Il regime carcerario e le condizioni di salute del soggetto detenuto
La Costituzione pone i principi fondamentali su cui si basa il nostro ordinamento, tra questi si annovera l'art. 27 che pone i principi cardine del sistema penale italiano.
Tale norma al secondo comma fa una distinzione tra colui che è solo indagato, ossia sottoposto a un'indagine compiuta dall'autorità giudiziaria e il condannato, soggetto che a seguito dei tre gradi di giudizio è risultato responsabile dei reati a lui ascritti.
Al terzo comma, stabilisce le funzioni della pena, che ha una finalità afflittiva e una funzione rieducativa, cioè oltre a punire il soggetto per il reato commesso e quindi ristabilire l'ordine che è venuto a mancare con la condotta illecita tenuta dal reo, deve garantire che l'individuo possa essere rieducato, in modo tale che una volta scontata la pena possa reinserirsi nella società.
L'art. 32 della Costituzione va a tutelare un bene primario dell'uomo, la salute, ponendolo come un diritto fondamentale dell'individuo e garantendo cure gratuite agli ingenti[1].
La stessa Costituzione ponendo la salute come un diritto fondamentale dell'individuo e disponendo che tendere ad essa è interesse della collettività va ad evidenziare e a porre l'attenzione all'importanza che questo diritto riveste nella vita di tutti gli individui[2].
Il diritto alla salute è un valore costituzionale supremo che si ricollega intrinsecamente all'integrità psico-fisica della persona. "La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non consiste soltanto nell'assenza di malattie o infermità. [...]. I Governi hanno la responsabilità della sanità dei loro popoli: essi per farvi parte devono prendere le misure sanitarie e sociali appropriate."[3]
Tale diritto attiene a tutta la popolazione pertanto non possono essere escluse categorie di persone come ad esempio i detenuti[4].
La normativa vigente prevede che nel caso in cui le condizioni cliniche del detenuto siano tali da determinare l'incompatibilità tra il diritto della persona alla salute con il regime detentivo, possono essere disposte nei suoi confronti, previo parere medico, misure alternative alla detenzione quali possono essere di carattere transitorio come il ricovero ospedaliero, ovvero più protratto quale la detenzione domiciliare o altro.
Tale incompatibilità, che può originare da ragioni tanto fisiche quanto psichiche, è data dall'evidenza di una situazione clinica rilevante per la quale la reclusione rappresenta solo un fattore precipitante della stessa in quanto in carcere il detenuto potrebbe non godere di un adeguato trattamento sanitario.
A tal punto occorre riprendere la distinzione posta in essere dall'art 27 comma 2 della Cost. tra: A) soggetti condannati in modo definitivo che si trovano in condizione di esecuzione della pena (c.d. condannati definitivi); B) soggetti sottoposti a misure cautelari, ossia quelle misure che ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.p. vengono applicate ai soggetti in attesa di giudizio.
Ai sensi degli artt. 146, 147 e 148 c.p., i condannati definitivi possono avere la pena sospesa obbligatoriamente o facoltativamente.
L'esecuzione della pena è obbligatoriamente sospesa, ai sensi dell'art. 146 c.p., se il condannato è donna incinta, è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertata, ovvero altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con la detenzione oppure la malattia si trova in uno stadio avanzato tale da non rispondere più ai trattamenti e alle terapie.
L'esecuzione della pena, ai sensi dell'art. 147 c.p., può essere differita se la pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di una madre con prole di età inferiore ai tre anni oppure, il condannato si trova in una grave condizione di infermità fisica, escludendo quella psichica, che è disciplinata all'art. 148 c.p.. Qui si parla di infermità psichica sopravvenuta al condannato stabilendo che se prima dell'esecuzione di una pena restrittiva o durante l'esecuzione sopravviene l'infermità il Giudice se ritiene che la stessa impedisce l'esecuzione della pena allora ordina o la sospensione o il differimento. Se la pena è inferiore ai tre anni il magistrato può disporre che il differimento sia effettuato in una struttura del Dipartimento di salute Mentale; se la pena è superiore è previsto l'internamento in Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Questi ultimi sono stati superati con l'istituzione delle REMS (Residenze per l'esecuzione della Misure di Sicurezza). Il Tribunale di Sorveglianza ai sensi dell'art. 684 c.p.p. può anche disporre il differimento della pena se la sua protrazione sia tale da produrre un grave pregiudizio nel condannato.
Per quanto riguarda i soggetti "in attesa di giudizio" l'art. 73 c.p.p. dispone che se lo stato di mente dell'imputato sia tale da rendere necessaria la cura nell'ambito del Servizio psichiatrico, il giudice informa l'autorità sanitaria e può, con provvedimento, disporre, anche d'ufficio, che il soggetto venga ricoverato presso una idonea struttura del servizio medico ospedaliero. Tale tipo di provvedimento, che può essere adottato anche nei confronti di persona libera, ha come finalità la tutela della salute dell'indagato/imputato.
In questi casi, il giudice a seguito di una certificazione di parte in cui si afferma l'incompatibilità del detenuto con il regime carcerario dispone una perizia ai fini di redigere istanza di revoca della misura carceraria.
L'ordinamento penitenziario (L. 354/1975) all'art. 47 ter, comma 1 ter dispone che quando potrebbe essere disposto il rinvio, sia facoltativo che obbligatorio dell'esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 c.p, il Tribunale di Sorveglianza può disporre l'applicazione di una misura alternativa alla detenzione, nello specifico la detenzione domiciliare, misura che consiste nell'obbligo di risiedere nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza.
La salute mentale è stata individuata come una delle aree critiche cui prestare particolare attenzione, tant'è vero che nel marzo 2019 la presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato un documento contenente le raccomandazioni riguardanti proprio l'assistenza psichiatrica in carcere[5].
Infatti, l'assistenza psichiatrica rappresenta la vera emergenza degli istituti penitenziari italiani, che rappresentano il contenitore del dilagante disagio mentale e la cartina tornasole di una marginalità sociale costituita da tossicodipendenti, prostitute, nomadi, vagabondi alcolisti, barboni ed extracomunitari. All'interno dei carceri troviamo tutti quei soggetti affetti da parafilie che spesso non vengono seguiti dai servizi territoriali, divenendo questo il primo momento "ufficiale" di incontro di questi soggetti con le istituzioni.
Tanto premesso, per compromettere la compatibilità con la detenzione carceraria le condizioni di salute del soggetto a cui è diretta la restrizione della libertà devono avere il carattere di assoluta gravità e non si possono identificare con uno stato psicologico che origini esclusivamente nella stessa restrizione.
[1] Cost. art 32
[2] Cfr. articolo "Valutazione della compatibilità con il regime carcerario", sito di AIPG.
[3] Organizzazione Mondiale della salute
[4] Cfr. articolo "Valutazione della compatibilità con il regime carcerario", sito di AIPG.
[5] Cfr. articolo "Valutazione della compatibilità con il regime carcerario", sito di AIPG.