L’ offensività delle frasi profferite per il delitto di diffamazione
Cass. pen., Sez. V, 4 luglio 2023, n. 28771
Con la sentenza dello scorso 4 luglio 2023, i giudici di legittimità hanno sancito la possibilità di ricorrere per cassazione per profili sostanziali e non meramente procedurali, purché il sindacato della Corte di legittimità si limiti, come nel caso in esame, a conoscere e valutare l'offensività delle frasi lesive della altrui reputazione così da premettere di valutare la sussistenza o meno della materialità della condotta di diffamazione ex art. 595 c.p. e la portata concretamente offensiva delle frasi ritenute diffamatorie
Nel caso di specie, all'imputata, funzionario amministrativo di un Ateneo universitario, veniva contestato il tenore diffamatorio dell'espressione: "E pertanto risulta incomprensibile il contenuto ed il tono della Sua comunicazione, del tutto in linea, spiace dire, con la condotta e le azioni perpetrate a mio danno dalla Sua persona nell'ultimo periodo", rivolta al Direttore generale dell'Università e contenuta nella replica ad una pregressa comunicazione ricevuta dallo stesso Direttore generale dell'Ateneo.
L'imputata veniva condannata dal Giudice di Pace in primo grado e anche dal Tribunale in secondo grado, con risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.
La difesa proponeva ricorso in Cassazione adducendo, tra i vari motivi, il vizio di violazione di legge in riferimento agli artt. 51 e 595 c.p., nonché all'art. 533 c.p.p., per l'insussistenza del reato in ragione del fatto che l'imputata si era limitata a replicare ad una precedente comunicazione della parte civile, impropria quanto al contenuto ed ai termini utilizzati, destinando la propria emali agli stessi soggetti a cui era stata indirizzata la comunicazione originaria della parte civile e, in ogni caso, con toni e contenuti consoni al legittimo esercizio del diritto di critica e di replica, nel contesto di una legittima interlocuzione in ambito lavorativo.
I giudici di legittimità hanno accolto il motivo di ricorso, decidendo per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste, con conseguente revoca delle statuizioni civili.
Infatti, gli ermellini hanno ritenuto che le frasi profferite dalla ricorrente di cui al capo di imputazione siano espressione del riconosciuto diritto di critica e di replica dato che, in virtù del principio di continenza verbale, "in misura ragionevole, non certamente aggressiva, irrispettosa o inutilmente virulenta od acrimoniosa", l'imputata si era limitata a ribattere alle affermazioni della persona offesa, che si era legittimamente lamentata per il ruolo a suo giudizio improprio che il funzionario aveva svolto esprimendo valutazioni non opportune.