
Reati aggravati dall’evento e differenze rispetto ai delitti preterintenzionali
A cura di Dott. Marco Misiti
Una delle figure più discusse del diritto penale è rappresentata dai reati aggravati dall'evento.
Pur in assenza di una definizione normativa, l'esistenza di tale categoria giuridica è desumibile da una pluralità di fattispecie di parte speciale che contemplano un aggravio di pena al verificarsi di uno specifico evento.
A titolo esemplificativo, si pensi alla fattispecie di calunnia di cui all'art. 368 c.p., disposizione che prevede al comma terzo un aumento di pena qualora dal fatto derivi la condanna del soggetto falsamente accusato. Parimenti avviene nel caso di sequestro di persona qualora dalla condotta derivi la morte del minore sequestrato, ai sensi dell'art. 604, comma quarto, c.p.
Ciò che accomuna le fattispecie penali fin qui considerate, e che pertanto consente di addivenire a una definizione della categoria, è il seguente elemento: la verificazione di un evento ulteriore derivante da un reato di base già perfezionato e dal quale discende come conseguenza l'applicazione di una cornice edittale più elevata.
Dal punto di vista dogmatico, il reato aggravato dall'evento può essere considerato un reato circostanziato a tutti gli effetti[1]. Di conseguenza, l'evento ulteriore rientra tra gli elementi accessori dell'illecito penale, con la conseguente irrilevanza dello stesso ai fini del locus e tempus commissi delicti.
All'interno della macrocategoria dei reati aggravati dall'evento è possibile ricostruire dei sottoinsiemi, ognuno di essi caratterizzato da una propria caratteristica[2].
Infatti, l'evento potrebbe essere correlato all'oggetto del dolo specifico che muove l'agente. In tal caso, il conseguimento dello scopo, irrilevante ai fini del perfezionamento della fattispecie base, rileverà esclusivamente ai fini della determinazione della pena.
In una diversa categoria rientrano le ipotesi in cui l'evento non è controllabile da parte dell'agente e in cui lo stesso non assume rilevanza penale se autonomamente considerato. È il caso, già analizzato, della fattispecie di calunnia, per cui l'eventuale condanna subita dal soggetto falsamente accusato non integra un'autonoma fattispecie di reato.
Infine, vi è la casistica in cui la verificazione dell'evento ulteriore integra una ipotesi di reato a sé stante[3]. In questi casi, affinché si possa ritenere sussistente una ipotesi di reato aggravato dall'evento e non un concorso di reati, è necessario che l'evento ulteriore, pur prevedibile, non sia voluto dal soggetto agente[4].
Si pensi all'ipotesi precedentemente menzionata del sequestro di persona, in cui l'evento morte del minore, qualora voluto, comporta la responsabilità dell'agente sia per il reato di sequestro di persona che per quello di omicidio volontario.
Così ricostruite le varie fattispecie, il problema principale si pone con riferimento alla distinzione di quest'ultima categoria di reato aggravato dall'evento con quella dei delitti preterintenzionali.
Come noto, ai sensi dell'art. 43 c.p., tale elemento soggettivo viene identificato nella causazione di un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto e conseguente a un'azione od omissione. Secondo l'originaria impostazione del Codice Rocco, infatti, i delitti preterintenzionali costituivano una forma di responsabilità oggettiva pura, secondo le logiche del versari in re illicita.
Tuttavia, stante l'inconciliabilità di tale ricostruzione con il principio di colpevolezza previsto in Costituzione, si è fatta strada una contrapposta ricostruzione che ritiene sia necessaria la sussistenza di un delitto di base doloso da cui consegue un evento ulteriore imputabile a titolo di colpa all'agente.
Tale soluzione, pur apprezzabile nello sforzo di ricercare una coerenza dell'istituto con i principi costituzionali, non è stata condivisa dalla più recente giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che, nel caso di preterintenzione, l'elemento soggettivo afferente all'evento ulteriore viene "inglobato" nel dolo del reato di base contemplato nelle fattispecie preterintenzionali esplicitamente previste.
Ebbene, delle tre impostazioni circa la struttura della preterintenzione, quest'ultima appare la sola che garantisce autonomia tra la categoria dei reati aggravati dall'evento, in cui quest'ultimo deve essere prevedibile ma non deve essere voluto dall'agente, e quella dei delitti preterintenzionali.
Diversamente argomentando, infatti, si andrebbe ad eliminare ogni confine delimitativo tra le due figure di reato.
In conclusione, de jure condito, i reati aggravati dall'evento possono essere definiti come ipotesi di reati circostanziati in cui l'evento ulteriore, materialmente derivato dall'azione od omissione, deve essere prevedibile dall'agente, ma non deve essere voluto qualora l'evento stesso possa assumere autonoma rilevanza penale.
[1] Si veda sul punto Reato aggravato dall'evento: reato circostanziato o fattispecie autonoma?, in Diritto.it, 9 gennaio 2019.
[2] S. Tirella, I reati aggravati dall'evento, in Cammino diritto, 19 maggio 2016, e V. D'alessio, I reati aggravati dall'evento e la fattispecie dei maltrattamenti in famiglia, in iusinitinere.it
[3] Secondo una parte della dottrina, il criterio distintivo ai fini della classificazione dei reati aggravati dall'evento sarebbe esclusivamente la possibile autonoma rilevanza penale dell'evento. Si veda sul punto E. Mezzetti, Diritto penale. Dottrina, casi e materiali, Quarta edizione, 286.
[4] Si veda sul punto F. Caringella, A. Salerno, Manuale ragionato di diritto penale parte generale, 2023, 522 s.