Sul concetto di residenza nel Mandato d’Arresto Europeo
Cass. pen., Sez. VI, 02 Gennaio 2024, n. 41
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Il caso vedeva un soggetto condannato dal giudice francese e verso il quale veniva richiesta la consegna tramite il Mandato d'Arresto Europeo.
La Corte d'appello di Roma accordava la consegna, ma l'interessato proponeva ricorso per Cassazione deducendo due motivi di censura: il primo riguardava l'inosservanza dell'art. 18 bis L. n. 69/2005, poiché risiedeva in Italia dal 2011 e in maniera continuativa da cinque anni; il secondo motivo asseriva la nullità della sentenza impugnata non essendo stati considerati i criteri di valutazione riguardante l'effettiva e legittima residenza nel territorio nazionale.
La Corte di Cassazione nella sua decisione ripercorre i capisaldi della normativa di specie, innanzitutto premette che sebbene vi sia un orientamento maggioritario che non ammette il ricorso per Cassazione per vizi di motivazione avverso le sentenze di Corte d'Appello che acconsentono alla consegna, tale principio va riconsiderato alla luce delle modifiche intervenute all'art. 18 bis nell'agosto 2023.
Prosegue la Cassazione affermando che, l'art. 18 bis a seguito della modifica prevede al comma secondo: "la possibilità per la Corte d'Appello di rifiutare la consegna del cittadino italiano o di persona che legittimamente ed effettivamente risieda e dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, sempre che la Corte stessa disponga l'esecuzione in Italia della pena o della misura di sicurezza per cui la consegna viene richiesta conformemente al diritto interno".
Inoltre, è stato aggiunto il nuovo comma 2 bis, che recita: "ai fini della verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano della persona richiesta in consegna, la Corte d'Appello accerta se l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza sul territorio sia in concreto idonea ad accrescerne le opportunità di reinserimento sociale, tenendo conto della durata, della natura e delle modalità della residenza e della dimora, del tempo intercorso tra la commissione del reato in base al quale il mandato d'arresto europeo è stato emesso e l'inizio del periodo di residenza o di dimora, della commissione di reati e del regolare adempimento degli obblighi contributivi e fiscali durante tale periodo, del rispetto delle norme nazionali in materia d' ingresso e soggiorno degli stranieri, dei legami familiari, linguistici, culturali, sociali, economici e di altra natura che la persona intrattiene sul territorio italiano e di ogni altro elemento rilevante. La sentenza è nulla, se non contiene la specifica indicazione degli elementi di cui al primo periodo e dei relativi criteri di valutazione".
Dunque, una volta ribaditi i presupposti di diritto sulla quale si basa la decisione la Sesta Sezione penale afferma che ai fini del concetto di residenza rilevante ai fini del rifiuto della consegna del soggetto, debba sussistere un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, e ciò è desumibile da una serie di indici rilevatori, quali la legalità della presenza in Italia, la continuità temporale apprezzabile e la stabilita della presenza, la distanza temporale tra la stabilità e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Itali della sede principale degli interessi lavorativi, familiari e affettivi nonché il pagamento di oneri contributivi e fiscali (v. Cass. Pen. Sez. 6, n. 19389 del 25/06/2020).
Continuano gli ermellini affermando che la sentenza è nulla se non contiene la specifica indicazione degli elementi di cui al primo periodo e dei relativi criteri di valutazione, previsione che esplicita come da un lato la mancata valutazione di uno di tali indici rilevi come violazione di legge, sindacabile ai sensi dell'art. 606, lett. b), cod. proc. pen. e dall'altro come il relativo apprezzamento divenga condizione ai fini della verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano della persona richiesta in consegna.
Pertanto, sebbene secondo la Cassazione, la Corte d'appello abbia assolto l'obbligo di valutazione degli elementi di giudizio addotti dalla difesa, ha omesso di valutare tutti gli altri indici che la legge indica come necessari al fine di un corretto giudizio sul punto.
Sulla base di tali considerazioni la Suprema Corte ha accolto il ricorso annullando con rinvio ad altra Sezione la sentenza impugnata per l'esame della questione.