Sottrazione internazionale di minori e procedure di ritorno

03.02.2025

Nella cronaca di tutti i giorni si ha ormai frequentemente notizia di casi di sottrazione internazionale di minori, fenomeno sempre più intenso anche in virtù della pressoché assoluta libertà di circolazione tra Stati oltre che dalla presenza di nuclei familiari composti da persone con differenti nazionalità.

La sottrazione internazionale di minori è un fenomeno complesso che può palesarsi in molteplici situazioni tipicamente, ma non esclusivamente riconducibili alla fase patologica della vita familiare, coniugale o non. In tale fase le tensioni tra adulti possono riverberarsi sui minori assumendo la forma di condotte illecite anche dal punto di vista penalistico: basti in tal senso ricordare che il nostro ordinamento sanziona penalmente all'art. 574 bis c.p. questa ipotesi di reato.

Il presente articolo si propone di analizzare, seppur sinteticamente, gli strumenti privatistici di carattere internazionale che permettono il ritorno del minore illecitamente sottratto. Si ricorre agli strumenti internazionali poiché ci si trova di fronte a fattispecie che coinvolgono diversi Stati e, dunque, sono connotate dal carattere transnazionale.

Occorre preliminarmente individuare le fonti di tale materia che sono numerose e di matrice diversa: alcune di esse hanno carattere universale ovvero sono aperte all'adesione di qualsiasi Stato della comunità internazionale, mentre altre hanno carattere regionale in quanto aperte ad un numero limitato di Stati come, ad esempio, i Regolamenti comunitari vincolanti gli Stati Membri dell'Unione Europea.

Le fonti che interessano in questa sede sono in particolare: la Convenzione di Lussemburgo del 1980, la Convenzione dell'Aja del 1980, la Convenzione dell'Aja del 1996 e il Regolamento comunitario n. 1111/2019, noto anche come Reg. Bruxelles II ter

Se si guarda al contenuto di tali strumenti, si osserverà che tre di questi hanno carattere prevalentemente internazionalprivatistico trattando in misura minima del tema della sottrazione internazionale di minori. In particolare essi si occupano del riconoscimento e dell'esecuzione di pronunce e atti stranieri, della determinazione del giudice competente e della legge applicabile, per quel che in questa sede, in controversie con elementi di estraneità riguardanti in senso lato la responsabilità genitoriale.

La Convenzione dell'Aja del 1980, invece, si occupa degli aspetti civilistici della sottrazione internazionale di minori infrasedicenni[1] e per tale ragione viene richiamata ed integrata dalle altre fonti divenendo quindi strumento privilegiato[2].

Occorre a questo punto dar conto della definizione di sottrazione internazionale, con la quale si intende il trasferimento illecito di un minore dal territorio dello Stato in cui ha la residenza abituale al territorio di un altro Stato, il cd. Stato rifugio. Alla sottrazione è equiparato il trattenimento illecito.

Primo nodo interpretativo è, quindi, comprendere cosa si intende per residenza abituale di un soggetto minore d'età. Tale nozione non è definita dal Legislatore sovranazionale, ma trova importanti riferimenti nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'UE. Quest'ultima ha avuto modo di precisare che: "La residenza abituale del minore, ai sensi dell'art. 8, n. 1, del regolamento, deve essere stabilita sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie. Oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, si devono considerare altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea o occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare"[3].

A ciò si aggiunga che non ogni trasferimento integra una sottrazione ma è necessario che lo spostamento sia connotato da illiceità che sussiste solo quando esso sia avvenuto senza il consenso del genitore-esercente la responsabilità genitoriale ovvero in violazione del diritto di custodia sul minore purché esso fosse effettivamente esercitato prima della sottrazione o sarebbe stato esercitabile in assenza dell'allontanamento illecito[4].

Di fronte ad una condotta integrante tutti gli elementi anzidetti occorrerà interrogarsi sugli strumenti che si hanno a disposizione per porre rimedio all'allontanamento illecito del minore.

Come già anticipato assume una rilevanza particolare, per gli Stati che vi hanno aderito, la Convenzione dell'Aja del 1980 che svolge una funzione deterrente, ma che ha anche il pregio di dettare una specifica procedura per il ritorno del minore sottratto.

Tale procedura passa innanzitutto attraverso l'obbligo ex art. 6 di costituire un'Autorità Centrale preposta: per l'Italia è istituita presso il Ministero della Giustizia, Dipartimento Giustizia minorile e di Comunità. Alternativamente il genitore esercente la responsabilità genitoriale o chi lamenti l'illecita sottrazione del minore, può rivolgersi direttamente all'autorità giudiziaria dello Stato rifugio.

Le Autorità centrali svolgono una prima funzione di carattere amministrativo (che può essere seguita da una procedura giudiziale) venendo chiamate a svolgere una serie di attività previste dall'art. 7 della Convenzione tra cui: assistere il richiedente, localizzare il minore, ottenere e scambiare informazioni con le Autorità di altri Stati, favorire il rientro del minore in maniera spontanea, avviare o agevolare l'instaurazione di una procedura giudiziaria o amministrativa che favorisca il ritorno.

