore avendo, consentito allo stesso, di incontrare la madre durante la vigenza del divieto di incontro, non cogliendo nemmeno la gravità della propria condotta.

La stessa Corte d'Appello, inoltre, aveva evidenziato come la nonna fosse coinvolta nel conflitto genitoriale con la figlia, nonché madre del minore, finendo per minimizzare anche il fatto che la figlia durante la gravidanza avesse usato sostanze stupefacenti.

Per tali ragioni, il giudice d'Appello ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta di affido del minore alla nonna che si fondava sulla semplice volontà di tenere il bambino in famiglia per via del legame di sangue.

Avverso tale pronuncia, la nonna ricorreva in Cassazione.

Con un unico motivo di ricorso, la nonna adduceva la violazione dell'art.7 l.n.184/1983 relativamente alla sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità del minore.

Evidenziava che la dichiarazione di adottabilità è un'extrema ratio, in quanto il minore ha diritto a crescere nella propria famiglia d'origine e che tale diritto può essere sacrificato solo ed esclusivamente in presenza di situazioni che denotano carenze significative e quindi un vero e proprio stato di abbandono.

Nel proprio ricorso, rilevava, inoltre, che il predetto stato di abbandono nei confronti del nipote non si sarebbe mai verificato che la Corte d'Appello si sarebbe basata su una CTU elaborata da un consulente che non aveva mai avuto modo di incontrare la ricorrente in presenza del minore e che pertanto, si fondava esclusivamente su quanto relazionato in precedenza dagli assistenti sociali che avevano assistito a soli tre incontri della durata di un'ora ciascuno, in cui erano presenti anche altri familiari, la cui presenza era stata ostativa nell'instaurazione di un rapporto affettivo del minore con la propria famiglia.

Per gli Ermellini il ricorso è fondato.

In particolare, ripercorrendo una serie di pronunce importantissimi, la Corte di Cassazione ha ricordato che il minore gode del diritto prioritario di rimanere nel proprio nucleo familiare di origine "quale tessuto connettivo della sua identità".

Inoltre, ha fornito un'interpretazione adeguatrice dell'art.27, comma 3 della l.n.184/1983 relativamente al perseguimento in concreto del superiore interesse del minore ritenendo che "la perdita dei legami di sangue non implica necessariamente quella dei legami sociali e di fatto".

A ragion del vero, infatti, anche la Corte Costituzionale, operando un'interpretazione conforme a Costituzione ha affermato che "la cessazione dei rapporti con la famiglia biologica, prevista dalla norma in esame, attiene al solo piano delle relazioni giuridico-formali. Quanto, invece, alla interruzione dei rapporti di natura socio-affettiva, la norma racchiude una presunzione solo iuris tantum che il distacco di fatto dalla famiglia d'origine realizzi l'interesse del minore. Simile presunzione non esclude che, sulla scorta degli indici normativi desumibili dalla stessa legge n. 184 del 1983, letti nella prospettiva costituzionale della tutela del minore e della sua identità, il giudice possa accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con alcuni componenti della famiglia d'origine realizzi il migliore interesse del minore e, per converso, la loro interruzione sia tale da poter cagionare allo stesso un pregiudizio".

Ciò posto, quindi, per la Corte di Cassazione, la sentenza oggetto di gravame non è conforme ai principi di cui sopra in quanto l'inadeguatezza della nonna ad accudire il nipotino sarebbe stata valutata sulla base di elaborati peritali a cui non era stato dato adeguato seguito con approfondimenti come previsto nei termini di concretezza e attualità.

Per tale ragione, la corte ha ritenuto necessario accogliere il ricorso in applicazione del seguente principio di diritto: "In tema di dichiarazione di adottabilità di minori, la dichiarazione dello stato di abbandono morale e materiale richiede un accertamento in concreto e nell'attualità dei suoi presupposti, all'esito di un attento monitoraggio delle figure genitoriali e dei parenti entro il quarto grado disponibili ad accudire il bambino, al fine di stabilire se il best interest del minore sia quello di crescere nella famiglia di origine o altrove, valutando, poi, ove i genitori risultino inidonei, le capacità vicarianti dei menzionati familiari anche con l'ausilio di interventi di supporto, ovvero la possibilità di procedere a un'adozione mite, eventualità queste ultime in grado di impedire la dichiarazione di adottabilità, e comunque verificando la presenza delle condizioni per mantenere, sempre nell'interesse del minore, incontri tra il medesimo e detti familiari, pur a seguito della dichiarazione di adottabilità".

Ha, pertanto, cassato la sentenza impugnato e rinviato alla Corte d'Appello di Milano.

Dott.ssa Martina Carosi