La preterintenzione: tra tesi dottrinali e incertezza giurisprudenziale
L'art. 43 del Codice penale tratta l'elemento psicologico del reato, la norma in parola recita che il delitto può essere connotato dall'elemento psicologico del dolo, della colpa o della preterintenzione.
Il delitto è preterintenzionale, o oltre l'intenzione (dalla locuzione latina praeter intentionem), quando alla condotta consegue un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente.
Sull'inquadramento dell'elemento psicologico della preterintenzione si è a lungo dibattuto in dottrina e in giurisprudenza, sebbene a primo impatto, affiancandosi al dolo e alla colpa nella lettera dell'art. 43 c.p., sembrerebbe che la preterintenzione sia un vero e proprio tertium genus.
Secondo parte della dottrina, infatti, la preterintenzione si affianca al dolo ed alla colpa quale terzo tipo di elemento psicologico, questa teoria è la c.d. tesi del tertium genus, la quale si basa per lo più sulla lettera del codice che pare porre su tre distinti piani i tre elementi.
Tuttavia, vi è chi critica tale tesi, uno tra questi è Ferrando Mantovani, il quale ritiene che la teoria del tertium genus porterebbe a ritenere che l'evento più grave sia appena sfiorato dalla volontà, e ciò è ritenuto dal Mantovani "psicologicamente un non senso".
Si pensi al caso di scuola della morte a seguito di lesioni o percosse, in siffatta ipotesi vi è una condotta voluta e connotata da dolo al quale consegue un evento più grave della mera lesione o percossa e, dunque, appena lambito dalla volontà dell'agente. All'atto pratico è evidente l'ambiguità del caso di specie.
Un'altra tesi, portata avanti anche da Giovanni Fiandaca ed Enzo Musco, ritiene che il delitto preterintenzionale sia composto da un evento voluto doloso ed un evento più grave a titolo di responsabilità oggettiva, addebitato all'autore sulla sola base di un rapporto di causalità. Da tale assunto, nascono le numerose accuse di incostituzionalità della norma mosse da parte della dottrina. Come è evidente, se venisse accolta tale tesi, l'istituto si presenterebbe difficilmente compatibile con i precetti costituzionali dell'art. 27 Cost., anche perché se si ponessero a carico del reo tutti gli eventi successivi e conseguenti all'azione dolosa, ciò significherebbe rendere la responsabilità penale di fatto illimitata. Dunque, l'antitesi con i principi base del diritto penale è evidente ed anche la Corte costituzionale si è così espressa sul punto: "è indispensabile che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della fattispecie siano soggettivamente collegati all'agente, siano, cioè, investiti dal dolo o dalla colpa"[1].
In dottrina si è sviluppata anche una tesi maggiormente conforme al dettato costituzionale, quella del dolo misto a colpa, secondo tale teoria il delitto preterintenzionale è composto da un evento voluto connotato da dolo ed evento ulteriore più grave connotato da colpa, quest'ultimo può essere addebitato all'agente solo qualora sia accertata la sua effettiva prevedibilità ed evitabilità. La tesi del dolo misto a colpa ha visto l'adesione anche di parte della giurisprudenza, infatti, la Corte di Cassazione nella c.d. sentenza Ronci[2] (Cass. pen., sez. Un. 29 maggio 2009, n. 22676) stabilì che la morte dell'acquirente di stupefacenti dovesse essere addebitabile al cedente solo nel caso in cui l'evento fosse prevedibile dal cedente. Anche tale tesi però, ha visto alcune critiche in dottrina e non sono mancate anche sentenze contrarie (come Cass. pen., n. 27161/2013).
All'atto pratico, riprendendo il caso della morte come conseguenza di percosse o lesioni, si avrà da un lato un'azione dolosa di percosse o lesioni alla quale è conseguito un evento morte per negligenza, imprudenza o imperizia, che sarà addebitato al suo autore qualora fosse prevedibile, come conseguenza dell'azione, e poteva essere evitato.
Tuttavia, l'ambiguità concettuale di dolo misto a colpa è evidente e può essere aperto a interpretazioni varie. Difatti, la combinazione di elementi intenzionali e negligenti può rendere sfumate le linee tra le diverse forme di responsabilità e rendere difficile l'accertamento in concreto.
Un'altra tesi ancora ritiene che il dolo dell'evento meno grave assorba nell'intenzione del risultato anche la prevedibilità dell'evento più grave, è la c.d. teoria dell'assorbimento.
Dunque, tale teoria ritiene unico l'elemento soggettivo del reato preterintenzionale ed esso è costituito solo nel dolo del delitto meno grave[3].
La giurisprudenza recentemente si è assestata su posizioni simili a tale teoria, infatti, la Cassazione ha affermato che l'elemento soggettivo, in tema di omicidio preterintenzionale, non è costituito né da dolo e responsabilità oggettiva e né da dolo misto a colpa, ma bensì unicamente dal dolo del reato base, il quale assorbe la prevedibilità dell'evento più grave[4].
Pertanto, basterebbe la prova dell'elemento soggettivo del reato base ed il nesso eziologico tra la condotta e l'evento-morte, affinché sorga una presunzione di prevedibilità dell'evento ulteriore.
Quest'ultima tesi, sebbene abbia trovato il consenso della giurisprudenza maggioritaria, in verità pare essere del tutto simile alla tesi del dolo misto a responsabilità oggettiva ove addirittura opera una vera e propria presunzione di prevedibilità dell'evento.
All'atto pratico, infatti, se un soggetto attua una condotta di lesioni e da tale condotta ne deriva l'evento morte, basterebbe la prova dell'elemento soggettivo del reato di lesioni affinché gli venga addebitato anche l'evento ulteriore.
Come si è visto, dunque, il concetto di preterintenzione è una nozione molto controversa e che tuttora non trova una tesi del tutto convincente, tuttavia, la sua corretta interpretazione e l'adozione di una delle tesi appena citate potrebbe avere risultati ed effetti enormemente differenti in un procedimento penale. In anni recenti molteplici sono state le proposte di riforma in ambito penalistico che hanno proposto un'integrale abolizione dell'istituto della preterintenzione ritenendolo superfluo. Il dato di fatto, però, è la grande incertezza in una materia delicatissima quale la responsabilità penale ove si auspica, quantomeno, un intervento delle Sezioni Unite della Cassazione a dirimere la controversia.
[1] Corte Cost. 1085/1988, in senso conforme anche 364/1988 e 322/2007.
[2] Il caso trattava l'ipotesi della morte come conseguenza di altro delitto ex art. 586 c.p., in questo caso la morte dell'acquirente di stupefacenti.
[3] Cfr. Fragasso B., Corte d'Assise di Brescia, Sez. II, ud. 13 maggio 2019, dep. 12 luglio 2019, n. 3, Pres. Ardenghi, Est. Corvi, in Sist. Pen., 17.12.2019
[4] Cass. pen., sez. V, sent. n. 791/2012. Conforme anche Cass. pen., sez. V, sent. n. 44986/2016.