Omesso versamento dell’assegno di mantenimento: assolto il padre se il nonno si è obbligato al versamento

03.08.2024

Cass. pen., Sez. VI, Sent., 03 Giugno 2024, n. 22276 

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Con la sentenza n. 22276 del 03.06.2024 la Corte di Cassazione ha assolto il padre dal reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, a seguito dell'obbligo formale assunto dal nonno al versamento dell'assegno di mantenimento.

La decisione trae origine dal ricorso dell'imputato, avverso la sentenza della Corte d'appello di Catania, che aveva confermato la decisione di condanna del Tribunale di Ragusa, ritenendo il soggetto responsabile del reato di cui all'art. 570 comma 2 n. 2 c.p., per omesso versamento dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile in favore dell'ex moglie e del figlio minore della coppia.

L'imputato fonda il proprio ricorso sui seguenti motivi: 1) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dello stato di bisogno in capo alla ex mogli e al figlio minore. 2) Violazione di legge in relazione alla ritenuta capacità da parte dell'imputato di far fronte agli obblighi posti a suo carico con provvedimento del 26 novembre 2011. 3) Violazione di legge in ordine alla ritenuta configurabilità del reato anche dopo la scrittura privata intervenuta tra le parti nel 2015, mediante la quale il padre dell'imputato volontariamente si impegnava a subentrare al figlio nell'adempimento dell'obbligo posto a suo carico. 4) Vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale non si è confrontata con le deduzioni della difesa che aveva evidenziato l'incensuratezza dell'imputato e il suo comportamento processuale.

La Sesta sezione penale della Corte di cassazione, a seguito della ricezione del ricorso ha così motivato la decisione.

La Corte premette che la condanna è intervenuta per l'intero periodo in contestazione dal 2014 sino alla sentenza di primo grado nel 2018.

Continua nella motivazione affermando come la Corte d'appello abbia correttamente applicato il principio di diritto, secondo il quale, "integra il reato di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., la condotta del soggetto obbligato che, non versando in uno stato di indigenza, determinante l'assoluta impossibilità di contribuire al mantenimento della prole, si limita ad effettuare versamenti occasionali, ovvero sostituisce arbitrariamente la somma di danaro stabilita dal giudice civile con "regalie" di beni voluttuari o comunque inidonei ad assicurare il quotidiano soddisfacimento delle esigenze primarie".

Ciò con riferimento a quanto dedotto a sostegno del secondo motivo, ove l'imputato ha sostenuto che sino al 2015 aveva contribuito alle spese scolastiche del figlio, e gli aveva fatto anche dei regali. Quanto alla capacità di adempiere, la Corte d'appello evidenziava che l'imputato non aveva dimostrato l'assoluta incapacità di adempiere ed, inoltre, è stato provato che svolgeva attività di bracciante agricolo e percepisse ulteriori redditi in nero.

Gli ermellini ribadiscono la regola iuris in base alla quale incombe sull'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere, e la responsabilità non può essere esclusa solo sulla mera base della documentazione attestante lo stato di disoccupazione (Sez. VI, n. 7372 del 29/01/2013).

Al contrario secondo la Corte quanto citato dal difensore dell'imputato sul punto attiene, invece, alla diversa ipotesi di cui all'art. 570-bis c.p., che punisce gli inadempimenti degli obblighi economici originati dal procedimento di separazione dei coniugi, tanto nei confronti dei figli, quanto nel caso in cui tali obblighi siano imposti in favore del coniuge separato. Alla materia che accomuna entrambe le fattispecie, solo nel caso di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2 c.p., si aggiunge l'elemento specializzante dello stato di bisogno, che giustifica un diverso bilanciamento dei beni in conflitto.

Infine, la Cassazione afferma che, in relazione al periodo tra il 2015 e il 2018 (contestato al primo e terzo punto del ricorso), la sentenza oggetto di gravame non ha tenuto in considerazione la scrittura privata, ratificata dal Tribunale, ove il nonno paterno si assumeva l'obbligo del mantenimento in luogo del figlio. E, pertanto, il padre dell'imputato ha pagato per conto dell'imputato quanto previsto dal giudice civile sul punto del mantenimento. Tale ipotesi, secondo gli ermellini, è ben diversa da quella di percezione di eventuali elargizioni a carico della pubblica assistenza, ovvero da quella nella quale i genitori delle parti intervengono in ausilio dei figli donando quanto nelle loro possibilità, così contribuendo su base volontaria al mantenimento dei nipoti, o, ancora, da quella in cui provveda in tutto o in parte al mantenimento l'altro genitore con i proventi del proprio lavoro.

Tali ipotesi non eliminano lo stato di bisogno, al contrario, invece qualora un congiunto assuma formalmente l'obbligazione, si ritiene che l'obbligato originario, a mezzo terzo, abbia adempiuto al versamento dell'obbligazione.

Pertanto, la Corte conclude, annullando la sentenza impugnata, in relazione a tali punti e rinvia alla Corte d'appello, affinché rivaluti la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, alla luce del principio di diritto enunciato.

Dott. Domenico Ruperto