Non è consentito contestare la recidiva aggravata, pluriaggravata o reiterata se sia già maturato il termine prescrizionale

02.03.2024

Cass. Pen., Sez. Unite, 14 dicembre 2023, n. 49935

Con la sentenza del 14 dicembre 2023, n. 49935, le Sezioni unite penali della Corte di cassazione hanno risolto la questione alle stesse rimessa dall'ordinanza della Quinta Sezione penale, 20 giugno 2023, n. 26756, in tema di legittimità della contestazione suppletiva della recidiva, qualificabile come circostanza aggravante ad effetto speciale, qualora il termine prescrizionale sia già maturato[1].

Sul punto, il Supremo consesso ha escluso tale possibilità per le ragioni che di seguito vengono esposte.

Dopo un breve excursus circa le pronunce più rilevanti sulle caratteristiche della circostanza aggravante di cui all'art. 99 c.p.[2], la sentenza in esame espone i due orientamenti formatisi sulla questione sottopostale.

Secondo una prima impostazione, la contestazione della recidiva avrebbe natura costitutiva e, perciò, una volta maturato il termine per la prescrizione, essa non potrebbe determinare alcuna conseguenza. Infatti, prima della sua contestazione non potrebbe produrre alcun effetto, né potrebbe determinare ex post la reviviscenza di un reato ormai estinto.

Il secondo orientamento registratosi sul punto, al contrario, ritiene che la contestazione avrebbe funzione dichiarativa e ricognitiva. 

Di conseguenza, gli effetti sull'entità del termine prescrizionale sarebbero prodotti già prima della contestazione della recidiva che, in quanto elemento preesistente, è già in grado di produrre i propri effetti.

Le Sezioni unite decidono di non aderire a nessuno dei due esposti orientamenti, ma di condividere una terza impostazione. Infatti, la distinzione precedentemente illustrata non sarebbe altro che un falso problema, se non addirittura una sorta di ragionamento tautologico.

Infatti, riprendendo testualmente le parole della Suprema Corte "5. […] Non vi è dubbio, infatti, che la contestazione della recidiva, alla stregua di qualsivoglia circostanza aggravante, sia presupposto essenziale affinché la stessa, se riconosciuta dal giudice, possa spiegare effetti (e in questo senso può essere inteso il riferimento alla natura costitutiva); nel contempo, però, tale contestazione, «per la recidiva come per le altre circostanze aggravanti in generale, ha natura ricognitiva, dimostrativa, cioè, della scelta, da parte della pubblica accusa, di attribuire rilevanza ad una condizione soggettiva preesistente dell'imputato ovvero ad una connotazione specifica del fatto-reato[…]»".

La soluzione deve essere perciò rinvenuta altrove e, in particolare, nella funzione pacificamente riconosciuta all'art. 129 c.p.p

Se, infatti, non vi è dubbio che la contestazione della recidiva possa in generale essere effettuata in dibattimento anche se essa poteva già essere rilevata in precedenza, tuttavia tale possibilità viene meno laddove il reato sia già estinto. Una volta maturato il termine prescrizionale, indipendentemente dalla sua effettiva rilevazione da parte del giudice, è preclusa a quest'ultimo ogni ulteriore attività e, perciò, anche concedere al pubblico ministero di effettuare la contestazione suppletiva della predetta circostanza.

Infatti, l'art. 129 c.p.p. assolve alla fondamentale funzione di favorire l'imputato che debba essere prosciolto e, contestualmente, di agevolare l'exitus del processo qualora sussistano elementi integrativi di una causa di non punibilità. In altri termini, la citata norma funge da «prescrizione generale di tenuta del sistema».

Se si condividesse invece l'impostazione che ritiene legittima la contestazione suppletiva, "9. […] si rimetterebbe illogicamente alla diligenza del giudice di primo grado la sorte del processo, in presenza di identiche situazioni: un imputato beneficerebbe o meno della sentenza favorevole in base al tempestivo rilievo (o meno) della causa di estinzione del reato da parte del giudice stesso".

La pronuncia in esame sceglie perciò di attribuire prevalenza al principio del favor rei, soprattutto per prevenire rischi di disparità di trattamento dipesi semplicemente dalle modalità con cui il giudice o il pubblico ministero svolgano la propria attività.

Dott. Marco Misiti

[1] Per l'esposizione del contenuto dell'ordinanza si rinvia a quanto pubblicato in questo sito, nella Sezione Giurisprudenza recente, dal titolo È legittima la contestazione suppletiva della recidiva dopo la maturazione del termine prescrizionale?

[2] La sentenza si contraddistingue soprattutto per esporre in sintesi le caratteristiche essenziali della recidiva quali, a titolo esemplificativo, gli effetti conseguenti dal suo riconoscimento, i presupposti della stessa, la necessità che la essa sia contestata affinché possa essere applicata.