Occorre allora chiedersi se v'è un obbligo per gli Stati, laddove richiesti, di ordinare il ritorno del minore. Al riguardo l'art. 12 della Convenzione[5] codifica tale obbligo imponendo agli Stati ospitanti di ordinare il rientro del minore a condizione che, nel momento in cui venga formulata la domanda, sia trascorso meno di un anno dall'allontanamento illecito. Qualora, invece, l'allontanamento fosse stato posto in essere da più di un anno, pur rimanendo l'obbligo di ordinare il rientro, viene fatta salva la facoltà di dimostrare che il minore si sia integrato nel contesto sociale del nuovo Stato.

La Convenzione prevede tuttavia dei casi in cui tale ordine di ritorno possa non essere dato: l'art. 13, infatti, permette di rifiutare l'ordine di ritorno di fronte ad un'opposizione volta a dimostrare che il richiedente all'epoca dell'allontanamento non esercitava effettivamente la responsabilità genitoriale ovvero aveva acconsentito al trasferimento[6]. Viene altresì escluso l'obbligo di rientro qualora ciò esponga il minore al rischio di pericoli fisici, psichici o a situazioni intollerabili oppure da ultimo se il minore, in età tale da poter manifestare coscientemente la propria opinione, si opponga al rientro.

Giova a questo punto sottolineare che in tale materia il principale strumento comunitario è il Regolamento Bruxelles II ter il quale richiama la procedura della Convenzione dell'Aja integrandola[7].

Meritano attenzione alcune disposizioni di tale Regolamento e in particolare l'art. 21 che, in combinato disposto con l'art. 26, mette in risalto l'opinione del minore, l'art. 24 il quale ribadisce che la procedura di ritorno deve essere improntata alla massima celerità e l'art. 27 il quale prevede che l'autorità richiesta non possa opporsi al ritorno del minore nello Stato di originaria residenza abituale, qualora il genitore richiedente dimostri che sono state adottate misure adeguate per la tutela del minore.

In conclusione con questo articolo si è avuto modo di descrivere quelli che sono i meccanismi che permettono, tramite la cooperazione tra Stati, di ripristinare la situazione quo ante nel caso di sottrazione illecita di minori. Giova però ribadire nuovamente che i descritti strumenti sovranazionali valgono solo per gli Stati che ne risultino vincolati, o perché aderenti agli strumenti giuridici di carattere universale o perché parte del novero di Stati obbligati delle fonti regionali.

Nell'ipotesi in cui, invece, siano coinvolti Stati non vincolati da nessuna di queste fonti, il meccanismo di ritorno si complica notevolmente dovendo verificarsi la sussistenza di accordi bilaterali ovvero dovendosi privilegiare la via diplomatica attivata, nel caso di coinvolgimento di cittadini italiani, per il tramite del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale.

Avv. Michele Zabeo


[1] Il requisito d'età è previsto ex art 4 Convenzione dell'Aja del 1980: "La Convenzione si applica ad ogni minore che aveva la propria residenza abituale in uno Stato Contraente immediatamente prima della violazione dei diritti di affidamento o di visita. L'applicazione della Convenzione cessa allorché il minore compie 16 anni":

[2] Si veda art. 96 del Reg. Bruxelles II ter: "Qualora un minore sia stato trasferito o trattenuto illecitamente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento illecito o del mancato ritorno, continuano ad applicarsi le disposizioni della convenzione dell'Aia del 1980 integrate dalle disposizioni dei capi III e IV del presente regolamento. Se una decisione resa in uno Stato membro che dispone il ritorno del minore ai sensi della convenzione dell'Aia del 1980 deve essere riconosciuta ad eseguita in un altro Stato membro in seguito a un ulteriore trasferimento illecito o mancato ritorno del minore, si applica il capo IV.";

[3] Sentenza CGUE n. C-523/07 del 2 aprile 2009;

[4] In tal senso si veda art. 3 Convenzione dell'Aja 1980: "Il trasferimento o il mancato rientro di un minore é ritenuto illecito: quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e se tali diritti saranno effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.
Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato.";

[5] Art. 12: "Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell'articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell'istanza presso l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato Contraente dove si trova il minore, l'autorità adita ordina il suo ritorno immediato.

L'autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore sia integrato nel suo nuovo ambiente.

Se l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di ritenere che il minore é stato condotto in un altro stato, essa può sospendere la procedura o respingere la domanda di ritorno del minore.";

[6] Art. 13: "Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non é tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione od ente che si oppone al ritorno, dimostri: che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile; 'autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minora qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un'età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall'autorità centrale o da ogni altra autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale.";

[7] Si veda nota 2;