I reati con finalità di terrorismo: evoluzione della disciplina e compatibilità con i principi di offensività e materialità
La categoria dei reati in esame rientra tra i "delitti contro la personalità dello Stato", caratterizzati da un'anticipazione della tutela penale, essendo le varie fattispecie delittuose modellate anche sulla spinta di criminalizzazione dei fenomeni di terrorismo internazionale.
Tra queste riveste particolare importanza l'art. 270-bis c.p., che punisce la partecipazione all'associazione con finalità di terrorismo, le cui condotte tipiche sono definite espressamente dal successivo art. 270-sexies c.p. come azioni "che, per la loro natura o contesto, possono arrecare un grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i pubblici poteri o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale".
Tale norma definisce la portata punitiva dell'art. 270-bis c.p. e presenta una particolare struttura: oltre a prevedere che le condotte presentino una concreta idoneità a cagionare un grave pericolo o danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale, presuppone un dolo specifico triplice, consistente nella finalità di intimidire la popolazione, costringere i poteri pubblici o internazionali a compiere o non compiere determinati atti amministrativi, e destabilizzare istituti pubblici o internazionali.
L'elemento più discusso di simile ipotesi criminosa è, infatti, quello psicologico, richiedendo la fattispecie che la condotta sia animata dal perseguimento di una finalità ulteriore, diretta a realizzare un evento esterno al fatto tipico.
Indubbiamente una simile ricostruzione pone dei dubbi di compatibilità con i principi di offensività e materialità, che non consentirebbero la punibilità di una mera intenzione riprovevole dell'agente; tuttavia, la dottrina ha chiarito che, laddove il dolo specifico abbia ad oggetto un evento lesivo, non basta il mero dato psichico ai fini dell'incriminazione, bensì è necessario che la condotta sia oggettivamente idonea a perseguire quella finalità ulteriore. La stessa giurisprudenza ha valorizzato l'elemento oggettivo della condotta di creare un pericolo di evento terroristico, dovendo palesarsi come "soggettivamente diretta ed oggettivamente idonea" a realizzare il fine.
Invero, la condotta tipica, per essere inquadrata alla stregua della "finalità di terrorismo", deve rappresentare il pericolo concreto di un grave danno per lo Stato o per un'organizzazione internazionale, con ciò intendendosi un'induzione verso l'autorità politica a compiere o ad astenersi dal compiere un atto che abbia un rilevante impatto sulla vita economica, sociale e polita del Paese.
Nonostante questa descrizione della finalità di terrorismo in termini di pericolo concreto, il legislatore ha introdotto fattispecie che determinano un arretramento della soglia di tutela penale, perseguendo condotte meramente preparatorie rispetto alla finalità terroristica.
Ad esempio, nel caso di "addestramento o auto addestramento con finalità di terrorismo", viene punito colui che si addestra o auto addestra o fornisce informazioni sulla preparazione di materiali esplosivi, armi da fuoco, sostanze chimiche, batteriologiche o di altre tecniche o metodi per il compimento di atti di violenza; tuttavia, ritenendo che la finalità di terrorismo rappresenti un pericolo ed un tentativo di realizzazione di quel danno, con una simile previsione si arriva a punire il pericolo del pericolo del compimento di un atto violento finalizzato al terrorismo[1].
La ratio per cui si puniscono l'associazione con finalità di terrorismo e tutte le altre condotte prodromiche, è quella di prevenire la proliferazione terroristica: punendo l'arruolamento, l'addestramento o l'auto addestramento, si fronteggia il fenomeno terroristico perseguendo anticipatamente azioni che si esplicano anche al di fuori del contesto associativo.
Come anticipato, la problematica evidenziata dalla più autorevole dottrina, è rappresentata dal rischio di un eccessivo arretramento della soglia di tutela penale, punendo sia chi compie l'atto preparatorio (addestrandosi, auto addestrandosi, arruolandosi, ecc.), sia chi compie atti violenti allo scopo di realizzare l'ulteriore fine di terrorismo. E simile condotta prodromica, caratterizzata dalla "doppia finalità" (quella "strumentale" di realizzazione di un atto violento e quella "finale" del compimento del fine che anima il terrorismo) deve soddisfare anche l'ulteriore requisito di cui all'art. 270-sexies c.p. del concreto pericolo per il Paese o per l'organizzazione internazionale.
In via interpretativa sono stati individuati dei correttivi al fine di rendere queste fattispecie compatibili con gli anzidetti principi.
Innanzitutto, è necessario che le condotte preparatorie perseguono non un generico "atto di violenza o di sabotaggio dei servizi pubblici essenziali", ma un fine che deve essere specifico e determinato, altrimenti non integrerebbe il profilo del pericolo.
In particolare, per ritenere integrata la finalità di terrorismo, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, non è sufficiente che l'agente abbia intenzione di arrecare un grave danno, ma è necessario che la sua condotta crei la "possibilità concreta per natura e contesto di un reale impatto intimidatorio tale da ripercuotersi sulle condizioni di vita dell'intera collettività", la cui valutazione prescinde dal finalismo psicologico, dovendo essere connotata da oggettiva idoneità materiale a determinare l'evento di pericolo.
Pertanto, affinché l'interpretazione dei reati con finalità di terrorismo possa essere costituzionalmente coerente ed aderente ai principi di materialità ed offensività, tenendo conto delle peculiarità delle specifiche ipotesi delittuose, deve compiersi una valutazione della natura della condotta, delle sue caratteristiche intrinseche e del contesto di esplicazione, al fine di determinare se la stessa possa oggettivamente e concretamente realizzare quel pericolo per lo Stato o per la comunità internazionale oggetto della finalità terroristica di "destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali".
[1] Come risposta, non solo nazionale, al propagarsi di fenomeni terroristici di matrice soprattutto jihadista.