Sovraffollamento carcerario e “Decreto Carceri”
L'attuale tasso di sovraffollamento carcerario in Italia è pari al 127%, ciò determinando che la vita inframuraria sia contraria a qualsivoglia crisma costituzionale, primo fra tutti la finalità rieducativa della pena di cui all'art. 27 Cost., stante l'impossibilità di garantire i più basilari diritti, quali privacy, igiene, dignità, affettività, individualità, lavoro[1].
Tale compressione della condizione di essere umano comporta ricadute anche in termini di recidiva: invero, l'efficacia delle misure alternative al fine di compiere quell'ambizioso progetto costituente della rieducazione, è evidente qualora si pensi che solo il 30 % di coloro che hanno avuto la possibilità di scontare la pena in regime extra murario è tornato a delinquere, contro il 70 % di recidivi tra chi ha subito unicamente la detenzione nelle carceri.
Le storture del sistema penitenziario sono aggravate da una serie di dinamiche sociali che collocano il carcere ai margini della società, incentivando quel fenomeno di invisibilizzazione che già è fisiologicamente insito nell'idea di detenzione.
Le conseguenze di una simile cultura, oltreché a porsi in contraddizione con la logica rieducativa e risocializzante – apparendo incoerente garantire al detenuto un reingresso in società con un nuovo modus vivendi, limitando al contempo il più possibile i contatti tra il medesimo ed il mondo esterno – determina una sorta di legittimazione collettiva ad ignorare la realtà carceraria, rendendo complesso, farraginoso e lento qualsivoglia progetto di riforma volto ad implementare l'accesso alle pene extra murarie ed a migliorare le condizioni di vita al suo interno.
Il principale riflesso di tale logica carcero-centrica lo si coglie in relazione al preoccupante tasso sui suicidi, allo stato pari a 49 detenuti[2]: le notizie che pervengono dall'interno delle prigioni, relativamente alla fine estrema prescelta non solo dai ristretti, ma anche dal Personale Penitenziario, necessitano di rapide soluzioni.
Ebbene, nonostante gli interventi governativi degli ultimi anni abbiano avuto ad oggetto unicamente l'investimento di fondi per costruire nuove strutture penitenziarie, perseguendo la logica carcero-centrica in luogo di un ampliamento delle misure alternative e di una facilitazione nell'accesso alle stesse, l'ultima riforma, oggetto di discussione delle ultime ore – con approvazione del Consiglio dei Ministri in tarda serata del 03/07/2024 – ha quale obiettivo quello di istituire un meccanismo per invertire le procedure sulla c.d. "liberazione anticipata" e rafforzare gli accordi con le associazioni e gli enti che si dedicano all'occupazione di ex detenuti o detenuti in regime alternativo, accelerando quel processo di rieducazione che ogni pena dovrebbe compiere.
In particolare, con il c.d. "Decreto Carceri"[3], il Ministro della Giustizia Nordio ha proposto due principali interventi, legati all'emergenza carceraria dei suicidi, tra i detenuti e gli addetti a vario titolo all'interno delle prigioni (pari a 5 morti), e del sovraffollamento, oltre ad ulteriori modifiche di particolare rilevanza.
Da un lato predisporre un iter più rapido per la concessione della liberazione anticipata, mantenendo sempre a 45 giorni lo "sconto di pena" per ogni semestre di detenzione subita, qualora vi sia la prova della buona condotta, ma ipotizzando un dialogo più veloce ed efficiente con la Magistratura di Sorveglianza al fine di procedere con maggiore rapidità alle scarcerazioni e, quindi, alla liberazione delle celle.
Nello specifico, qualora non siano segnalate violazioni disciplinari, il detenuto avrà diritto automaticamente alla riduzione della pena di 45 giorni ogni 6 mesi, rideterminazione cui procederà direttamente il PM competente per l'esecuzione, superando le tempistiche e le complessità dell'istruttoria ad oggi richiesta all'interno dei Tribunali di Sorveglianza, con un inevitabile sgravio ed efficientamento anche per la stessa Autorità Giudiziaria.
Del pari, più rapido sarà anche la procedura volta alla concessione delle misure alternative, che potranno essere decise direttamente in via definitiva – e non più provvisoria – dal singolo Magistrato di Sorveglianza, senza passare per l'udienza collegiale.
Sull'altro fronte la proposta si pone lo scopo di rafforzare le intese con le cooperative che offrono progetti rieducativi e riabilitativi ai detenuti vicini alla liberazione.
Il testo di Legge prevede l'istituzione di un registro nazionale "Coop", da consultare in prossimità del reingresso in società al fine di anticipare quel graduale reinserimento.
Sebbene il progetto richieda un investimento di fondi da parte del Governo, è previsto che anche le associazioni registrate si facciano carico di una parte di costi per mantenere i detenuti.
Tra le altre proposte inserite nel decreto vi è anche quella di implementare le chiamate concesse ai detenuti (da 4 a 6 mensili) e quella di facilitare il trasferimento dalla "brutalità" delle strutture penitenziarie per minori, tossicodipendenti ed infermi verso adeguate comunità di accoglienza.
Al contrario, è previsto un rafforzamento del regime del 41-bis O.P., con l'esclusione dei detenuti ristretti al "carcere duro" dai programma di giustizia riparativa.
La decisione accolta nelle ultime ore a Palazzo Chigi avrà un forte impatto sul sovraffollamento, specie sui dati relativi alla carcerazione preventiva, avendo il Decreto Nordio l'obiettivo di "invertire il provvedimento di carcerazione", al fine di ridurre notevolmente il numero di detenuti in attesa di giudizio, allo stato pari circa a 15.000/20.000.
Ci si auspica che l'ambizioso progetto legislativo, definito dallo stesso Guardasigilli un provvedimento di "umanizzazione carceraria", possa trovare un'effettiva e rapida esecuzione, al fine di interrompere il preoccupante trend di suicidi e condizioni degradanti che caratterizzano gli attuali istituti penitenziari.
[1] Secondo l'ultimo rapporto di Antigone sulle condizioni detentive, su 97 istituti visitati lo scorso anno, è stato registrato il 29, 2% di lavoratori, di cui alle dipendenze esterne solo il 4%.
[2] Dal Rapporto XX di Antigone è emerso che dall'inizio del 2024 può contarsi 1 morto ogni 2.6 giorni. La maggior parte è avvenuta tramite impiccamento; in misura ridotta tramite asfissia da gas (5) o scioperi della fame (3).
[3] Anche detto "D.L. Carcere sicuro", approvato in seno al Consiglio dei Ministri il 03/07/2024.