È configurabile il reato di maltrattamenti anche in una relazione sentimentale instabile “tra giovani immaturi
Cass. pen., Sez. III, 24 gennaio 2024, n. 3023
Ai sensi dell'art. 572 c.p., integra reato, punito con la reclusione da almeno tre a sette anni nella sua forma base, maltrattare con dolo generico una persona della famiglia, o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte.
Alla luce della clausola di riserva con cui si apre la disposizione normativa, il reato di maltrattamenti ha carattere sussidiario rispetto al reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina di cui all'art. 571 del c.p. che, diversamente, persegue un fine di correzione o disciplina e richiede il verificarsi di un pericolo di malattia nel corpo o nella mente.
Altro elemento scriminante rispetto al reato summenzionato è che l'art. 572 del c.p. si riferisce anche ai familiari o conviventi, senza che tra essi ed il soggetto agente sussista necessariamente una relazione autoritaria.
Questa fattispecie criminosa è stata modificata da diversi interventi normativi succedutisi nel tempo, da ultimo, dal cosiddetto "Codice Rosso", cioè la legge n. 69/2019, che, nel filone della crociata contro la violenza domestica e di genere, ha inasprito il quadro sanzionatorio dell'art. 572 c.p., sia con riferimento alla fattispecie base di cui al comma 1, sia prevedendo, al comma 2, nuove circostanze aggravanti. Con la stessa legge il legislatore ha, inoltre, previsto, all'ultimo comma, che il minore che assista ai maltrattamenti sia considerato persona offesa dal reato.
Prima ancora, la riforma attuata con la legge n. 172/2012 non solo ha modificato la rubrica dell'art. 572 c.p., ma ha anche inserito tra i possibili soggetti passivi del reato chiunque conviva con il soggetto agente.
A tal proposito, va detto che il reato di maltrattamenti, oltre che abituale (per cui presupposto imprescindibile è la reiterazione della condotta illecita punibile), è proprio, dato che può essere soggetto attivo soltanto chi sia legato a quello passivo da una relazione di tipo familiare, di convivenza oppure di autorità o affidamento, derivante dallo svolgimento di una professione o di un'arte, nonché da rapporti di cura o custodia.
Su questo aspetto, si segnalino alcune importanti orientamenti giurisprudenziali in materia. Prima importante pronuncia è quella del 2022 (Cass. pen. n. 45400/2022[1]) che per la prima volta ha esteso il concetto di persona di famiglia, tradizionalmente circoscritto ai coniugi, consanguinei, affini, adottati e adottanti, a tutti i soggetti legati da qualsiasi rapporto di parentela, dunque anche il convivente more uxorio, nonché i domestici, purchè la convivenza, in ossequio al divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici, vada inteso nell'accezione più ristretta, che presuppone dunque una radicata e stabile relazione affettiva caratterizzata da una duratura consuetudine di vita comune nello stesso luogo.
Invero, sempre nel 2022 (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 45400 del 30 settembre 2022[2]) si è stabilito che il discrimen tra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori è l'insorgenza in ambito domestico delle condotte vessatorie nei confronti del coniuge, anche se poi proseguono dopo la sopravvenuta separazione di fatto o legale, in quanto il coniuge resta "persona della famiglia" fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza.
Da ultima in ordine cronologico, si segnali la innovativa pronuncia dei Giudici di Legittimità, la sentenza del 24 gennaio 2024, n. 3023, della III Sezione della Cassazione Penale[3] per cui il reato è configurabile anche in presenza di un rapporto di convivenza di "breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e un'attesa di reciproca solidarietà".
L'interpretazione estensiva adottata dagli Ermellini della fattispecie penale qui esaminata ha confermato l'orientamento già adottato in sede d'appello, che costituisce, a sua volta, una "doppia conforme" rispetto a quanto statuito dal Tribunale di prime cure.
[1] www.italgiure.giustizia.it
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.