È punibile chi commette un reato contro il patrimonio nei confronti di un familiare?
L'art. 649 c.p. comma 1 prevede una particolare causa di non punibilità per i reati contro il patrimonio commessi, in assenza di violenza, nei confronti dei familiari, e in particolare:
- del coniuge non legalmente separato;
- della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso;
- di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell'adottante o dell'adottato;
- di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
Prima di addentrarci nell'analisidella norma, facciamo una precisazione su cosa significa "causa di non punibilità".
Secondo la miglior dottrina (1), si tratta di situazioni - concomitanti o susseguenti alla commissione di un fatto antigiuridico e colpevole - che, per ragioni politico-criminali, escludono la punibilità del soggetto agente e, dunque, comportano la non irrogazione di sanzioni penali.
Nel caso di specie, la ratio dell'art. 649 c.p. la si individua, secondo il Legislatore, nella opportunità di tutelare la famiglia contro eventuali turbamenti creati da intromissioni della giurisdizione penale all'interno della stessa.
Pertanto, qualora il rapporto che lega l'autore del fatto del fatto di reato (per esempio, il furto ex art. 624 c.p.) alla persona offesa sia uno di quelli suddetti e indicati dal comma 1 dell'art. 649 c.p., il Pubblico Ministero dovrà disporre l'archiviazione del fascicolo, qualora ci si trovi nella fase delle indagini preliminare; qualora, invece, ci si trovi in una fase più avanzata del procedimento o, addirittura, si fosse già aperto il dibattimento, il Giudice competente dovrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere (in sede di udienza preliminare) o sentenza di assoluzione (in sede di dibattimento). (2)
Tuttavia, il Legislatore ha introdotto dei correttivi all'interno della stessa norma poiché, all'evidenza, vi sono situazioni che, benché verificatesi in un contesto endo-familiare, rappresentano un grado di lesività tale del bene giuridico tutelato da necessitare l'intervento della giustizia penale.
Il correttivo di natura soggettiva
Così definito poiché si fonda sul grado di parentela e affinità, il comma 2 dell'art. 649 c.p. rimette la decisione circa l'opportunità di perseguire il fatto penalmente rilevante alla persona offesa. Nello specifico, è prevista la procedibilità solo a querela di parte, qualora il reato contro il patrimonio sia stato commesso ai danni di:
- coniuge legalmente separato o della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all'ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa;
- fratello o sorella che non convivano coll'autore del fatto
- zio o nipote o affine in secondo grado con lui conviventi
In questo caso, considerata l'assente o, almeno, meno intensa confusione di sostanze e di beni fra i soggetti coinvolti e il minor legame familiare, il Legislatore lascia alla persona offesa la facoltà di scegliere se innescare il processo penale, introducendo un'ipotesi di procedibilità a querela: ciò significa che il processo penale prenderà avvio solo se la persona offesa presenterà querela nel termine di tre mesi dalla conoscenza del fatto e, qualora venga riconosciuta la responsabilità penale del congiunto-autore del fatto, la punibilità non sarà esclusa ma fonderà l'eventuale sentenza di condanna e la conseguente irrogazione della pena, detentiva e/o pecuniaria, nonché il risarcimento del danno.
Il correttivo di natura oggettiva
C'è una sostanziale differenza tra i reati contro il patrimonio, in cui il bene giuridico tutelato è, appunto, l'insieme di sostanze e bene aventi valore, e quei reati in cui il fatto viene commesso mediante violenza contro la persona. Ad esempio, la rapina o l'estorsione.
In questi casi, dove il reato contro il patrimonio viene commesso con violenza, il Legislatore ha escluso l'applicabilità di qualsiasi causa di punibilità proprio per l'importanza del bene giuridico messo in pericolo - l'integrità fisica e la persona.
Nello specifico, l'art. 649 co. 3 c.p. prevede che "le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone".
Sul punto
la giurisprudenza si è a lungo interrogata su cosa intendesse il Legislatore con
la parola "violenza" e diversi orientamenti si sono, nel tempo, confrontati e
succeduti.
Quello maggioritario (3) ritiene che per "violenza" si debba intendere il fatto commesso mediante aggressione all'incolumità personale altrui, e non anche semplici condotte minacciose pur se attuate attraverso il danneggiamento di beni.
Dott.ssa Alice Lambicchi
[1] Marinucci Dolcini, Manuale di Diritto Penale - Parte generale, Giuffrè
[2] La sentenza di assoluzione, in particolare, sarà emessa ai sensi dell'art. 530 co. 1 c.p.p., con la formula "perchè il reato è stato commesso da una persona non punibile". Ciò significa che il Giudice riconosce che l'imputato ha commesso un fatto penalmente illecito, ma lo dichiara esente da pena: si tratta, in ogni caso, di una formula sfavorevole, perché afferma che un reato è stato commesso. Rimane ferma la possibilità per la persona offesa di ottenere il risarcimento del danno.
[3] cfr. Cass. Pen., Sez. VI, sent. 29 aprile 2021 n. 16469