TSO illegittimo e danno non patrimoniale: la Corte di Cassazione torna sui presupposti della risarcibilità del danno.
Cass. Civ., del 19 dicembre 2024, n. 33290
A cura di Avv. Michele Zabeo
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione si pronuncia in materia di risarcimento del danno patito da persona fragile a seguito di illegittima sottoposizione a TSO.
Questi i fatti alla base della decisione: nel 2013 una signora, in occasione di una sagra, ebbe un diverbio con il vicino di casa. Intervenivano la polizia locale ed i carabinieri i quali a loro volta chiedevano l'intervento della guardia medica. La signora veniva sottoposta a visita ospedaliera dapprima nel Pronto Soccorso e poi da parte di un medico specializzato in psichiatria.
All'esito di tale attività veniva richiesto al sindaco interessato, quale autorità sanitaria locale, l'emissione di un provvedimento di TSO. L'ordinanza sindacale de quo, tuttavia, veniva poi annullata dal Giudice tutelare competente per mancanza di valida motivazione.
La signora agiva giudizialmente per sentire accolta la richiesta di risarcimento danni patiti lamentando di essere stata sottoposta al trattamento per 9 giorni contro la sua volontà sulla base di un provvedimento rivelatosi poi illegittimo. Riteneva in particolare di aver patito un danno non patrimoniale dovuto alla coartata limitazione della propria libertà, alla forzata somministrazione di medicinali oltre a un danno relazionale-sociale quale conseguenza del TSO.
Il Tribunale di Urbino e poi la Corte di Appello di Ancona rigettavano la domanda attorea. Riteneva, in particolare, il giudice del secondo grado che:
Per tutte queste ragioni veniva negato il risarcimento del danno.
Ricorreva per Cassazione l'attrice/appellante facendo lamentando che:
1) nei gradi precedenti erano stati violati gli artt. 2043 e 2059 c.c. con riferimento all'art. 185 c.p., 2, 13 e 32 Cost. oltre che dell'art. 5 CEDU. Ciò in quanto ella aveva richiesto il risarcimento, non tanto del danno alla salute ,quanto complessivamente di un danno non patrimoniale in tutte le sue componenti da liquidarsi in via equitativa;
2) la Corte d'Appello non si sarebbe pronunciata su un motivo di appello;
3) la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo inerente la condizione sociale e relazionale della ricorrente che era all'epoca dei fatti era una docente universitaria e che non soffriva di documentati problemi psichici.
Resistono con controricorso i resistenti lamentando, a vario titolo, la loro estraneità al trattamento subito dalla signora ovvero al procedimento da cui è derivato l'annullamento dell'ordinanza sindacale.
La Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso ritenendo assorbiti gli altri due.
Il Giudice di legittimità ripercorre, in primis, l'iter sanitario-amministrativo del TSO che ha natura complessa e articolata richiedendo una doppia valutazione medica (di cui a cura di uno specialista in psichiatria) e che culmina in un provvedimento del sindaco competente. Tale atto nel caso di specie era stato, tuttavia, dichiarato illegittimo dal Giudice Tutelare.
Ritiene la Cassazione che nei primi due gradi di giudizio si sia correttamente affermato che il danno non patrimoniale, quale conseguenza dell'illegittimità di un provvedimento che dispone un TSO, non è in re ipsa e va, invece, provato da parte del richiedente. Puntualizza però che, nel caso di specie, la ricorrente ha domandato il risarcimento del danno non patrimoniale in tutte le sue componenti a causa dell'illegittimità del trattamento e che, nella sua materialità, il danno-evento (ovvero il fatto illecito) risultava pacificamente provato e non contestato.
Riscontra a questo punto il giudice nomofilattico che la Corte d'Appello, la quale ha fondato il rigetto della domanda attorea sulla mancata prova del danno-conseguenza, ha deciso sulla base di argomentazioni inconferenti o errate. In particolare sarebbe inconferente l'esclusione del risarcimento, come affermato nei gradi precedenti del giudizio, per la non riconducibilità della fattispecie alla disciplina in materia di indennizzo da ingiusta detenzione. Per quanto correttamente affermato, ovvero che le due fattispecie (TSO illegittimo e ingiusta detenzione) siano nettamente distinte e dunque soggette a disciplina differente, ciò non esclude a parere della Cassazione di per sé la risarcibilità del danno richiesto dalla ricorrente, ma tuttalpiù permette di ricondurre la fattispecie in esame alla disciplina di cui all'art. 2043 c.c..
Ritiene inoltre il giudice di legittimità che la Corte di Appello avrebbe errato ritenendo non provato il danno alla salute patito per la somministrazione di farmaci non necessari e ciò in quanto la ricorrente, in realtà, non si era limitata a lamentare un danno alla salute, ma aveva richiesto il risarcimento del danno non patrimoniale in tutte le sue componenti.
Afferma, infine, che non basta ad escludere il risarcimento richiesto l'eventuale fragilità psichica del paziente sottoposto a TSO dovendosi comunque verificarsi, a fronte di un fatto pacificamente illegittimo, se v'era stata una sofferenza interiore o un pregiudizio relazionale.
Questo il rilevante passaggio della Cassazione: "In altri termini, va ribadito, ove necessario, giacché la Corte d'Appello sembra non esserne stata consapevole, che i comportamenti illeciti possono rilevare sotto il profilo del danno conseguenza come danno non patrimoniale, nelle sue componenti della sofferenza pura e del danno dinamico relazionale, anche nei confronti di una persona psicologicamente fragile e che non goda di elevata considerazione sociale, perché ogni persona ha diritto a non essere coinvolta illegittimamente in episodi che mettano (ancor più) a repentaglio il suo equilibrio e la sua reputazione pubblica. Diversamente opinando si arriverebbe all'estrema, inaccettabile conseguenza, di affermare che gli episodi di violenza, di minaccia, di dileggio che si consumano a danno di persone psichicamente instabili o comunque che si collocano ai margini della società, e di illegittima privazione della libertà personale nei confronti di queste persone non producono mai alcun danno perché queste persone anche prima non godevano di elevata considerazione sociale o perché le stesse, avendo un equilibrio fragile e instabile, non sono in grado di avvertire il peso delle umiliazioni o di soffrire per la privazione della propria libertà".
Per tutte le ragioni esposte veniva accolto il ricorso e rinviato per le spese del giudizio alla Corte d'appello in differente composizione.
La sentenza in commento, per quanto molto articolata in punto di fatto, è estremamente e chiara e di rilevanza assoluta. Essa, infatti, da un lato si sofferma sul tema del danno non patrimoniale quale conseguenza di un trattamento sanitario obbligatorio illegittimo delineandone i presupposti per la sua risarcibilità. Dall'altro afferma un principio destinato ad avere una futura incidenza in materia di tutela della fragilità e, in particolare, di risarcibilità del danno: statuisce, infatti, (se ce ne fosse stato ancora bisogno) che la condizione di fragilità pregressa o il disagio psichico e/o relazionale preesistente in un individuo non può giustificare l'esclusione di un danno non patrimoniale risarcibile sotto il profilo della sofferenza patita o del peggioramento delle condizioni relazionali-sociali laddove l'individuo subisca un trattamento illegittimo.