Pornografia non consensuale: un fenomeno in continua espansione

21.06.2023

Al giorno d'oggi, soprattutto con la diffusione dei mezzi di comunicazione e l'utilizzo dei social media che permettono di mantenere contatti in tutto il mondo, il fenomeno della pornografia non consensuale, o meglio conosciuto come "revenge porn", è uno dei più frequenti ed allarmanti.

Si tratta, infatti, della condivisione pubblica di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito attraverso Internet, senza il consenso dei soggetti che ne sono protagonisti, per vendicarsi di qualcuno (molto spesso nei confronti dell'ex compagno/a).

Nel 2019 la Legge n. 69 (il cosiddetto Codice Rosso) ha introdotto il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, punito all'art. 612 ter del codice penale. Lo stesso punisce "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d'ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio".

Il bene giuridico tutelato dalla norma è la libertà di autodeterminazione della persona, come si può intuire dalla collocazione nella Sezione III del codice penale dedicata ai delitti contro la libertà morale ed individuale della persona. È una fattispecie plurioffensiva in quanto tutela l'onore, il decoro, la reputazione, la privacy così come l'onore sessuale della singola persona.

I primi due commi hanno come oggetto della condotta immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a restare privati, senza il consenso delle persone rappresentate; la differenza sta proprio nel soggetto attivo del reato e nella finalità della condotta dello stesso. Si differenziano, inoltre per la diversità di dolo, consistente, nella prima condotta, nella semplice coscienza e volontà di inviare, consegnare, cedere, pubblicare, diffondere materiale senza il consenso della persona offesa (cd. dolo generico) mentre il comma 2 si caratterizza per il fine di recare nocumento alla stessa (cd. dolo specifico).

Gli ultimi dati della Polizia Postale sono particolarmente allarmanti: infatti, da gennaio ad ottobre 2021 si sono registrati incrementi delle condotte esaminate superiori del 40% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e nei primi mesi del 2022 risultavano ben 52 gli indagati per il delitto di revenge porn.

Preoccupanti sono anche i dati pubblicati dall'associazione no-profit Permesso Negato[1], che ha diffuso a novembre 2022 i dati del report "State of Revenge 2022": ad oggi 2 milioni di italiani sono stati vittime di revenge porn, 14 milioni hanno visto le immagini di vittime ed 1 italiano su 6 ha prodotto contenuti pornografici.

Gravissima, poi, la situazione sui canali e sui gruppi Telegram: si è passati dai 17 gruppi o canali e 1'147 milioni di utenti, dedicati allo scambio di porno non consensuale, ai 29 e 2'223 milioni di clienti.

Le statistiche, però, mettono in luce un ulteriore drammatico fatto: la prima risposta che il 51% delle vittime ha dopo aver subito un episodio di revenge porn è di tentare il suicidio. Ne è un esempio la vicenda di Tiziana Cantone, 31enne napoletana, che nel 2016 venne trovata impiccata nella cantina della casa della zia. L'anno prima un amico le comunica di averla vista in un filmato su un sito porno; lei riconosce le immagini, pubblicate su più siti, addirittura inseriti in alcuni gruppi Facebook. La donna denuncia ma le sue foto e i suoi video fanno letteralmente il giro del web. Ne chiede la rimozione ma il giudice precisa che alla ragazza non può essere accordato il diritto all'oblio.

La vita di Tiziana cambia radicalmente: smette di uscire per paura di essere riconosciuta, lascia il lavoro, tenta di cambiare il cognome, cambia comune di residenza. Ma la gogna mediatica che aveva subito l'ha condotta all'esito più crudele: il suicidio.

È proprio all'indomani del "caso Cantone" che la settimana successiva, alla Camera e al Senato, inizia un lavoro legislativo ed una forte campagna di sensibilizzazione che porterà proprio all'emendamento che ha introdotto il reato di revenge porn nel nostro codice penale.

Nonostante le Forze dell'Ordine abbiano gli strumenti tecnici e giuridici per limitare la diffusione di questo tipo di materiali, il modo più efficace per contrastare il fenomeno è la prevenzione.

Innanzitutto, è fondamentale proteggere sempre i propri dati, specialmente se sul proprio telefono o sul proprio pc si hanno foto o video sessualmente espliciti; bisogna evitare la diffusione via social delle proprie immagini private e, nel momento in cui ci si rende conto che vi è stata una condivisione di foto o video destinata a rimanere riservata, è fondamentale richiederne la cancellazione, per evitare che il contenuto privato possa finire nelle mani sbagliate.

Ci si può rivolgere allo stesso Garante per la protezione dei dati personali, compilando l'apposito modulo per chiedere che ordini alle più grandi piattaforme di condivisione di contenuti online di bloccare preventivamente la pubblicazione delle foto o video in questione.

Oggi vi è sicuramente più consapevolezza del fenomeno della pornografia non consensuale, ma ancora non gli viene attribuita la giusta gravità. Ci si chiede quale sia lo strumento migliore per far fronte a questo dilagante problema culturale: come la stessa associazione "Permesso Negato" ha affermato, sicuramente la tecnologia e la sensibilizzazione possono essere le armi per combattere questo fenomeno, ma "tutte le soluzioni tecnologiche saranno soltanto dei palliativi finché non arriverà una soluzione culturale".

La legge c'è, ma, ahimè, non basta.

Dott.ssa Melissa Cereda

BIBLIOGRAFIA

Izzo F., Compendio di diritto processuale penale, XXXIV Edizione Simone 2022

Procedura penale, settima edizione, Giappichelli editore

SITOGRAFIA

  • https://www.buonenotizie.it/societa/2023/02/25/revenge-porn-pornografia-non-consensuale-dal-codice-rosso-ai-consigli-del-garante-della-privacy/ambrogio/#:~:text=Il%20profilo%20centrale%20del%20reato,612%20ter%20del%20Codice%20Penale.
  • https://up.sorgenia.it/permesso-negato-un-pool-di-specialisti-per-aiutare-le-vittime-di-revenge-porn/
  • https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/revenge-porn-prime-impressioni-e-problematiche-interpretative/


[1] Permesso Negato è la più grande associazione europea che sviluppa e applica tecnologie, strategie e politiche per la non proliferazione della Pornografia Non Consensuale e di altre forme Image Based Abused, mediante identificazione, segnalazione e rimozione dei contenuti dalle principali piattaforme online, attraverso un team di esperti di tecnologia, cybersecurity, legali, criminologi e psicologi. Fornisce, inoltre, in regime di completa gratuità assistenza tecnologica, di orientamento legale e psicologica alle vittime, ed è raggiungibile sui social e sul web. Per maggiori informazioni visita il sito PermessoNegato.it